Il mondo della pizza è cambiato. Chi si appassiona alla gastronomia lo sa. Talmente cambiato che da un paio di anni si parla addirittura di una pizzeria che potrebbe essere premiata dalla guida Michelin con una stella! Intanto il Gambero Rosso ha editato da qualche anno una guida delle pizzerie d’Italia con tanto di voto (e di distinzione fra pizza gourmet, napoletana e all’italiana), mentre L’Espresso, da qualche edizione in avanti, ha accluso un inserto dedicato alle migliori pizzerie della penisola nella sua guida dei ristoranti.
Proprio quest’ultima, alla Leopolda a Firenze pochi giorni fa, ha premiato Gennaro Battiloro in qualità di pizzaiolo italiano emergente. Ecco, Gennaro è conosciutissimo in Versilia, la zona costiera della provincia di Lucca, perché è lì che è approdato dopo l’esperienza milanese da Princi. La Kambusa, il locale dove lavora, ha ottenuto e sta ottenendo un grandissimo successo, soprattutto da quando si è spostato dalla Darsena di Viareggio a Massarosa, ai bordi del lago di Massaciuccoli.
Pizza napoletana con ingredienti strepitosi, locale sempre pieno anche per i prezzi umani, Battiloro è stato premiato anche dal Gambero Rosso, che nella guida alle pizzerie d’Italia 2018 gli attribuisce i tre spicchi, il massimo punteggio ( ndr: notizia dell’ultima ora, pare che Battiloro abbandonerà a breve la Kambusa per concretizzare un nuovo progetto solista, ed ambizioso, sempre in Versilia!).
Due i diòscuri in Versilia: l’altro superpremiato è Massimo Giovannini (nella foto accanto) con il suo Apogeo di Marina di Pietrasanta. Tutt’altra filosofia, prezzi più sostenuti, un guru e un pioniere delle pizze gourmet.
Sfruculiando le Guide, la vera novità pare essere costituita da una minuscola pizzeria di Pietrasanta, il cui nome è tutto un programma: “T’aggio vuluto bene“. L’ha aperta, al posto del vecchio Scì, Vincent Vairo (nella foto): pizzaiolo napoletano, ingredienti ugualmente campani. Come i tarallucci, le mozzarelle, il fiordilatte, la prosciutella. E poi, alla fine, il “Ministeriale” di Scaturchio, il babà, la pastiera fatta in casa. Poche le pizze con due capolavori, in particolare la pizza fritta. In una serata indimenticabile Vairo ha portato in tavola la pizza fritta alla napoletana. Ha aperto ad aprile, e sta già nella guida del Gambero Rosso.
Ma che l’attuale momento storico costituisca un periodo di cambiamenti lo scopriamo girando per la Versilia. A Lido di Camaiore, all’angolo di via del Fortino con viale Colombo, ha aperto “Mani in pasta“, un format ideato da Marzorati, imprenditore attivo nel mondo della ristorazione e dei bar. Mani in pasta ha un ottimo pizzaiolo che prepara un’ottima margherita.
Altro locale da seguire con attenzione è Le Radici, aperto recentemente sul viale dei Tigli di Viareggio da Massimo Barsotti, ex pizzeria Burlamacco alla stazione vecchia. Qui si cucinano carne e pesce ma non si trascura la pizza: forno Valeriani rigorosamente a legna, lievitazione giustamente prolungata. Molto buona la pizza bianca con mozzarella, fiori di zucca e acciughe del Cantabrico; ricorda la classica pizza bassa alla fortemarmina (di Forte dei Marmi), quella che preparano luoghi ormai divenuti storici come l’Osteria del Mare, il caro vecchio Maitò e, in stagione, il bagno Piero.
La pizza di Forte dei Marmi, quella bassa-bassa, ha un suo perchè. Sarebbe il momento di rilanciarla, ed una sorta di appello in tal senso lo fa Aldo Fiordelli in un articolo apparso sul Corriere Fiorentino, in cui dà conto della guida alle pizzerie del Gambero Rosso. Che in Versilia segnala anche due intramontabili classici, tutti e due di Viareggio: Pachino e Rizieri. Il primo pioniere della pizza di qualità, il secondo re della pizza a taglio (e della cecina, la migliore della costa, da Livorno a Ventimiglia e Nizza).
Poi è chiaro che dietro la pizza c’è anche la nostra memoria di bambini. Nell’ultimo comizio fatto a Viareggio prima del referendum del 4 dicembre 2016, Matteo Renzi citava la pizza di Athos. Noi potremmo ricordare anche la Lucciola, la Griglia del Mare a Lido di Camaiore, Gino alla stazione di Viareggio. E il caffè Milano di Forte dei Marmi, dove armeggiava al forno un giovane siciliano il cui nome era Sante Collesano; diventerà poi famoso a Firenze con la sua Capannina di Sante, sotto il ponte di Verrazzano, per un paio di decenni il migliore ristorante di pesce in città.
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