Masari si trova a Valdagno, nella semisconosciuta Valle dell’Agno, provincia di Vicenza, che se oggi è un territorio in fermento deve ringraziare l’operato pionieristico di Massimo e Arianna, i primi a investire in un’area al tempo sconosciuta e disabitata dal punto di vista vitivinicolo.
«La natura socio-economica di questo territorio negli ultimi due secoli si è trasformata, abbandonando progressivamente l’agricoltura a vantaggio del polo tessile, inaugurato ai primi dell’Ottocento dalle famiglie Marzotto e Rossi» racconta Massimo, che a Valdagno ci è nato. «La Valle dell’Agno è l’ultima di una serie di valli che partono dal lago di Garda per arrivare, verso est, alle ultime propaggini collinari della Lessinia prima della pianura. È un ambiente integro e selvaggio ai piedi delle piccole Dolomiti con isole vitate in mezzo ai boschi. L’Agno divide l’area in due versanti: sulla destra orografica, che guarda il Veronese, troviamo la Costa Nera con suoli di origine vulcanica (basalto e tufo) originati dal Monte Faldo e vocati alle uve bianche, mentre sui suoli calcarei di origine marina della Costa Bianca (versante sinistro), più alti di quota e argillosi nella parte superficiale, dimorano le uve rosse. Il tutto nel giro di due chilometri. Coltiviamo le uve autoctone e classiche della zona per una decina di ettari complessivi a certificazione biologica».
«La durella è un’antica varietà veneziana che oggi stiamo comprendendo di più. È stata sempre coltivata a pergola, ma l’uva, che ha un ciclo di maturazione lungo e tanta acidità – la vendemmiamo addirittura nella seconda metà di ottobre per il metodo classico – arrivava a raccolta con tempi lunghissimi che non le garantivano, anche per il ristagno dell’acqua in clima più rigido come quello del passato, la piena maturazione. Ha dunque bisogno di ridurre le produzioni, valorizzando la qualità: così siamo passati al guyot».
Ha colore brillante, sentori vulcanici, un palato di notevole succosità per un dosaggio zero, sviluppo minerale, corrente sapido-agrumata, con persistenza continua di zesta di limone e pompelmo.
«Durello come “vino che dura”. Tradizionalmente veniva vinificato con le bucce. Era ricco di catechine, polifenoli responsabili dell’astringenza. Lo si beveva con le carni».
«Secoli addietro sulla destra orografica del torrente venivano costruite delle miniere di lignite, un carbone povero, e, data la vicinanza con l’Impero Austro-ungarico, c’era parecchia forza lavoro germanica che arrivava in valle. Tuttora sono presenti delle comunità di lingua tedesca. È probabile che la presenza del riesling si debba alla forza lavoro di un tempo. È un vitigno che si sposta con difficoltà e che ama la luce e il freddo. Abbiamo due appezzamenti nella parte vulcanica per tre ettari complessivi: un vigneto che ha 10 anni e un altro piantato due anni fa. Quando ho vinificato per la prima volta le uve di riesling di un vecchio vigneto è stata una specie di rivoluzione».
Il 2021 ha colore paglierino intenso e definito, uno spiccato carattere minerale e agrumato, espansioni d’idrocarburo e tensioni vulcaniche, un palato succoso-tonico, tagliente e sapido, con allungo prepotentemente ricco di sapore e sale. «Le due freschezze del riesling e della durella si sposano bene». Anzi, magnificamente.
Il San Lorenzo 2017 è un pinot nero prodotto attraverso una vinificazione con i raspi («Puoi farlo così solo con un’uva matura dalle rese basse: per noi 30/40 quintali per ettaro»), una fermentazione in tino di legno e un anno di maturazione in barrique, nuove per la maggior parte. «San Lorenzo è un paesino posto a 450 metri di quota sul versante sinistro, che è anche il più caldo. Il pinot nero, 4.000 metri quadrati, è esposto a est, sud-est».
Il colore è rubino intenso, il naso, contornato da un legno di qualità, offre sentori varietali e selvatici, il sorso ha pienezza, profondità, note sanguigne, erbe medicinali, componendo un assieme interessante di morbidezza e freschezza.
Il Masari è un taglio di cabernet sauvignon al 70% e di un merlot vinificato con i raspi per la rimanente parte. È il primo vino prodotto da Masari nel 1998. Fermenta in tini di legno, fa una fermentazione spontanea a temperatura controllata – «Mi piacciono lunghe, fino a 6 settimane» – e due anni minimo in barrique per metà nuove. Il 2018 presenta una veste rubino porpora, note di inchiostro, un sorso polposo, denso, ricco, dall’invitante rilievo tattile, con qualche senso di tostatura e un che di peperone nel finale.
«Al tempo non c’erano viti in giro. Siamo subentrati gestendo un vecchio vigneto. Volevamo vedere se c’erano le condizioni per fare delle cose particolari, personali».
Merlot in purezza prodotto solo in certe annate, il Montepulgo 2015 – è il nome dell’omonimo paesino – proviene da una selezione del vigneto originario di Masari posto tra i 400 e i 500 metri di quota. Vinificato con i raspi e maturato per 5 anni in legno, è di fatto la riserva della casa. Colore porpora fitto, sentori di inchiostro, grafite e prugna, palato denso, ricco, levigato, potente, con persistenza di confettura.
«L’appassimento della durella avviene in granaio fino alla Settimana Santa, poi rompiamo gli acini disidratati con una macina a mano e mettiamo tutto (uva, raspi, bucce) a fermentare per 5 mesi in una vasca chiusa sotto riduzione. Si ottiene così una massa semi-fermentata che viene torchiata e messa in barrique per un periodo che può variare dagli 8 ai 10 anni. Da 100 chili di uva si ottengono 8 litri di vino. Da questa annata abbiamo ottenuto 1200 mezze bottiglie. Non lo produciamo tutti gli anni».
Di colore arancio intenso e luminoso, ha un olfatto che restituisce il senso fisico della concentrazione, esplodendo poi letteralmente al palato in tutta la sua invitante, viscosa densità, dispiegando note di frutta tropicale, pesca e nespola, di una nespola succosa e grassa, un paradosso permesso dall’acidità miracolosa della durella, che infonde vibrazione elettrica a questo vino rendendolo dinamico e gustoso. L’allungo balsamico e officinale è di clamorosa persistenza.
Le prime tre immagini sono fornite dai produttori; le restanti sono dell’autore