Trebbiano Metodo Classico
Questa bottiglia, appunto senza etichetta, proposta inaspettata da Andrea per avviare la serata con un effetto sorpresa, ha lasciato tutti con una piacevole sensazione. Un progetto in embrione, avviato con curiosità e prudenza, senza fretta, valutando l’opportunità di accumulare qualche annata per strutturare una cuvée più adatta a un Metodo Classico che già promette bene, accompagnando alla grande l’entrée di Cristian: un bignè farcito con burro della Loira aromatizzato alla salvia. Questa prima sboccatura risulta dunque bene eseguita, quasi didascalica, certamente in evoluzione, e stimola il palato con il giusto brio e una gustosa rotondità, fragranze fruttate sostenute da una corretta spinta acida e una persistenza sapida particolarmente gradevole. Stuzzicante.
Etichetta nuova, prodotta con 70% di viognier e 30% di greco, variabili in assestamento per il futuro, che gioca col naso ravvivando gli occhi, mentre la cucina del ReWine propone una tartare di cefalo lusrino e gel al prezzemolo. Il vino presenta un colore intrigante, paglierino, ma con riflessi verdolini, un bouquet ampio e avvolgente, tendenzialmente floreale, ma con note fruttate fresche. In bocca si muove in equilibrio tra una spinta acida notevole e un complesso aromatico congruo, concretizzando una beva pingue e coinvolgente che termina con una bella scia iodata. Suggestivo.
Petrara 2020-2019-2018-2017
Si parte dall’ultima, un 2020 sicuramente fresco e bevibile, minerale e agrumato, in perfetta armonia con il risotto Pila Vecia mantecato con bisque di pannocchie che Cristian ci abbina. E’ nel confronto con le annate precedenti, in assenza di cibo, che perde un po’ di smalto, o forse il confronto, mostrando alcuni limiti (non difetti) di gioventù, peraltro tipici, ma ci accompagna splendidamente con il piatto, in attesa di raccontare altre storie. Inesplorato.
Passando al 2018 mi aspetto una ulteriore evoluzione, che di fatto ritrovo, ma con meno enfasi di quello che immaginavo. Il naso è certamente piacevole, floreale, con note più appassite e una leggibilità meno spinta, ma sempre ottima. Al palato resta meno incisivo, ma solido, armonioso e fluido, con polpa e gusto. Maturo.
La 2017 ,forse per una lavorazione in cui mancava l’apporto di una vigna poi entrata in produzione, o forse per le caratteristiche climatiche di quell’annata, presenta qualche cedimento, soprattutto ai profumi, con un assaggio che lascia percepire ancora sfumature fruttate e un residuo minerale tipico del territorio. Mite.
Ceviano 2020-2019-2018
Passiamo alla 2019, dove rileviamo note evolutive percepibili ma non destabilizzanti, fedeli al timbro della precedente. E’ caratterizzato da profumi integri, una beva agile e un gusto pieno, più sottile ma sempre nitido, verticale e sapido. Disinvolto.
L’annata 2018 è ancora simile, non presenta cedimenti, ritroviamo una costanza gusto-olfattiva che conferma la bontà del progetto, ma soprattutto la piacevolezza di beva, che acquisisce un’impronta forse più aristocratica e meditativa. Riflessivo.
Se il Petrara era uno Chardonnay vinificato solo in acciaio, con La Cassetta approcciamo una versione di questo vitigno che affina per nove mesi in tonneau da 500 litri, per acquisire quella connotazione che Andrea concepisce come evolutiva per effetto della traspirazione attraverso il legno, e non come “condimento” al gusto di legno.
La versione 2016 è complessa, al naso conserva intatti aromi agrumati e floreali, che in bocca virano anche su note più esotiche, con una persistenza piacevolmente speziata e minerale. Vellutato.
La 2015 presenta tratti più stanchi, ci raccontano dell’utilizzo di un tipo di tappo diverso, forse troppo traspirante, ma non leggo cenni di ossidazione, piuttosto note di idrocarburo, con una beva più magra e lineare che non ampia e opulenta. Esile.
La Casetta 2020, un vero e proprio cru, è dunque un nuovo progetto, che lascia il legno per cercare in acciaio la sua vera connotazione, il suo aspetto più puro, che nel calice riversa una trama aromatica ricca di sfumature floreali, vagamente fruttate, ma assolutamente in cammino verso nuove colorazioni. In bocca è fresco, pulito, aromatico ma non troppo, con un gusto che mi ricorda lo stile Chablis, ma mette in mostra il carattere dei Monti Lepini, dell’aria di mare e dell’escursione termica propria di questo angolo di territorio. Eccellente.
Entriamo nel mondo Merlot, che Andrea vinifica con la consueta attenzione al dosaggio del legno, mai troppo invasivo, lasciando riposare questo vino per un anno in tonneau. La cucina presenta in abbinamento ai rossi un morbidissimo e saporito campanello di vitella con salsa olandese.
Partiamo dal 2020 con un prodotto ancora bello carico, sia nei profumi, ancora compressi, che nel gusto, croccante e solido. Le note fruttate di prugna sono evidenti, i tannini sono percepibili ma perfettamente amalgamati, e il sorso rilascia note di cuoio e liquirizia. Equilibrato.
La 2018 è coerente, ma trasmette meno energia, meno consistenza, seppure con un complesso gusto-olfattivo intatto e leggibile, coerente e fluido. Sobrio.
La Rave 2019-2015
Provando il 2019 riconosciamo l’appeal del Merlot nelle sue note di sottobosco e frutta rossa, al naso percepiamo sentori erbacei che ritroviamo anche al palato, in un assaggio bello vivo, corposo, con tannini solidi ma non spigolosi, dal sorso caldo, profondo e avvolgente. Robusto.
La Rave 2015 è un vino che pur giungendo a piena maturazione mostra i segni evidenti di una evoluzione ancora in itinere, con profumi di rovo e violetta, con note di tabacco e concia. In bocca entra con passo soffice e progressivo, in un crescendo di fragranze e calore, sostenuto da un’acidità integra e tannini levigati. Il sorso è pieno, vigoroso ma carezzevole, lungo e abbacinante, con un ritorno retronasale che restituisce aromi di caffè, cioccolato, noce moscata e tracce di erbe officinali. Notevole.
Dulcis in fundo, nel vero senso della frase, Cristian ci regala una bavarese alla mandorla con salsa di albicocche secche e crumble al ginepro, Andrea ci offre in abbinamento una sorpresa.
Questa è una vera sorpresa. Andrea ha pensato di valorizzare una piccola vigna di Petit Manseng con un esperimento di passito da sole 500 bottiglie … perfettamente riuscito. Il vino si presenta ambrato, con profumi di miele e fioritura, con fragranze di albicocca candita, dolce ma non stucchevole, fresco e dinamico, avvolgente come uno sciroppo e piacevolmente acido. Sorprendente.