FORTE DEI MARMI (LU) – La vicenda (gastronomica) della Versilia è a suo modo esemplare. Da una parte, c’è la solida coscienza di una cucina tradizional-popolare con i suoi piatti tipici orgogliosamente riproposti e felicemente ambigua fra mare e monti, che riflette una caratteristica peculiare del paesaggio grazie alla quale si posson fare castelli di sabbia contemplando massicci e vette aguzze. Su questo ceppo si sono innestati i benefici effetti di un turismo spesso con buone capacità di spesa, motore di investimenti dedicati a strutture ricettive e per la ristorazione che, accanto magari agli errori, alle improvvisazioni e alla mediocrità, d’altro canto non hanno potuto non favorire anche l’espressione di intuizioni, anticipazioni, e magari talenti. Di qui anche nuove consapevolezze culturali e l’educazione di un pubblico smaliziato e, perché no, gourmet.
Dunque, negli anni ’70 brillavano già le stelle della guida rossa Michelin di Tito del molo, della Trattoria del Buonamico (entrambi ancora oggi attivissimi), del Montecatini, e poi del Patriarca, tutti a Viareggio. L'”era moderna” arrivava con Romano a Viareggio, ossia Romano Franceschini, stellato dal 1985 (“Sparnocchi con fagioli, pomodori e basilico, ravioli di pesce in salsa di pinoli, rombo al forno. Vini: Montecarlo e Vernaccia“) e con Lorenzo a Forte dei Marmi, ossia Lorenzo Viani stellato dal 1987 (“Scampi e fagioli, bavette al pesce, pesce al forno con patate. Vini: Vermentino“).
Messa in moto la macchina, nel nuovo millennio sono arrivati i riconoscimenti al Piccolo Principe di Viareggio, al Magnolia dell’Hotel Byron e al Bistrot di Forte dei Marmi. Niente male, insomma, se poi ad essi si aggiungono i tanti luoghi di solida tradizione e di grande affidabilità: da Miro alla Lanterna a Viareggio, ad Ariston Mare a Lido di Camaiore, a Filippo a Pietrasanta, ad Emilio e Bona e più recentemente a Il Merlo a Camaiore, e a quella Dogana a Capezzano Pianore dove si viene accolti sempre con energia positiva e sorrisi.
È comprensibile che con una storia così articolata, venga voglia di fare un po’ di “autocoscienza” condita da un pizzico di autocelebrazione. E ci ha pensato un editore locale con la passione per l’enogastronomia, quel Gianluca Domenici che stampa Paspartù, preziosa rivista ideale per turisti e non che riporta tutti gli appuntamenti e gli eventi della zona, ad inventare una guida di tutti i locali (no stagionali) della Versilia (oltre 400 referenze, oltre a riflessioni, interviste…) e ad organizzarne la presentazione durante la quale “viene fatto il punto” e vengono consegnati riconoscimenti ai protagonisti della ristorazione. A corredo, una cena a più mani che anno dopo anno diventa sempre più un appuntamento da mettere in agenda.
Quest’anno c’era un giusto mix di personalità: il trentenne Valentino Cassanelli, chef del Lux Lucis, ristorante dell’Hotel Principe di Forte dei Marmi che quest’anno ha ospitato la kermesse, premiato come cuoco dell’anno in Versilia ed autore di uno Sgombro al crepuscolo d’estate, antipasto pulito, elegante e dai ricercati cromatismi. C’era “la” storia della ristorazione in Versilia, personificata da Gusmano Del Carlo, autentica istituzione locale e premiato alla carriera, C’era il mostro sacro, quell’Igles Corelli emiliano ma felicemente trapiantato in Toscana, in fase di trasferimento con il suo Atman da Pescia alla non lontana Villa Rospigliosi, che con il rivoluzionario Trigabolo di Argenta, nel ferrarese, fu fra quelli che negli anni ’80 posero le basi di quella che poi sarebbe diventata la (attuale) “nuova cucina italiana”; da lui, un secondo piatto dedicato al Fassone che si fa tonno, “montato” su una purea di patate viola e topinambour. Andrea Mattei, chef del ristorante Magnolia dell’Hotel Byron, è stato l’autore del piatto in qualche modo più impattante e quasi dimostrativo, il Risotto alla zucca ed amaro di olive che oltre ai voluti contrasti gustativi, abbinava cremosità e le croccantezze del ravanello. Infine Loretta Fanella, pasticcera già protagonista nelle cucine di El Bulli e di Enoteca Pinchiorri e prossima compagna di brigata di Corelli, ispirata autrice di un Fior di pesca, dolce di grande eleganza, freschezza ed equilibrio.
E proprio Igles Corelli ha buttato lì con nonchalancela sua profezia sulla cucina italiana che nel giro di pochi anni sarà tutta fusion, nella quale si mescoleranno saperi provenienti da tutti i punti cardinali, soppiantando inesorabilmente le nostre tradizioni sempre più difficilmente tramandate “in casa”, anche se apprezzate ed anzi idolatrate all’estero, come ha testimoniato Davide Scabin (chef da due stelle al Combal.zero di Rivoli, nel torinese), in collegamento skype da Manhattan dove è in procinto di aprire un Wine Restaurant. E a pensarci bene, durante la cena, fra marinature nel latte di mandorla (lo sgombro di Cassanelli) e nel miele (il Fassone di Corelli), fra risotti dolci ed amari, sembrava cogliere un futuro che sta già arrivando.
Nelle immagini: Gianluca Domenici con il giornalista Claudio Sottili; Andrea Mattei e Valentino Cassanelli, Loretta Fanella ed Igles Corelli
Signor Corelli, ha mai ascoltato la fugion sescion cipollotto dell’orto, acciughe sotto sale lavate (tenute qualche giorno nell’olio come si deve )e pane di forno a legna?
Lo sgombro al crepuscolo d’estate finisce per morire di malinconia.
Gran bell’articolo Riccardo, é sempre un piacere leggerti. E grande serata, che invidia!! Una carrellata di piatti ed autori stupendi. Se dev’essere fusion che sia se regala capolavori intelligenti e gustosi come questi!
[…] “E la cucina italiana sarà fusion”, il messaggio di Igles Corelli alla presentazione della gui… […]
Grazie Cristina….
Vedremo Andrea… chissà forse questa “fusione” che seduce molti cuochi invece non ci sarà mai.. e viva le acciughe! (vero Cristina?)
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Signor Corelli, ha mai ascoltato la fugion sescion cipollotto dell’orto, acciughe sotto sale lavate (tenute qualche giorno nell’olio come si deve )e pane di forno a legna?
Lo sgombro al crepuscolo d’estate finisce per morire di malinconia.
Gran bell’articolo Riccardo, é sempre un piacere leggerti. E grande serata, che invidia!! Una carrellata di piatti ed autori stupendi. Se dev’essere fusion che sia se regala capolavori intelligenti e gustosi come questi!
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Grazie Cristina….
Vedremo Andrea… chissà forse questa “fusione” che seduce molti cuochi invece non ci sarà mai.. e viva le acciughe! (vero Cristina?)