Come nelle ultime edizioni, si è assistito all’alternanza delle aziende vinicole suddivise in due gruppi che si sono succeduti nei quattro giorni, rispettivamente nelle sequenze venerdì e sabato, per il primo gruppo, e domenica e lunedì per il secondo. Solo alcuni partecipanti, perlopiù provenienti dall’estero, sono stati presenti in tutti e quattro i giorni.
Poiché la nostra presenza si è concentrata alla domenica e al lunedì ci è impossibile dare conto dei produttori appartenenti al primo gruppo. In generale comunque la partecipazione è stata come sempre molto qualificata e non priva di sorprese. In particolare erano presenti produttori provenienti dalla Georgia, molti dei quali hanno presentato i loro prodotti per la prima volta al Merano Wine Festival. Interessanti poi le presenze anche del settore gastronomico e culinario, pregevole comprimario della manifestazione.
Entrando nel vivo delle degustazioni, abbiamo per primi approcciato appunto i vini georgiani, forti della loro tradizione legata alla vinificazione e conservazione in anfora, e ai loro particolari vitigni. Sulla tradizione della vinificazione in anfora interrata Slow Food ha costituito un
Proprio questa unicità costituisce a mio avviso anche un limite, dato che molti di questi aromi e sensazioni sono associati, in altri contesti, a giudizi negativi o poco convincenti. Quindi, se all’assaggio di questi vini si rimane a volte incerti sul loro reale valore o sulla loro qualità intrinseca, dipende innanzitutto dall’approccio culturale del degustatore e dal contesto della degustazione.
A onor del vero, bisogna però sottolineare che le stesse aziende sono consapevoli della difficoltà culturale che questi vini possono incontrare nei mercati internazionali, tanto che alla linea tradizionale (Qvevri) affiancano spesso una linea vinificata con metodi “moderni”, che enfatizza il vitigno e la tecnica enologica.
Il secondo vino, un rosso affinato in legno, è il Saperavi 2019, sempre di Chelti: dal colore rosso rubino tendente al porpora, offre sentori balsamici e di frutto maturo (ribes e mirtillo); in bocca mostra una certa tannicità, è fresco, lievemente metallico, e comunque interessante e convincente.
Sullo stesso registro, ma di qualità a nostro avviso superiore, Kisi 2020 Special Reserve, che deriva dai vigneti nella regione di Kakheti, e che si presenta di un colore giallo dorato chiaro con sentori di frutti bianchi e fiori, agrumi e lieve nota erbacea. In bocca è fresco, scattante, dal bel finale leggermente rugoso che sostiene la persistenza.
Lasciando i vini georgiani, passiamo alla degustazione dei vini di Castello di Spessa, premiati nel corso della manifestazione. Il primo è il Metodo Classico Brut Amadeus 2016, che deriva da uve chardonnay in maggioranza, con una percentuale minoritaria di pinot nero (87 chardonnay/13 pinot noir). Trova la sua origine nelle terre del Collio goriziano, da cui trae stile ed eleganza. Cristallino, lievemente dorato, acquista dai sui 40 mesi sui lieviti sentori fruttati e agrumati con lievi note di nocciola; in bocca il tenore carbonico è ben imbrigliato da cremosità e sapidità.
L’altro vino il Pinot Nero Casanova 2019: di un bel colore rubino medio e buona fluidità, offre profumi eleganti e fruttati con note speziate, una buona tensione al gusto e tannini presenti ma mai invadenti, in un finale fresco e lungo.
Ci spostiamo al piano superiore per incontrare i vini dell’azienda Podernuovo a Palazzone. L’azienda, situata in prossimità di San Casciano dei Bagni, località assurta alla ribalta della cronaca per la eccezionale scoperta archeologica di poche settimane fa, si estende su 50 ettari, di cui 26 vitati. La piattaforma ampelografica comprende sia vitigni toscani che d’oltralpe, con qualche incursione nella vicina Umbria.
In sintonia con la lotta al cambiamento climatico, la cantina dell’azienda trae la propri energia da impianti geotermici e fotovoltaici, riducendo così drasticamente l’impronta di carbonio della tenuta. Tra i vari vini presentati abbiamo particolarmente apprezzato il NicoLeo 2020, un
L’altro vino che ci ha colpito è l’Argirio 2018, un Cabernet Franc dai colori intensi e profondi e dalle note fruttate e balsamiche brillantemente espresse. Un corpo pieno e ampio, oltre alle buone doti di freschezza e di sapidità, ne completa il profilo.
Passando alla sezione Culinaria del Festival, abbiamo sperimentato in
Un altro prodotto di particolare pregio di questa sezione è il Grana Padano 36 mesi derivante dal latte prodotto da vacche allevate con solo fieno di prati stabili. Un ritorno al passato che però conferma la scelta di filiera controllata, e di qualità, fatta dalla Latteria San Pietro di Goito, nel Mantovano. Un ottimo Grana padano da ricordare.
Si conclude qui la nostra esperienza meranese, con segnali importanti di cambiamento nella filosofia produttiva di molte aziende e il tentativo, speriamo fruttuoso, di contenere i cambiamenti climatici.