VIAREGGIO (LU) – Forse sarebbe più giusto declinare al plurale il titolo della manifestazione (giunta alla quarta edizione) che si è svolta a Viareggio il 5 e 6 Maggio scorsi. Si perché la birra di sensi ne ha e ne stimola davvero tanti. Ad aiutare il pubblico a scoprirli ed apprezzarli ci ha pensato Davide Pellegrini – coadiuvato da Ars Birraria e Unionbirrai – che ha messo a disposizione dei partecipanti dodici birrifici artigianali (di cui uno scozzese), una serie di artigiani gastronomi e ben quattro degustazioni guidate.
Un mondo in fermento (è proprio il caso di dirlo) quello delle birre artigianali, sempre più protagoniste al banco e al tavolo e sempre più oggetto di eventi culturali. Perché la birra artigianale riesce ad andare oltre l’immaginario collettivo che tende a classificare questo tipo di manifestazioni come luogo di perdizione. Certo non manca chi eccede ma, generalmente, chi partecipa ha la volontà di scoprire nuovi stili di birre e apprendere direttamente dai produttori le tecniche di produzione. Infatti buona parte dei presenti sono anche home brewer, produttori per hobby, ovvero il substrato importante dal quale continuano ad uscire giovani e audaci mastri birrai. Un ambiente frizzante insomma, dal parterre tendenzialmente giovane, in grado di soddisfare parecchie curiosità culinarie e birrarie. Specialmente le birre, una settantina circa servite alla spina o direttamente dalle bottiglie, hanno rappresentato bene tutte le tipologie più in voga senza tralasciare alcune chicche, alcune nicchie di mercato tipiche di altri nazioni, come la rauchbier Duman – birra affumicata – del Birrificio degli Archi di Viareggio.
A condurre le degustazioni guidate è salito in cattedra Simone Cantoni, sommelier e docente Fisar per la birra, ormai noto a livello nazionale per il rilevante bagaglio culturale/pratico in materia da cui scaturiscono brillanti “letture” delle birre. Quella a cui ho preso parte ha visto protagoniste la birra (scura) e la cioccolata. Un abbinamento alquanto inusuale, difficile come tutti gli abbinamenti con la cioccolata, ma in grado di sorprendere anche i palati più esigenti. Complice della riuscita Alessandro Bianco, titolare della pasticceria Dolce Vita di Cecina, che ha preparato dei veri e propri gioielli di cioccolata, delle praline ripiene studiate appositamente per l’occasione. L’abbinamento è stato tra i più felici che abbia mai provato considerata la difficoltà.
Siamo partiti con la Dark Ale del birrificio scozzese Tryst Falkirk Brewery (Larbert, Scozia) associata ad una pralina dal cuore semi-liquido. I sentori caramellati e di liquerizia della birra hanno sostenuto un po’ a fatica la dolcezza della pralina creando, comunque, un piacevole gioco dolce/amaro.
A seguire la Grosté del Birrificio F.lli Trami (Capriano del Colle, Brescia) accompagnata ad un gianduiotto con pralinato di nocciola. La brune cremosa e di buon corpo, con sentori di malto e caramello ma anche di frutta candita e chiodi di garofano, grazie ad un discreto grado alcolico e il finale amaro di tostatura è riuscita a pulire la cremosità riscontrata pure nel gianduiotto. Bell’abbinamento davvero.
Il terzo accostamento è toccato alla Montinera del Piccolo Birrificio Clandestino (Livorno) con una pralina al marzapane di pistacchio, pistacchio caramellato e spolverato di cacao. L’imperial stout, ricca di sentori di caffè, orzo tostato, cioccolato fondente e uno spunto piccante, è convolata a nozze con la complessità e l’opulenza della pralina. Abbinamento da urlo, di quelli che rimangono ben impressi nella memoria.
Salire di grado diventava difficile e così sono intervenute una birra (decisamente) barricata e una pralina dal ripieno alcolico. La Imperial Stout Barricata di Maltus Faber (Genova) affina circa sei mesi in botti da 500 litri provenienti dalle cantine Talenti di Montalcino, proprio quelle del famoso Brunello! Ne deriva una birra inevitabilmente vinosa ed estrema, dai sentori decisi di legno (vecchio), di prugna e ricordi di muffa oltre ai classici tostati di caffè e malto. La pralina al rum invecchiato 10 anni ha compiuto bene il suo dovere, smorzando il gusto deciso della birra e lasciando prevalere solo nel lungo finale i sapori suadenti del rum. Abbinamento molto interessante.
Chiudo con una riflessione personale: da amante del buon vino e appassionato della birra, devo riconoscere che i “colori” a disposizione nella tavolozza del pittore/mastro birraio sono decisamente superiori a quelli a disposizione dell’enologo, se non altro per il fatto di poter aggiunger spezie e quant’altro di commestibile esista nella birra. Con questo non voglio certo dire che la birra sia meglio del vino – giammai – ma che quello della birra è un mondo in continua evoluzione, senza limiti apparenti (se non la fantasia in dote al mastro birraio), che merita una maggior attenzione da parte di tutti gli amanti del gusto.
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