Qvevri, talhas, ma anche capasoni. Qualche assaggio a “La Terracotta e il Vino”

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img_7056IMPRUNETA (FI) – Allora, riassumiamo: quello che vanno cercando i tanti visitatori che assiepano i banchi d’assaggio qui a “La terracotta e il vino” sono probabilmente gli effetti della purezza di un recipiente considerato neutro, che rispetta il risultato naturale della spremitura dell’uva, perché consente fermentazioni e maturazioni (leggi micro-ossigenazioni) senza le intrusioni attribuite al legno delle botti. Purezza, e ritorno alle origini, all’ancestralità dei qvevri dei primi vignaioli del Caucaso, dei talhas portoghesi della regione dell’Alentejo (rappresentanti di una ancient modernity, modernità antica, visto che datano “solo” 2000 anni), le tinajas spagnole, le giare in cotto anche imprunetino, magari proprio della fornace che ospita l’evento.

E la ricerca è al lavoro proprio per capire le diverse trasformazioni a cui va incontro il mosto in questi recipienti a seconda della tipologia (interrati o no, con le aperture in alto o in basso) e dei trattamenti, tipicamente effettuati con cera d’api, mediante un monitoraggio delle concentrazioni di sali minerali e sostanze organiche. Non solo: si sta cercando anche di individuare eventuali specificità aromatiche del vino, usando il sangiovese dell’azienda Castello del Trebbio, controllandone, ad esempio, la “fruttuosità” mediante opportuni indicatori chimici.

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Folta rappresentanza in questa edizione per il Portogallo, dove nel territorio dell’Alentejo gli antichi contenitori in terracotta fanno parte di una tradizione mai abbandonata. Un centinaio di ettari e cantina da archistar per Herdade do Rocim: nell’Alentejo Amphora Bianco 2015, blend di quattro uve autoctone, il mosto, comprese bucce e vinaccioli, fermenta per 5-6 mesi, ed i profumi di salvia ed anice caratterizzano un vino saporito e di buona struttura che cala un pochino nel finale. L’Alentejo Amphora Rosso 2015 mostra un naso delicato ed un gusto di trama leggera e fresca, che stavolta chiude in crescendo.

Alquanto diverso il carattere dei vini di Herdade de Esporao: il Vinho de Talha Vinhas Vielhas 2015 ė concentrato, intenso, segnato da un frutto importante. Più elegante e sfumato il Vinho de Talha Moreto 2015 (il moreto è un’uva importante per la viticoltura portoghese, qui in versione pre-fillossera) che è largo e lieve, anche se poi asciuga un tantino nel finale.

La cantina José de Sousa presenta un bianco sperimentale ottenuto dal contributo di tre uve lasciate fermentare per due mesi, complete di bucce e vinaccioli; la massa pulita soggiornerà nelle talhas fino al giugno 2017. Si tratta di un vino dolcemente agrumato al naso, fresco e succoso, anche se poi non appare saporitissimo in bocca. Il Rosso 4 (uve trincadera, tempranillo, grenuar e moreto) ha carattere “rusticheggiante”, con frutta rossa candita al naso ed una certa insistente dolcezza al palato, dove comunque è assai espressivo e non privo di positive vibrazioni.

Indubbie superstar dell’evento sono i vini georgiani prodotti nei qvevri della cantina Gotza Family Wines. In assaggio, con il contagocce, quelli corrispondenti a tre uve bianche (Mtsvane, Chinuri e Tsolikouri), di carattere aromatico diverso ma tutte contraddistinte da una energia e da una forza sorprendenti, perché abbinate ad una leggerezza, spesso quasi impalpabile, della trama.

Zorah Wines è protagonista in Armenia di una viticoltura difficile ed eroica, a 1400 metri sul livello del mare, con un continuo e faticoso work in progress su vigneti pre-fillossera. Il Karasi 2012, da uva areni noir, fermenta in cemento per poi affinare in anfora. Elegante, di trama setosa, mostra un fruttato gentile e pimpante accompagnato da una bella acidità integrata, per terminare lunghissimo. Lo Yeraz 2012 (sogno, in armeno), realizzato a 1600 metri di altezza da viti ultrasecolari, ha una fattura più classica perché dopo il soggiorno in cemento passa per un anno in anfora e per un altro in botti da 31 ettolitri. Se al naso il frutto appare messo un po’ in ombra, al palato è un vino compatto e saporito, un tantino ammiccante, dal tannino assai fine.

Buoni ed interessanti i vini della cantina australiana Trofeo Estate, anche se per la verità un po’ carucci. Si parte da un Pinot Gris 2015 molto fruttato al naso con le classiche note di mela, pera e fiori bianchi. Spinge bene poi in una bocca dolce, molto espressiva anche se un tantino caramellosa. Lo Chardonnay 2015 è elegante e delicato, ed in bocca si distende con bella cremosità, e con una nota erbacea che contrasta bene. Buono anche il Pinot Noir 2014, delicato e con una punta vegetale al naso, che sfoggia una gran bella beva,  distendendosi con sicurezza e mantenendo spessore in un finale dalle note “acute”. Infine lo Shiraz 2014, con tanta frutta e spezie al naso, sfoggia una bocca di grande spessore e sostanza.

Ambith Estate è una tenuta californiana assai eclettica ed ottimista, all’insegna della “gioia di vivere e l’amore per la terra”, che pesca in modo predominante dai vitigni della Francia meridionale, senza però trascurare uve importanti come il sangiovese e il tempranillo. Ne ottiene vini certificati biodinamici, e arriva a produrre olio d’oliva ottenuto da cultivar spagnole. Il Priscus 2014 (grenache blanc, viognier, roussanne e marsanne) è un vino assai vitale, pungente nelle sue note di pompelmo e menta. I due rossi Playground 2014 (syrah, grenache counoise, carignane e mouverdre) e Adamo 2014 (stesse uve meno il carignan), dopo la fermentazione affinano da uno a due anni in anfora, e si contraddistinguono per un fruttato gentile ed elegante ma anche per una acidità un tantino “sparata”.

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Non solo talha e qvevri nella storia antica del vino: venendo a casa nostra, eccoli che si materializzano, autoctoni ed ancestrali, gli alti ed affilati “capasoni” pugliesi in terracotta vetrificata, protagonisti in alcuni dei dirompenti vini della famiglia Pinchierri di Vinicola Savese e gestiti magistralmente live dal front man della cantina Francesco Pezzarossa. Il Primitivo di Manduria Tradizione del Nonno 2013 (il 60% della massa fermenta in cemento, il 30% in capasone e il restante in legno, 16% di alcol) regala sensazioni davvero intense di frutta rossa in confettura, confermate in bocca e sostenute da una bella acidità. Il Primitivo di Manduria Sava 2007, dolce naturale e prodotto in annate particolari (la precedente è stata la 2004, tornerà nel 2011) viene realizzato con appassimento delle uve in pianta, è dominato dalla confettura di prugne e di ciliegia e si fa ricordare per un gran bel dinamismo. E poi il Capasonato, tratto da due vecchie annate di primitivo (1984 e 1985) riscoperte nelle cantine dopo lungo tempo. Qui si avvertono nette le note di caramello  e una bella leggerezza caratterizza un palato piacevolmente contrastato. Da ricordare, infine, un interessante connubio fra i due principali territori del primitivo rappresentati da Vinicola Savese (Manduria) e da Pietraventosa (Gioia del Colle), che va a concretizzarsi nel Puglia Primitivo Sinergie dei Sensi, un rosso che si posiziona nella fascia di prezzo dei “vini quotidiani” ed è convincente nella sua dolcezza di frutto, rinfrescata da rimandi di erbe aromatiche e da un bel dinamismo gustativo.

Fra i vignaioli (in questo caso le vignaiole) di razza e di storia gloriosa che hanno abbracciato la filosofia della terracotta, non si può non menzionare Elisabetta Foradori e i suoi due Teroldego, per i quali la fermentazione avviene in anfora per otto mesi: lo Sgarzon 2014 (da terreni sassosi prossimi al fiume), intenso e persistente, mostra spiccati toni “acuti” ed acidità in primo piano; il Morei 2014, da vigne più assolate, appare più rotondo nel corredo fruttato.

Piacevole il Tin Sangiovese 2015 di Montesecondo (Chianti Classico), anch’esso proveniente da macerazioni piuttosto lunghe e che mostra frutto lieve, trama leggera ed acidità integrata. Coinvolgente poi il Pietraelevata Aglianico 2014 di Marino Maria, con sensazioni aromatiche di frutta, pirite ed erbe aromatiche ed il Montepulciano d’Abruzzo 2014 di Agricola Cirelli, con un frutto nero profondo e senza sbavature, una trama setosa e una bella progressione, chiosata da un tannino di bella fusione e dolcezza.

Interessanti infine i vini di Casabassi: il Bianco delle Venezie 2014, dalle note erbacee e di lime, che dopo una bella progressione chiude in un modo molto espressivo; il Rosso delle Venezie 2014 (cabernet sauvignon e raboso, un mese di macerazione e poi un anno di affinamento in anfora) che colpisce per impatto aromatico (lampone, amarena, menta dolce) ed il Valpolicella Ripasso 2015 , dai profumi gagliardamente fruttati.

La prima parte del reportage

Nella quarta immagine: Francesco Pezzarossa (Vinicola Savese)
Altre immagini (foto di Guillame Bodin)

Riccardo Farchioni

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