Dice: ma quando mai, nell’èra digitale le informazioni sono immateriali e viaggiano senza confini, la Sardegna è qui nel tuo soggiorno, come Sidney, Miami e la Terra del Fuoco.
Mica tanto vero. Che un certo vignaiolo abbia prodotto nel 2021 un certo rosso nei pressi del – poniamo – Nuraghe Sas de Melas, si viene a sapere sul continente soltanto un paio d’anni dopo, se va bene. Nonostante esso vignaiolo abbia magari un sito internet: chi infatti va a capitare nella sua pagina web on purpose, come dicono gli anglosassoni, ovvero di proposito?
Oggi cerco di accorciare questo ritardo nel ritorno audio/video, questo tempo differito Sardegna/Roma, recensendo tre vini a loro modo nuovi, originali, in parte imprevedibili. Gli aspetti produttivi non li fornisco, se non per linee generalissime, sarebbe troppo comodo. I dettagli li trovate, più o meno agevolmente, online.
Lo so, sulle prime – e anche sulle seconde – il nome sembra un anagramma della Settimana Enigmistica. E infatti, anche a un’analisi un po’ approfondita, non ci si raccapezza proprio nel tentativo di ricostruire un senso purché sia nell’etimologia, nella nomenclatura, nella storia aziendale*. Ma poi, con un po’ di pazienza, si risale al fatto che Esole è la pronuncia in dialetto mamoiadino di Dessolis: il cognome dei titolari, i fratelli Federica e Francesco. Altra informazione raccolta, assai succulenta, pare che Francesca abbia lavorato nientemeno che al Domaine de la Romanée Conti. Vigna vecchia (70 anni), uve cannonau, ovviamente. Appena stappato il vino è un po’ banalizzato dal timbro del rovere (peraltro di alta qualità), ma con l’ossigenazione mostra un livello qualitativo davvero notevole nell’estrazione, nella dinamica gustativa, nella progressione finale. Il quadro generale è davvero convincente.
Da seguire molto da presso.
Nepente di Oliena Mannoi 2019 Guthiddai
Informazioni generali scarse, per non dire quasi assenti, quindi si tratta eminentemente di impressioni di assaggio, e poco più.
Con l’aiuto di Antonio Arcadu (della più nota firma Gostolai), la famiglia Floris produce dalle parti di Oliena un Cannonau di rustica gentilezza, poco saturo nel colore, profumato di macchia mediterranea e amarena, succoso nel sapore, rugoso e verace nella trama tannica. Una certa atmosfera aromatica, precocemente autunnale, contribuisce a dargli fascino. L’aria non lo fiacca, anzi.
Marmus 2021 Marco Mossa
Ambizioso Cannonau prodotto dal giovane Marco Mossa presso Irgoli, nell’entroterra della costa orientale. Il rosso viene definito orgogliosamente “affinato in marmo”, il che costituisce un unicum, almeno a mia conoscenza. Il marmo è quello pregiato di Orosei, un tempo fondale marino, quindi ricco di carbonato di calcio. Come sostiene il produttore, questa caratteristica “va ad ammorbidire il vino, degradando l’acido malico”.
Sia come sia, il vino si propone alcolico (14,5 gradi dichiarati in etichetta, ovvero nei fatti più vicino ai 15), dai profumi caldi e un poco statici all’inizio. Al palato è, al contrario, molto più snello e agile: la grana tannica è abbastanza fine, il timbro di frutto fresco, niente affatto bruciante nonostante la generosa voce dell’alcol, l’arco gustativo di una buona lunghezza. Piuttosto sorprendente, nei fatti.
* edit: “ghirada” sembrerebbe un termine locale per definire la vinificazione delle uve provenienti da una singola vigna