GENOVA – “Agricoltura e pesca, insieme alla ristorazione, possono fare turismo sostenibile. Attento e consapevole”. Ma a misura di isola slow, vale a dire con i ritmi scanditi dal modo di procedere tipico di una piccola comunità autonoma. Che vive dei propri prodotti e si alimenta delle proprie tradizioni. “Anche se negli ultimi decenni l’isola ha iniziato a perdere la propria identità. L’80% di ciò che vi si mangia arriva dal continente. La globalizzazione annienta le comunità locali”. A lanciare l’allarme ci pensa Saro Gugliotta, responsabile del progetto Isole Slow Sicilia.
Così, per contrastare l’omologazione a favore di un percorso fortemente personalizzato, alcune delle principali terre emerse del Mediterraneo hanno fatto sistema dandosi un nome: Isole Slow. Oggi ne fanno parte Ischia, Procida, Giglio e Giannutri, Elba, Salina e le Eolie, Ustica e dallo scorso appuntamento a Slow Fish (Genova, 9 – 12 maggio scorso) anche le agricole della Laguna di Venezia.
In questo modo, sotto l’ala protrettrice di Slow Food, è nata una rete internazioanle atta a promuovere un modello di sviluppo che riporti al centro il territorio, valorizzandone la memoria e le potenzialità, come opportunità di crescita turistica ma soprattutto economica. “Prima di tutto è necessario far recuperare agli isolani un forte sentire identitario, che vanno perdendo. Quale luogo più sigificativo per provare che una piccola comunità è capace di fare economia? – commenta Silvio Barbero, vice presidente Slow Food Italia – Nell’isola possiamo tornare a sperimentare altri modelli di economia, dimostrando che nuovi paradigmi fondati su piccoli artigiani o agricoltori, sono vincenti. Per arrestare il dilagare del consumo agricolo e l’invadenza del cemento. La sfida riparte da qui, vitale nelle isole e per il resto del pianeta”.
Il progetto nasce dieci anni fa, la capofila è stata Salina. Nel 2005 si aggiunge l’arcipelago toscano con Elba, Giglio e le minori. Nel 2010 lo slancio definitivo. “Partendo dagli uomini, i veri attori. Perché il progetto va oltre i concetti di pesca e turismo, abbracciando storia, cultura, racconti di quel contenitore finito che si chiama isola – Massimo Bernacchini è invece il referente toscano – L’approccio all’isola va cambiato. Non più luogo di fruizione, da usare, bensì da vivere”. Un punto di vista da esportare anche alla terra ferma, in un modello economico che si basa sulle qualità locali, sulla diversificazione, sulle energie disponibili in quel preciso momento in quel territorio. Puntando su ciò che rende unici. Come i conigli di fossa o il fagiolo zampognaro per Ischia, i limoni e le case riconoscibili dal mare per Procida, il vino Ansonaco coltivato nei terrazzamenti a picco sul mare al Giglio facendo il paio con l’Aleatico dell’Elba, la Malvasia e i capperi di Salina, il passito di Zibibbo e la lenticchia di Ustica.
Insomma: un’infinità di biodiversità che danno vita a prodotti d’eccellenza in cui Isole Slow investe, per far tornare gli isolani a credere in un futuro possibile. Un cambio di rotta da esportare anche in terra ferma. E da sostenere andando in vacanza nelle splendide isole del Mediterraneo dove quest’estate sono previsti interessanti appuntamenti. Qualche esempio: dal 14 al 16 giugno a Ustica (info da Margherita Longo 339.5212822), dal 24 al 29 giugno al Giglio (info da Claudio Bossini 0564.809233), dal 1 al 7 luglio e di nuovo dal 9 al 15 settembre alle Eolie (info da Rosario Gugliotta 335.8391030), l’incontro internazionale della rete che quest’anno si terrà a Cipro dal 10 al 14 ottobre (info da Terra Madre 0564.1726854).
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