CAMAIORE (LU) – Piccante quanto basta da mettervi addosso la voglia di osare. Soprattutto in cucina, dove il peperoncino ha il pregio di esaltare i sapori. E non solo. “Antibatterico, antimicotico, persino analgesico, antipiretico, previene le malattie da raffreddamento – il naturopata Marco Pardini allunga la lista delle qualità del Capsicum – tritato in una mollica di pane da ingerire una volta al giorno per tre volte alla settimana, è un buon investimento contro le influenze”. Per cui gli alimenti contenenti peperoncino possono durare anche qualche giorno in più. Mentre non esistono studi, né prove sperimentali che ne dimostrino il potere afrodisiaco.
Diavolo d’un cornetto! Giunto fino a noi grazie ai viaggi di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo – dove i membri dell’Accademia Italiana del Peperoncino dicono fosse già conosciuto 11mila anni fa in Perù e 9mila in Messico – il peperoncino è ricco in vitamina C e carotene, ha un forte potere antiossidante ed è amico della digestione. Virtù regalate dalla capsaicina, sostanza altamente irritante, per cui: peperoncini sì ma con cautela.
Partito dal sud d’Italia dove è molto amato (pensiamo alla Sardella calabrese nota anche come “caviale dei poveri”, alla ‘Nduja, al Morseddu), il peperoncino sta facendo il giro delle nostre cucine, passando anche per porte apparentemente laterali, come è il mondo “panino”. Seppur gourmet.
Lo scorso fine settimana a Festa Pic a Camaiore (borgo della Lucchesia, appisolato nell’entroterra versiliese) abbiamo fatto diversi assaggi. Un crostino di crema di lardo di Colonnata (quello di Guadagni) aggiunto di capsicum, una bruchetta “bomba” messa a punto da una gastronomia fiorentina che conserva in vasetto sott’oli e sughi, cioccolatini degni di Mangiafuoco e friarielli intinti nel cioccolato fondente. Ma il vero re dell’evento che per due giorni ha animato il centro storico di Camaiore, è stato il panino. Goloso, veloce e democratico ha messo d’accordo il pubblico che si è radunato davanti ai cooking-show di Achille Lanata e Gaio Giannelli (il sabato), Nicola Dati (la domenica).
Bene, riavvolgiamo il nastro e facciamo un passo in dietro. Chi di voi non conosce Lanata, l’antesignano dei panini d’autore che oggi hanno conquistato anche i menù di chef blasonati? Vedi i 21 sandwich creati da altrettanti maestri per Negroni (trovate le ricette su www.paninodautore.it): il campano Gennaro Esposito (con mortadella, provola affumicata e pesto di melanzane), l’umbro Marco Bistarelli (uova, pancetta di Zibello ed erbe aromatiche), il marchigiano Moreno Cedroni (culatello di Zibello, mousse di parmigiano e riduzione di aceto balsamico), il toscano Marco Stabile (ricotta di pecora, triglia del Tirreno sfilettata, San Daniele e pomodoro), il friulano Emanuele Scarello (San Daniele, asparagi bianchi e uova sode), il veneto Bruno Barbieri (prosciutto di Parma, melanzana e yogurt). Tanti i grandi che si sono cimentati in questo snack da passeggio. Gualtiero Marchesi iniziò nel 1954, quando ancora lavorava nell’hotel milanese dei genitori. Oggi il panino è entrato a testa alta nei menù, facendo un bel pernacchione a chi arriccia il naso di fronte a pane e panelle. E perché no a tema piccante…
A Festa Pic da due edizioni gli organizzatori hanno sposato l’idea vincente di un cooking show formato filoncino. E chi potevano chiamare se non il ligure Achille Lanata? Lui, che di mestiere faceva il maitre sulle navi da crociera in traversata sull’Atlantico (ricordate la Michelangelo e la Raffello?), con guanti bianchi e savoir fare. Da piccolo gli avevano affibbiato il soprannome di Biscotto per un bisticcio tra ragazzi all’ora di merenda. Che dire: segno del destino.
Oggi i più lo conoscono con quel nomignolo. Una volta sbarcato, Achille aveva investito le energie nell’enoteca aperta sotto casa a Solaro (qualche viottolo sopra la marinara Lerici) e fu il boom dei panini gourmet, quando (non come oggi che siamo già pratici in colatura di alici di Cetara e pomodorini del Piennolo del Vesuvio) ancora lo sfilatino era associato a “mortazza” e frittata. Senza niente togliere loro, le adoro. Correvano gli anni Settanta, quelli in cui i bambini venivano cresciuti ad omogeneizzati e i supermercati annusavano i primi segnali di vittoria. Lanata però cominciò a guardarsi attorno, ad assaggiare, abbinare, raccontare il valore aggiunto di una materia prima scelta e la gente iniziò ad andarlo a trovare. Perché là dovevi proprio andarci. Oggi il locale è chiuso, ma potete incontrare Biscotto a qualche evento (soprattutto quelli organizzati da Slow Food, di cui è un attivista).
A Camaiore ha presentato con Gaio Giannelli (giovane ristoratore versiliese, suo è il Pozzo di Bugia a Querceta, alle spalle di Forte dei Marmi) una creazione “pic” partendo da una base di farina di segale e di grano, più semi di lino e di zucca. Quindi robiola a dare morbidezza, lardo di Colonnata, fetta di pomodoro fresco e una salsa a base degli ultimi ortaggi di stagione: peperoni arrostiti e spellati, cipolla tritata, melanzana e ovviamente peperoncino di Cayenna in polvere e in anelli. Ma anche Nicola Dati (altro versiliese, in cucina all’Antico Uliveto di Pozzi di Seravezza) si è difeso alla grande, portando un pane di patate di Azzano fatto di grani toscani, lievito madre, patate e acqua delle Alpi Apuane. L’ideale sarebbe tostarne le fette sulla griglia o su pietra lavica, quindi farcirle con salsiccia saltata in padella con olio extravergine e peperoncino calabrese, cavolo nero leggermente lessato in acqua salata, friggitelli cotti al forno con sale aromatico. “L’ho chiamato panino contadino – ha detto Dati – perché contiene prodotti di stagione tipici della campagna. Abbiamo aggiunto la salsiccia, anch’essa versiliese, quindi il peperoncino che raccoglie ed esalta tutti i sapori”.
Bene. A questo punto, visto che siete arrivati fino qui: e voi di che panino siete?
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