Pomodoro cinese? Ma dai! Un paio di consigli dal meglio del nostro Paese

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pomodoriPrendi il pomodoro cinese, aggiungi acqua e sale, confezionalo con una bella etichetta tricolore e vendilo come “made in Italy” in tutto il mondo. Un servizio della trasmissione televisiva “Le Iene” ha recentemente riacceso i riflettori su uno dei prodotti simbolo del nostro paese, alimentando dubbi sull’effettiva “italianità” dei sughi, salse e passate che fanno bella mostra di sé sugli scaffali dei supermercati, in Italia e all’estero.

Come spesso accade quando c’è la Tv di mezzo, i contenuti mandati in onda hanno spinto molto sul lato sensazionalistico della notizia, mostrando montagne di fusti blu di succo concentrato made in China pronti ad invadere il nostro mercato. Non ci sarebbe nulla di strano se si trattasse di una normale operazione di import-export che sfrutta la convenienza di prezzo. Cose del genere accadono purtroppo in tutti i settori merceologici e fa parte della giostra del mercato globale. Ma nel servizio si parla di materia prima di pessima qualità, carica di pesticidi, scaduta da anni se non addirittura in putrefazione, che verrebbe acquistata da mercanti italiani senza scrupoli, “rinfrescata” e venduta liberamente sotto il marchio di aziende anche molto note (di cui ovviamente non si fanno i nomi). Si capisce tra le righe che in realtà il grosso di questa poltiglia viene acquistato e rilavorato per produrre tubetti e vasetti destinati ai paesi europei ed extra europei per le bottiglie di ketchup, per i sughi pronti e altri prodotti dove il pomodoro risulta un ingrediente minore. E il passaggio in Italia serve solo per apporre l’etichetta tricolore e poi tornare indietro in Oriente per essere rivenduta a costi elevati sfruttando l’effetto moltiplicatore del marchio “made-in-Italy”.

E quindi, almeno a livello di salute, i rischi per noi consumatori di beccare queste schifezze sarebbero limitati. Resta comunque, incalcolabile, il danno economico e di immagine. Basta un qualunque imprenditore straniero che viene in Italia, registra un marchio, esegue sul nostro suolo la “lavorazione sostanziale” di materia prima importata dall’estero (termine generico indicato dalla normativa e che sostanzialmente non vuole dire nulla) e poi se lo rivende dove vuole col bel marchio tricolore in bella vista. Come dire…oltre al danno, la beffa!

Certo che cos’ la voglia di farsi un bello spaghetto al pomodoro può passare. E allora cerchiamo di fare un po’ di chiarezza in materia. Intanto occorre distinguere tra concentrato di pomodoro e le bottiglie di polpa, di passata o le lattine di pelati: la legge prevede infatti per queste ultime una preparazione esclusiva a base di pomodoro fresco che quasi sempre è coltivato e lavorato in Italia (controllate in etichetta che sia riportata la dicitura “100% pomodoro italiano”).

I pomodori conservati in maniera corretta hanno una vita “consigliata” di due anni ma possono andare anche oltre. È quindi del tutto normale trovare sugli scaffali del supermercato una scatola di pelati confezionata sei mesi prima o anche l’anno precedente. Per riconoscere i prodotti più freschi potrebbe essere utile dare un’occhiata al codice presente sull’imballaggio: controllate che inizi con la lettera “S” ad indicare l’anno 2015 oppure “T” per il 2014 (mentre il numero che segue la lettera indica il giorno di raccolta). Questa successione di lettere e numeri si trova solo sulle conserve alimentari che usufruiscono di aiuti comunitari e serve a identificare il lotto di produzione, ed è una convenzione molto diffusa tra le aziende del settore. Diciamo che nei supermercati forniti non dovreste avere sorprese e troverete tante aziende serie, che lavorano e vendono solo prodotto italiano fresco e di qualità.

Ma se volete fare un’esperienza gourmet e assaggiare alcuni dei pomodori più buoni del paese (quelli che usano i migliori chef e pizzaioli, tanto per intenderci) allora annotate i seguenti nomi e fate una prova (mi limito ad aziende campane, che per vicinanza geografica conosco meglio).

DANICOOP GUSTAROSSO
Sarno (Sa) – Via Ingegno 32 Bis – Tel. 081.944898
Sito internet: www.danicoop.com  –  e-mail: info@danicoop.com

Composta da oltre 70 soci, questa Società Cooperativa Agricola si trova a Sarno (Sa), dove è impegnata nella lotta quotidiana per salvaguardare le conoscenze e la capacità di coltivare i pomodori secondo le regole tradizionali.  Dani Coop segue tutto il processo produttivo,  partendo dai semi, dalla fornitura delle piantine ai soci produttori ed assicurando agli stessi l’assistenza tecnica agronomica durante la fase di crescita fino alla raccolta. Notevoli sono il Pomodoro San Marzano dell’Agro Nocerino Sarnese Dop e gli Antichi Pomodori di Napoli  Presidio Slow Food (da provare anche quelli “a pacchetelle”, ovvero tagliato a spicchi in quattro parti con tutta la pellicola, come da antica usanza). Un’occhiata al loro ricco shop online vi farà venire l’acquolina in bocca!

AZIENDA AGRICOLA BRUNO SODANO
Pomigliano D’Arco (Na) – Via Pratola 93 – Tel. 081.8038150 – 347.8070109
e-mail: aziendaagricolabrunosodano@yahoo.it

Da oltre 150 anni la famiglia Sodano coltiva 5 ettari a Pomigliano D’Arco. La coltivazione si basa su una rotazione ampia dei terreni, il più rispettosa possibile del ciclo naturale della terra e delle stagioni. Tra orti didattici e collaborazioni con il mondo della ricerca scientifica per la salvaguardia di antiche sementi, l’eccellenza della produzione non si limita solo ai pomodori (tra cui segnaliamo ancora l’Antico Pomodoro di Napoli e i gustosissimi pomodorini gialli), ma spazia anche tra verdure e legumi rari, come il fagiolo cannellino dente di morto e il peperone papaccella riccia. Per il listino chiamateli o scrivetegli. Se poi siete smart potete provare anche a cercare “Azienda Agricola Bruno Sodano” su Facebook.

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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