Alle 3,32 della notte tra il 5 e il 6 aprile di dieci anni fa una forte scossa di terremoto colpiva L’Aquila aprendo una profonda ferita nel cuore dell’Italia. A questo evento purtroppo ne sarebbero seguiti altri con esiti altrettanto catastrofici. E se c’erano già state anni prima analoghe tragedie in Umbria e in Irpinia, la terra era poi sembrata fermarsi. Invece, con la sequenza di eventi drammatici susseguitisi a L’Aquila, Amatrice e Norcia, la sensazione che ad un certo punto cominciò a diffondersi fu che una intera parte del nostro Paese fosse destinata ad essere cancellata dalle carte geografiche.
In quella notte morirono 309 persone, di cui 8 studenti intrappolati in un edificio mal costruito. La città un tempo fra le più importanti del Regno delle due Sicilie, divenne presto una impressionante massa di tubi metallici ed impalcature nel tentativo disperato di impedire il crollo di quello che per miracolo era rimasto in piedi. La grande piazza del Duomo, viva e sede di tanti mercati, rimase con la unica luce orgogliosa dello storico caffè dei Fratelli Nurzia, produttori di un torrone di culto.
In seguito il centro si è andato popolando di una selva di gru, quando la vita si era già trasferita nella “new town” ai margini della città. Il tempo è inevitabilmente passato e dopo qualche voce timidamente confortante raccolta su di un piccolo ritorno di vita urbana, all’alba di questo 2019 siamo tornati a dare un’occhiata. Abbiamo trovato strade sgombre, palazzi restaurati, facciate di nuovo integre. Passeggiando lungo Corso Federico II, che ricordavamo come un angusto tunnel fra le impalcature, abbiamo osservato qualche negozio aperto alternato a fondi ancora vuoti. Proprio qui si è trasferito il locale dei Fratelli Nurzia (a proposito, non fermatevi al torrone, assaggiate anche le buonissime ferratelle) in attesa che quello storico venga restaurato. La sensazione è che il nuovo sia arrivato ma sia ancora poco vissuto, un nuovo peraltro limitato perché, una volta usciti dall’asse dei Corsi, è frequente il triste affacciarsi di locali bui al cui interno si intravedono ancora i cumuli di macerie.
Ma proseguiamo: costeggiata e oltrepassata Piazza del Duomo, ecco Corso Vittorio Emanuele II. Dopo i “quattro cantoni”, all’improvviso e inaspettatamente, sembra fluire nuova vita. Subito una gioielleria con la sua bella vetrina e, soprattutto, due bacheche in strada che segnalano locali aperti; eccoci allora dentro il Rigoletto Bistro. Ambiente caldo e accogliente, cucina (a vista) dalla quale escono proposte semplici, hamburger di qualità inseriti in panini composti in modo non scontato e seguendo le scelte del cliente. Poi tante fantasiose insalate e un importante repertorio di prodotti anche da asporto, che spaziano dalla campagna abruzzese alla Spagna, all’Argentina. Fra i vini al calice, è stato inevitabile puntare su un caposaldo della viticoltura locale, Luigi Cataldi Madonna, e sul suo elegante Montepulciano d’Abruzzo Malandrino 2017.
Ma al di là di tutto, al Rigoletto Bistro si avvertono le vibrazioni di una nuova energia che fluisce e la forza di andare avanti non manca. E tanti auguri a L’Aquila!
Rigoletto Bistro
Via Verdi 15 – L’Aquila Tel. 328 053 4264
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