Bio & Dynamica al Merano Wine Festival

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Del cambiamento climatico, e della sensibilità del Merano Wine Festival su certe tematiche, ne avevamo già parlato in precedenza, ma quest’anno abbiamo sperimentato direttamente questi eventi nel viaggio verso la città altoatesina, iniziato proprio alle prime luci dell’alba di venerdì 3 novembre, che molti toscani, purtroppo, ricorderanno a lungo.

Non possiamo esimerci dal solidarizzare con le popolazioni colpite dagli eventi meteo e constatare come questi accadimenti estremi abbiano sempre più carattere intenso e fulmineo. Purtroppo la sensibilità verso questi problemi pare inesistente nella programmazione dei Comuni e delle Regioni, che avrebbero tutti gli strumenti per poterne mitigarne le conseguenze tramite piani strutturali che ne tenessero veramente conto.

La partenza mattutina è accompagnata da pioggia insistente e da forti raffiche di vento che ci accompagneranno fino in val Padana. A condividere con me il viaggio quest’anno si è unita la collega Susanna Grilli, agronoma, che ha contribuito alla descrizione di molti dei vini di cui parleremo. Come detto il viaggio è complesso a causa della difficile viabilità nella prima parte del percorso fino a Modena, poi una tregua ci ha accompagnati fino alla valle dell’Adige, dove il fiume in piena viene riversato, non senza polemiche, nel lago di Garda, per evitare la piena su Verona e zone limitrofe. Già l’attraversamento del Po aveva offerto un avviso delle portata delle piogge, dato che oramai erano anni che non si vedeva a questi livelli. Arriviamo a Merano con un pioggia sottile che non infastidisce più di tanto e che a causa del calo termico annuncia neve in montagna. 

La manifestazione si svolge nelle sale laterali e superiori delle Terme di Merano, dato che la sala principale è occupata dalla preparazione della cena di gala che si svolgerà la sera stessa. Gli espositori sono circa 160,  per la maggior parte provenienti dal nostro paese ed accumunati dalla scelta di un’agricoltura sostenibile ed amica dell’ambiente.

Orientandoci un po’ tra gli stand, ci indirizziamo verso alcuni produttori che hanno attiratola nostra attenzione: primo fra tutti La Romiglia. Fondata nel 2020, la giovane azienda guidata da Michele Gazzo ha radici più datate, dato che già negli anni Ottanta inizia la storia della produzione di uva portata avanti dai nonni di Michele e indirizzata solitamente alla vicina cantina sociale. Dal 2020 si è deciso di produrre il vino dalle proprie uve e di sperimentare anche nuove vie di vinificazione. In particolare ci ha incuriositi uno Chardonnay rifermentato in bottiglia dell’annata 2021, che alle note fruttate e leggermente minerali del vitigno unisce la freschezza della rifermentazione

Passiamo poi al Friuli con un produttore blasonato: Conte d’Attimis- Maniago. Con sede a Buttrio (UD), l’azienda vanta 110 ettari vitati e una lunga storia alle spalle che si perde nei secoli. I nostri assaggi si concentrano su due bianchi di sicuro interesse: il Florea 2020, ricavato con la varietà resistente Sauvignon Rytos, e il Ronco Brolio Doc Friuli Colli Orientali 2019, blend di pinot bianco e friulano. 

Il primo è un vino che, se pur nel nome riporti il termine Sauvignon, ha poco a che vedere con la varietà standard. Acquista invece in profumi e in consistenza: note di frutta matura e balsamiche e una bocca ampia e piacevolmente  sapida delineano il profilo di un bianco interessante e convincente, dove le classiche note aromatiche del sauvignon blanc sono poco o nulla evidenti.

Il Ronco Brolio 2019 è un vino floreal-fruttato la cui aromaticità ricorda l’arancia candita e la frutta tropicale; evidente, ma ben integrata, la nota vanigliata derivante dall’affinamento in legno e dai frequenti batonnages; un finale minerale e fresco completa questo vino.

Tornando al Veneto incontriamo l’azienda La Fornase, il cui centro aziendale sta in provincia di Treviso (Meduna di Livenza) ma in un’area geograficamente friulana, dato che i propri vigneti sono dislocati a Rivarotta di Pasiano, in provincia di Pordenone, zona di escavazione di argilla per laterizi, da cui il nome dell’azienda. Nata nel 2011, ha sposato le ragioni dell’agricoltura biologica dal 2021, e la pratica sui suoi 70 ettari.

Dei vini in degustazione ci ha convinto il Pinot Grigio 2021. Dal colore giallo paglierino medio, limpido e fluido, con chiare note di frutta bianca, mela, pera Williams, cotogna, propone una bocca fresca (ma non acida) che avvolge e porta con se risvolti  lievemente balsamici e vegetali. Buona la chiusura sapida e minerale.

Rimanendo in provincia di Treviso ci spostiamo a Cordignano, tra Vittorio Veneto e Conegliano, dove ha la propria sede l’azienda Salatin. Realtà storica del territorio, le cui origini risalgono al 1600 circa, inizia a produrre vini nel 1947, ed oggi i nipoti continuano la tradizione di famiglia su 75 ettari vitati (dislocati anche a Valdobbiadene) condotti in parte a biologico.

Assaggiamo due vini, uno dei quali da uve Verdiso in purezza. Si tratta del Metodo Classico Unico 2020, un Nature a cui il cui particolare vitigno ha conferito una bella spinta acida, e che risulta interessante per la finezza della bolla e per i sottili aromi vegetali. 

Il secondo vino è un Manzoni Bianco IGT Marca Trevigiana “Le Conche”, non filtrato. L’Incrocio Manzoni è un vitigno a bacca bianca nato dall’opera di selezione del prof. Manzoni, preside della Scuola Enologica di Conegliano, e nasce come incrocio tra Riesling Renano e Pinot Bianco. La versione proposta da questa azienda ne rispecchia le caratteristiche varietali, con una predilezione per la freschezza, che ne rende il profilo ancora giovane e piacevole. Con un colore lievemente dorato e uno spettro aromatico che va dalla frutta tropicale alla pesca e all’albicocca, in bocca assume una consistenza notevole, che sostiene il sorso e si integra con l’acidità e con una sapidità spiccata. Un finale di buona lunghezza ne completa il profilo.

Affacciandoci sul lago di Garda incontriamo  Perla del Garda. Da una storia di famiglia che si muove tra il Garda bresciano e la Valtenesi, nasce questa azienda che abbracciando l’agricoltura biologica ha avviato un progetto rivolto anche al sociale e alla sostenibilità. Dell’azienda assaggiamo il Lugana Perla 2022 Bio. Prodotto dal vitigno turbiana (sinonimo del trebbiano di Soave, a sua volta geneticamente simile o identico al verdicchio), viene vinificato in un moderna cantina dove le masse vengono movimentate per caduta al fine di sottoporle al minimo stress meccanico possibile. Di un bel colore giallo dorato medio, ha freschi sentori floreali e fruttati che ricordano la pesca, l’agrume e il biancospino. In bocca è dritto ed equilibrato, con un buone freschezza, mineralità e sapidità; la chiusura è nitida ed accattivante.

L’altro vino che assaggiamo è il Valtenesi Chiaretto 2022. Nasce da un uvaggio di groppello, marzemino e barbera, e si distingue per un bel colore rosa intenso e per un aroma fruttato che ricorda la ciliegia fresca, la fragola e il lampone, mentre in bocca si avverte una levigata tannicità e una fresca consistenza, che accompagnano la beva fino alla fine.
Passiamo alla visita dellarea Culinaria, dove allo stand della Provincia di Brescia incontriamo alcuni vini tanto amati da Luigi Veronelli; tra questi il Moscato di Scanzo 2017, vino raro, data la scarsa produzione e l’esiguità dei numero di produttori. Le 18 cantine produttrici si dividono i 31 ettari della DOCG, tra le più piccole d’Italia. Il Passito in questione, ricavato dall’omonimo vitigno a bacca rossa, qui nella versione dell’azienda agricola Pagnoncelli Folceri, ci ha offerto l’occasione di riassaporare questo vino così raro e famoso. L’assaggio è stato all’altezza delle aspettative, con una nota aromatica e fruttata tipica della tipologia e con una dolcezza ben equilibrata dalla freschezza: una bella conferma della tradizione enologica bergamasca.

In ultimo, ma non ultimo, assaggiamo un bianco anch’esso poco diffuso ma dalla personalità importante: il Capriano del Colle 2022 dell’azienda Lazzari. Tratto da uve turbiana (leggi sopra) raccolte in leggera sovramaturazione, si presenta con chiare note fruttate ( pera matura, mela) accompagnate da risvolti floreali; in bocca sprigiona una consistenza e uno spessore importante per un bianco. Sapidità e mineralità accompagnano la degustazione fino alla fine.

La presenza della prima neve e delle temperature finalmente invernali ci hanno spinto ad effettuare una deviazione sulla via del ritorno fino al Lago di Carezza, dove è ancora possibile osservare “l’opera” della tempesta Vaia, che nel 2018 distrusse centinaia di ettari di foresta di conifere, un altro sintomo  – l’ennesimo – della variabilità climatica che stiamo vivendo.

 

 

Lamberto Tosi

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