CASTELNUOVO GARFAGNANA (LU) – Che piova o risplenda il sole, che cada di domenica oppure in un giorno lavorativo, a Castelnuovo Garfagnana i pastori scendono a vendere il loro formaggio ogni primo settembre dal 1430.
Lassù, dove l’Ariosto fu governatore, i ritmi sono invariati da secoli. Con la fine di aprile le pecore entrano in lattazione inaugurando il momento buono per la caseificazione. Si parte verso l’alpeggio da cui si scenderà a fine agosto, per portare al mercato sotto le logge forme che vanno dai due mesi fino ai “maggenghi”, quelle di maggio, le prime e più stagionate. L’aria si colma di profumo di latte. Di pecora ma anche di mucca, di capra e qualche assaggio misto, il più tipico della zona perché rappresentativo di un’economia domestica di autosostentamento. Solitamente incroci proporzionati di latte ovino e vaccino, a volte anche caprino.
Quella di Castelnuovo Garfagnana è la mostra mercato locale del settore più vecchia, la cui autorevolezza viene sancita nella notte dei tempi dagli Estensi, la medesima che vergò il beneplacito del mercato settimanale del giovedì. Ogni primo settembre il rito s ripete, le logge accoltgono i banchi dei pastori che insieme sono anche casari, presupposto irrinunciabile per partecipare alla competizione per eleggere il migliore di categoria. “Per qualche anno non siamo riusciti ad assegnare il premio ai vaccini perché gli allevatori preferivano vendere la mungitura ai caseifici – ci hanno detto gli organizzatori – grazie però ai giovani che stanno tornando alla montagna, finalmente alcuni allevatori hanno ripreso a fare anche il formaggio”.
Quest’anno in tutto erano trentaquattro le forme da giudicare, con predominanza di pecorini (12), seguiti a ruota da caprini (10), misti (9) e infine vaccini (3). Con interessanti realizzazioni. Una prova di ottimo livello è risultata quella dell’azienda agricola Trescaglia di Sillico, dove Annamaria Pieroni (per altro nuova alla competizione) realizza un misto di spessore impiegando latte di pecore e mucche garfagnine. É stata infatti lei ad aggiudicarsi il premio di categoria. Un buon risultato anche per Luigi Cavani di Castelnuovo (località Le Rane), proprietario di una piccola stalla, sufficiente ad accontentare pochi fortunati. Le sue vacche di razza bruna hanno dato vita al migliore dei vaccini in lizza.
Ciascuno di loro ha una storia suggestiva da raccontare, fatta di fatica, alzatacce al mattino e incertezze. Anche quella di Ombretta Cavani dell’azienda agricola Cerasa di Pieve Fosciana, di proprietà del demanio regionale, centro pilota per il recupero e la valorizzazione dell’ovina Garfagnina Bianca. La sua forma ha guadagnato il posto più alto sul podio dei pecorini, dando lustro all’attività di recupero avviata nel 2004 dalla Comunità Montana della Garfagnana che a Cerasa ha ricostituito un primo nucleo di animali dalla forte identità territoriale. La razza Garfagnina un tempo era infatti molto diffusa sui pascoli dell’Appennino, rasentando però l’estinzione negli ultimi anni. Dai circa 50mila capi dei primi anni Sessanta, nel 2003 un censimento ne ha registrati qualche decina appena.
Oggi però, grazie all’attività di Cerasa, la Garfagnina Bianca è tornata sul territorio con oltre 700 capi. Se ne impiega il latte in formaggio e ricotta, ma anche la carne e la lana. Quest’ultima viene filata e quindi lavorata a mano sugli antichi telai in legno da sempre in uso nelle case di questo ramo di provincia lucchese che si incunea tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano.
Per i caprini invece il podio ha visto ancora una volta una conferma: Franca Maria Togneri di Coreglia Antelminelli. Le pezzature di Franca Maria Togneri negli ultimi anni si sono sempre piazzate molto bene, dando spinta ad un mercato che in Garfagnana non ha mai riscosso grandi simpatie. È vero che non siamo in Francia, dove la cultura dei caprini è molto sentita, ma un giretto da queste parti non lo disdegnerei… A buon intenditor!
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