Benvenuto Brunello (e dintorni): Brunello di Montalcino 2004. Il punto

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MONTALCINO (SI) – Alla fine del salmo, rimuginandoci un po’ su, ho preso la mia decisione: parlerò esclusivamente dei vini, ovvero degli attesissimi Brunello 2004. O meglio, parlerò QUASI esclusivamente di loro. D’altronde, se gli oltre 150 assaggi effettuati nella due giorni ilcinese (a Benvenuto Brunello certo, con qualche aggiunta “dissidente” raccolta nei paraggi) reclamano giustamente le dovute attenzioni, al punto da farmi sembrare irrispettosa una sfibrante litania di parole che non derivasse da quegli incontri, è anche vero che il silenzio stampa impostomi in mesi e mesi di polemiche su Montalcino mi ha fatto montare la voglia di esternare alcune ingenue riflessioni nel merito. Eccole:

1) Benvenuto Brunello è una bella occasione  – con ampi tratti di unicità – per conoscere ciò che bolle in pentola nel calderone montalcinese, calderone che non smette mai di appassionare e di intrigare, qualunque cosa si pensi del Brunello e del suo mondo. Di questo va dato merito all’unione dei produttori tutta, rappresentata con maggioranza bulgara dal Consorzio locale.

2) una denominazione così non può più permettersi modalità di servizio quali quelle propinate a Benvenuto Brunello alla stampa di mezzo mondo che lì è solita convenire, perché il rischio di prendere fischi per fiaschi è altissimo e molti giornalisti che accorrono in città si baseranno esclusivamente su quegli assaggi per fornire i loro giudizi di merito su un produttore o su un altro. Le possibilità di escludere o ridurre drasticamente i margini di errore ci sono, basterebbe guardarsi attorno (per esempio Alba Wines, o la Chianti Classico Collection della Leopolda fiorentina) per rendersene conto ed agire PRONTAMENTE di conseguenza. Perciò i miei giudizi di adesso, ispirati da cautela e da qualche riassaggio consapevole, spero che siano stati confortati dalla corrispondenza vino-bicchiere, ma è un bel terno al lotto.

3) se puntualmente ogni anno nuove cantine si affacciano all’orizzonte con nuovi Brunello, un numero crescente di produttori sta scegliendo di non partecipare alla kermesse per i più disparati motivi, in bilico fra il fantasioso e il pragmatico. Mi piacerebbe conoscere la verità, o le verità. Comunque sia, qualche vino “dissidente” l’ho recuperato grazie alla gentile ospitalità de L’Osticcio, simpatica enoteca di Montalcino con vista immensa sull’oceano verde dell’Orcia, qualcun’altro -potenzialmente importante- mancherà all’appello ed è bene saperlo. Perciò non troverete citate aziende del calibro di Biondi Santi, Conti Costanti, Poggio di Sotto, Soldera, Collosorbo, Valdicava, Pieve Santa Restituta, Pian dell’Orino, Livio Sassetti.

4) la vendemmia 2004 la considero salvifica per tante ragioni, e ancor di più se rapportata al particolare momento storico che sta vivendo la Montalcino vitivinicola. La bontà dell’annata si percepisce, così come si comincia ad apprezzare una generalizzata sterzata stilistica sulle rotte del buon senso da parte di certi produttori solitamente poco avvezzi a “mostrare nudità” nei loro vini. Quel che si conferma però è che solo una minoranza di questi vini, degli oltre 150 analizzati, presenta caratteri e personalità tali da giustificare il blasone che il loro buon nome meriterebbe. Il resto naviga in acque fin troppo sonnacchiose, dove a volte è solo la tecnica a sorreggere la barca.  Quel che ho notato poi, nonostante la bontà dell’annata, è che in diversi campioni abbondano le sensazioni pseudocaloriche dovute all’alcol, con le maglie della trama che tendono ad allargarsi, un tannino non sempre inappuntabile in termini di maturità e una stanchezza che malignamente affiora.

5) il punto 5 vuole rispondere al punto 4: il ripensamento del disciplinare di produzione è un obbligo. E non mi riferisco di certo al vitigno, che dò per scontato debba restare solo e soltanto sangiovese. Ci mancherebbe. Non si può però più nascondere il fatto che solo una decisa minoranza di vini “giunga alla meta” con affidabile regolarità, questo è. Come è altrettanto palese che certe marce indietro non si possono più fare (i terreni censiti a Brunello contano 2000 ettari, cioé uno sproposito?  nessuno può imporre ad un produttore che il suo vigneto non è più adatto a dare uve da Brunello? il dado è tratto). E allora diciamo apertamente che la forzata permanenza in cantina di ingenti masse di vino per 2/3 anni, dopo il naturale affinamento nei legni, in attesa dell’imbottigliamento (fatto peraltro quasi sempre a stretto ridosso dell’epoca di commercializzazione) non porta quasi mai a migliorarne le caratteristiche organolettiche.

I vini vengono sbattuti da una parte e dall’altra, da una vasca all’altra, cozzando spesso contro gli impedimenti logistici di cantina, ed ogni anno magari tocca “intervenire” (ringiovanimento, solforosa?) per scongiurare il timore di un decadimento. Insomma, stride di fronte alla realtà dei fatti l’enorme contraddizione che innerva la regola: obbligare il produttore ad uscire sul mercato al quinto anno post vendemmia e al contempo rendere prassi ordinaria il ringiovanimento. E che ce lo tengo a fare 5 anni il vino in cantina? per vedermelo snaturare con processi di ringiovanimento quasi mai forieri di stabilità nel tempo? In dipendenza dell’annata e di dove/come opera un produttore (condizioni microclimatiche dell’area, maturità del vigneto, metodi di vinificazione assunti) lo stesso dovrebbe sentirsi libero di poter uscire sul mercato con il proprio Brunello senza dover attendere per forza i fatidici 5 anni, se il rischo è quello che i vini nascano sfibrati o decadano in fretta.

I più grandi vini al mondo, a cui di diritto si vuole e si deve affiancare il Brunello di Montalcino, fanno due anni di rovere, un anno di bottiglia e via….. e resistono decenni evolvendo magnificamente. Possiamo sostenere la stessa cosa per la maggioranza dei Brunello oggi in circolazione? Se non possiamo sostenerlo, allora significa che non è più tempo di legarsi acriticamente alla forma, occorre puntare alla sostanza, ed occorre farlo in fretta.

6) quest’anno mi sono divertito a distinguere i vini in più categorie. Pur non nascondendo il timore di aver preso abbagli (non solo a causa del mio talento di degustatore, assolutamente criticabile, ma soprattutto a causa di quanto espresso al precedente punto 2 ) annoto così le punte, le news, gli inox e i centromediani metodisti, con il significato che ben presto scoprirete.

7) le parole che seguono, e quelle già scritte fin qui, vogliono rappresentare solo e soltanto una mia personale visione e nulla più.

LE PUNTE

In questa categoria – disposti in stretto ordine alfabetico – ci ho inserito i vini da ricordare con affetto, per i quali ritengo ineludibile il fatidico supplemento di indagine e la ricerca. Per goderne ancora o, casomai, per rammaricarsi dell’abbaglio.

Fornacina

Simone Biliorsi, dopo averci provato con un 2003 caratteriale ed affascinante, si ripropone all’attenzione degli “ascoltatori” con un Brunello 2004 dall’imperturbabile anima tradizionale, che aldilà dei proverbiali ritardi di focalizzazione aromatica (è un vino lento) riesce a coniugare una dolce dote fruttata con un incedere bilanciato, dove mi confortano il candore, la vibrazione minerale e la convicente diffusione sul palato.

Fossacolle

Al tratto viscerale e mineral-ferroso che gli riconosciamo da sempre, il nuovo Brunello di Adriano Bambagioni e Sergio Marchetti pesca nelle maglie di una estrazione più calibrata un bonus di delicatezza in più. Se ne avvantaggiano sia il tatto (nobile e bello) che la godibilità.

Fuligni

Oooh, ecco finalmente l’emblematica finezza dei Cottimelli tornare a dar segno di sé (e che segno!).  Nel nuovo Brunello della famiglia Fuligni ci stanno rigore, slancio, contrappunto. E in attesa che il comparto aromatico si decida a concedersi più apertamente, ci godiamo di già la brillantezza del disegno, la lunghezza, l’eleganza del tratto gustativo.

Il Colle

Nei vini autentici e “sentimentali” di Caterina Carli il terroir del Colle al Matrichese respira, questo è. Nel candore del frutto, nella garbata marcatura tannica, nell’incanto sospeso dei profumi. Oggi, nel complesso Brunello 2004, mineralità e riduzioni olfattive vanno a braccetto. In attesa che i nodi si dipanino ne cogliamo però la setosità, la qualità tannica e quel briciolo di calore in più che potrebbe far pensare ad uve provenienti dai vigneti più recenti acquisiti a Castelnuovo dell’Abate. Da attendere con fiducia.

La Fortuna

L’inappuntabile “fedina” enologica de La Fortuna della famiglia Zannoni si arricchisce qui di una perla terroiriste, ariosa, elegante, carezzevole, tutta garbo e sfumature . Non una idea di peso o di volume nei dintorni, solo una straordinaria bevibilità che ha a che fare con l’istinto.

La Palazzetta

Da Flavio Fanti, generoso e caparbio vignaiolo di Castelnuovo dell’Abate, il colpo d’ala che non ti aspetti. Non tanto perché non abitino qui vini di temperamento (ancor oggi il suo Riserva 1999 si staglia fra i più grandi Brunello dei ricordi miei), quanto perché innestare in quei vini coriacei una accelerazione tanto decisa sulle rotte dell’eleganza, come si ripropone di fare questo 2004, proprio non me lo aspettavo. Limpidezza aromatica, persino grazia espressiva, florealità , mineralità…. insomma un vino ricamato, compassato, finissimo.

Lambardi

L’esemplare leggiadria tipica della “scuola Lambardi” viene qui onorata da una versione coi fiocchi, che ai proverbiali chiaroscuro e all’innato garbo espressivo, figli legittimi del terroir del Canalicchio, aggiunge un salvifico briciolo di densità in più, a renderne ancor più brillante l’esito. “Aria pulita”, sentimento e delicatezza, tutte insieme, tutte qui. Da bere ancora e ancora.

Le Chiuse

Suggestivo, ferroso e bellamente austero, il Brunello di Simonetta Valiani e Nicolò Magnelli ci offre una prova magistrale, grazie alla visceralità del tratto aromatico e ai richiami forti di sottobosco, terra e catrame che ne accompagnano l’eloquio. Tensione e solidità aprono alla bellezza.

Le Macioche

Austerità e candore mirabilmente fuse in un vino di istintiva immedesimazione e disarmante naturalezza espressiva. I classici risvolti di erbe aromatiche impreziosiscono il quadro. La timbrica si fa confortevole e amica: Achille Mazzocchi e Matilde Zecca aggiungono una piccola perla alla loro curatissima produzione.

Mastrojanni

Dopo i confortanti risvegli di personalità riscontrati nella versione 2003, Mastrojanni – recentemente approdata a nuova proprietà (Illy) – piazza un doppio colpo: Brunello e Brunello Schiena d’Asino sugli scudi, e che scudi! Entrambi sfoderano il temperamento e la classe dei migliori esemplari della casa. Il primo nel nome di una materia indiscutibile, piena di succo e rigore; il secondo grazie alla ferrea volontà di non concedere niente che non sia pura solidità senza fronzoli, virile e seducente al contempo. Quasi non bastasse, dalla sua, una reattività esplosiva.

Piancornello

Sfruttando appieno l’annata favorevole, il Brunello di Claudio Monaci e Silvana Pieri ritrova la sensualità delle edizioni migliori, accompagnata qui da una tessitura tattile e da una vibrazione minerale degne di nota. Calore e rigoglio fruttato non mancano, d’accordo, ma sorprendente è l’armonia d’insieme, a rendere elegante il quadro e coinvolgente l’incontro.

Podere Salicutti

Vignaiolo scrupoloso e “consapevole”, spirito critico e anima guida per una vitivinicoltura ecosostenibile, Francesco Leanza ci incanta con un Brunello incredibile per razza e sentimento, sapidità ed eleganza, equilibrio e succosità. A buttarla lì, il miglior Brunello dell’anno (per ora).

Sesti

Non c’è nulla da fare, checchennedicano i testi sacri di grammatica enologica: ai vini di Sesti puoi dire di tutto men che non gli appartenga il supplemento d’anima. Prendete per esempio ‘sto 2004: dietro le proverbiali velature olfattive se ne esce con una timbrica suggestiva ed elegante, di marca sapido-minerale, che non puoi evitare. L’energica chiosa tannica ci suggerisce attesa perché, a ben vedere, il futuro gli appartiene.

Siro Pacenti

Profondità di intenti e maniacale dedizione hanno accompagnato le gesta di Giancarlo Pacenti lungo un percorso stilistico del tutto personale, volto alla ricerca della integrità e dell’equilibrio senza rinunciare ad una concezione stilistica “aggiornata” in fase di elaborazione. Ciò che ci consente oggi di apprezzare, nel nuovo Brunello 2004, un presumibile traguardo in termini di compiutezza. Un traguardo dove purezza di frutto (per antonomasia un frutto “pacentiano”), leggibilità e gradevolezza ci raccontano di eleganza e solidità armoniosamente fuse. Mai come in questo caso la presa del rovere appare calibrata, così come l’estrazione. Gli aficionados dei Brunello più tradizionali, terrosi, sapidi e tannici, potranno storcere il naso. Io, pur riconoscendomi nella romantica categoria, non storco il naso: il vino è ineccepibile, “contemporaneo” ma autentico.

Stella di Campalto

Sebbene siamo di fronte al primo Brunello prodotto da Stella di Campalto, le altisonanti prestazioni inanellate dal Rosso di Montalcino della casa (2004, 2005, 2006 tanto per citarne qualcuno) mi spingono ad annoverare questa cantina fra le punte, anche se avrei potuto ben collocarla fra le “news, good news”. In attesa di un ulteriore salto di consapevolezza (che nel sorprendente 2005, ora in affinamento, intravvedo di già), eccoci qua a complimentarci per questo Brunello generoso, tonico, carnoso, tutto suadenza e solarità: un esordio coi fiocchi.

Tiezzi

Dopo il sorprendente Vigna Soccorso 2003 (etichetta storica di Montalcino ripescata dopo oltre un secolo dalla sua prima apparizione), Enzo Tiezzi ci ha preso talmente gusto da raddoppiare la portata delle suggestioni. E mentre la struggente finezza di Vigna Soccorso 2004 riproduce ed amplifica i suggerimenti amorevoli del fratello maggiore – un allentamento di tensione nel finale, ma sono questioni di lana caprina-, fa drizzare papille e cuori l’eccellente performance del Brunello “senza nome” , capace di sfoderare la tessitura di un grand vin: generosità, calore, territorio e un sentimento autentico da regalare.

NEWS, GOOD NEWS

In questa categoria ci ho messo le novità che hanno attirato maggiormente la mia attenzione. I motivi? Perché, appunto, nuove; o perché i creatori hanno una recente storia vinicola alle spalle (e già fanno vedere cose “da grandi”); o perché, sia pur provenienti da aziende storiche, i vini hanno suggerito qualcosa di nuovo, e di meglio, rispetto al passato.

Camigliano

Registro con piacere una performance inattesa. Non so cosa stia succedendo a Camigliano, una delle cantine dimensionalmente più grandi del comprensorio ilcinese, ma la cura nel dettaglio, la profondità e la sensualità riscontrate in questo bicchiere non lasciano indifferenti e soprattutto costituiscono un passo avanti verso la piena caratterizzazione dei vini, ciò che saresti portato ad accreditare ad imprese di dimensioni più artigianali. Supplemento di indagine docet.

Campi di Fonterenza

Ispirate da un approccio naturale alla terra, le giovani sorelle Padovani approdano al loro primo Brunello alzando decisamente il tiro delle ambizioni. Perché è un vino seducente il loro, “accordato” ed espansivo, dalla dolcezza tannica eclatante. Un briciolo di rovere da assorbire ancora, ma vino buono nell’anima. Da seguire.

Coldisole

Bel colpo d’ala per il terroso e umorale Brunello di Lionello Marchesi, dal dichiarato imprinting varietale (sebbene ancora indietro nello sviluppo aromatico). A un gusto così aggraziato e verace mi è difficile resistere. E se la progressione e la persistenza non sono ai massimi livelli, resta un vino sentimentale, di grande suggestione e compiutezza.

Donna Olga

Devo ammetterlo, per la prima volta i vini di Olga Peluso si lasciano alle spalle gli eccessi dimostrativi per rendere in modo più stilizzato e, a parer mio, più efficace le sfumature del prezioso terroir di provenienza. Arioso, elegante, dal frutto tonico e giovanile (quasi più da Rosso che da Brunello), il Brunello 2004 offre articolazione, dettaglio e godibilità. Veramente good news.

Ferrero

Anche quest’anno la famiglia Ferrero (ca va sans dire di origini piemontesi) interpreta con rigore e sapienza l’annata, offrendoci un Brunello di equilibrio e giustezza, elegante, morbido ma determinato quanto basta. In silenzio e senza proclami, qui non si produce Nutella (come il nome potrebbe portare a pensare) ma buon vino. Da seguire.

Il Paradiso di Frassina

Una delle rare volte in cui sono riuscito ad imbattermi in un vino del Paradiso di Frassina, prodotto dall’eclettico Carlo Cignozzi. Non so se sia ascrivibile alle suggestioni mozartiane che il titolare propina alle vigne della sua tenuta con amorevole costanza, ma questo Brunello in fatto di eleganza non è secondo a nessuno. Esprit “canalicchioso”, bilanciamento, suadenza, e un tattilità che ricorda da vicino un vino francese, grazie alla finissima grana tannica. Una lacuna, la mia, finalmente colmata.

La Colombina

Entrata solo da qualche anno nella bagarre produttiva, la piccola cantina di Anna Maria Caselli e Alamiro Pecciarini si sta ritagliando spicchi di visibilità grazie a vini determinati, seri, corposi, di piena rispondenza territoriale, a cui la maturità del vigneto e l’accresciuta consapevolezza tecnica non potranno che apportare ulteriori migliorie in termini di qualità estrattiva e profondità. Il Brunello 2004, potente e coeso, procede nella giusta direzione.

La Fiorita

La piccola cantina dell’enologo Roberto Cipresso stavolta mi ha letteralmente sorpreso: per la mancanza di ridondanze e di eccessi estrattivi. Solidità ed energia di risonanza “meridionale”, d’accordo, in piena coerenza con il mandato territoriale, ma il tutto condotto nell’alveo di un disegno elegante corroborato da una beneaugurante freschezza di fondo. Insomma, si lascia ben bere e convince.

Pian delle Vigne

Su questo vino, assaggiato più volte nel corso della trasferta ilcinese, non ho dubbi: gli Antinori hanno realizzato il miglior Brunello della loro ( breve) storia, approdando ad una caratterizzazione più marcata rispetto alle precedenti versioni, in cui i vini indulgevano fin troppo su morbidezza tannica e saturazione cromatica, strizzando l’occhio a modelli stilistici “concilianti” ma di scarso appeal territoriale. Qui invece hai un vino solido, quadrato, roccioso, dove austerità da un lato e sapidità dall’altro ne rendono l’immagine lusinghiera. Insomma, uno stile e un messaggio da non disperdere nel futuro.

Pietroso

Dietro una silhouette snella ed accattivante, da sangiovese d’altura, ecco un vino la cui scattante dinamicità non può passare inosservata. Da una cantina di recente conio (o meglio, fattasi conoscere negli ultimi anni, in realtà la famiglia Pignattai produce Brunello a partire dal 1978), dopo un 2003 tutto slancio e freschezza, ecco qua un 2004 ancor più compiuto e bilanciato, con una spina acida vibrante a indirizzare la beva. Da seguire con molta attenzione.

SanCarlo

Beh, non possiamo certo dire che SanCarlo sia una cantina sulla bocca di tutti. Eppure la costanza di rendimento che va caratterizzando la piccola produzione della famiglia Marcucci da qualche anno a questa parte mi spinge convintamente alla segnalazione. Sono vini di stampo tradizionale questi qua, che non disdegnano profili aromatici eterei ed alcolici, ma che offrono  – ed è il caso di questo 2004 – risvolti sapidi di grande espressività. Da tenere d’occhio.

Ventolaio

Da Luigi Fanti (fratello di Flavio Fanti de La Palazzetta) ecco il vino che segna un cambio di passo rispetto alle prime prove (qui si produce Brunello a partire dall’annata 2001). Alla silhouette slanciata, essenziale e beverina (con accenti di timidezza) delle edizioni precedenti, si aggiungono qui una articolazione e una qualità tannica superiori. E se il colore è velato, volutamente e coraggiosamente velato (da vino non filtrato), cangiante e caleidoscopico appare lo spettro dei profumi così come intrigante la beva, dove il supporto acido tipico di un sangiovese d’altura gioca maledettamente a favor di coinvolgimento. Da seguire.

INOX (LA BOTTE DI FERRO)

In questa categoria ho inserito vini che non deludono le aspettative e i cui produttori rappresentano una sorta di zoccolo duro quanto a qualità media e continuità di risultati. Non mi meraviglierei se con l’evoluzione qualcuno di questi Brunello andasse a ricoprire il ruolo di “punta”. Per farla breve, qui dentro ci sono molti inossidabili, diversi stili a confronto (alcuni dei quali potranno anche far discutere), un buon “manico” e la certezza di una produzione affidabile e riconoscibile.

Barbi

Se è innegabile respirare un po’ di storia – quella vera – ad ogni assaggio dei Brunello di Stefano Cinelli Colombini, è altrettanto vero che questi vini non hanno niente di datato. Nonostante l’aura old fashioned possiedono infatti una intensità, una espressività e una precisione esecutiva di contemporanea efficacia. Quest’anno, a fronte di un profilo leggermente alcolico, non mancano gli appigli sentimentali, che virano i profumi su note di ghianda e pirite, e il gusto su rotte calde, accoglienti, confortevoli.

Canalicchio – Franco Pacenti

Non si può non voler bene ai vini di Franco Pacenti, non foss’altro che per l’innata capacità di tradurre fedelmente i “messaggi” del proprio territorio, portatore sano di fondamentali eleganti. Anche questo 2004, aldilà delle introspezioni della prima gioventù, non si fa mancare l’esprit “canalicchioso”, la vibrazione minerale, la genuinità espressiva. Qualche increspatura tannica ancora da placare, quella sì, ma la sostanza non cambia.

Canalicchio di Sopra

Dai giovani rampolli della dinastia Ripaccioli un vino quale ennesima conferma di un privilegio: puntare in alto. Dal pofilo sensuale e silvestre, decisamente attinente al terroir di provenienza (Canalicchio), è un vino di beva e concretezza, di compiutezza e giuste proporzioni. Proprio ben fatto.

Casanova di Neri

Di fronte ai vini di Giacomo Neri apriti cielo! Quanti colleghi a sottintendere, a bisbigliare cose che non diranno mai apertamente, a scambiarsi le occhiate……. quanti altri ad inchinarsi ossequiosi….. vini dialettici, ci direbbe IL Veronelli. Non è una novità né un mistero che lo stile della casa punti alla ricchezza estrattiva, alla morbidezza, alla levigatezza tannica e a un generoso avviluppo del rovere per realizzare vini sorretti da una tecnica sorvegliatissima alla quale puoi criticare poco e niente, con il contrappasso però di un certo straniamento rispetto ai “punti cardinali” tramandati fin qui dalla tradizione.

Eppure, sia nel Brunello “annata” che nel Tenuta Nuova 2004, colgo un calibro e una provvidenziale assenza di cupezze rispetto alle edizioni precedenti. Sono vini perfetti dal punto di vista formale, anche se non propriamente emozionali. Casomai potrei rimproverargli che non vi sia troppa distanza qualitativa (uhei, a mio parere neh!) fra base e selezione, nonostante le ambizioni (e i prezzi) possano sulla carta giustificare differenze.

Ciacci Piccolomini d’Aragona

Il Vigna di Pianrosso 2004 mantiene le promesse e ribadisce il suo personale cliché, di cui mai ci stancheremo: quello di un vino capace di unire brillantemente doti di tenacità e solidità strutturale (tipiche della zona sud della denominazione) con altre più eleganti e garbate. La commistione è quanto mai propositiva, il finale promettente.

Collemattoni

Marcello Bucci si conferma vignaiolo talentuoso, e la sua piccola produzione degna delle massime attenzioni. Lavoro accurato, umiltà, consapevolezza senza prosopopea, contribuiscono a far nascere vini caratteriali e rispettosi del mandato territoriale, qui indissolubilmente legato alle argille sabbiose di Sant’Angelo in Colle. Il 2004 unisce compattezza, solidità e sapiente vinificazione. E se l’allungo non è di quelli decisivi, mi confortano la suggestiva timbrica varietale e il “calor buono”.

Fornacella

Da questa micro-azienda l’ennesima conferma che la cura certosina porta a risultati eclatanti sul piano della personalità. Dagli appigli territoriali certi e dalla matrice artigianale, il 2004 di Marco Ciacci poggia le fondamenta su stimoli agrumati, su una idea di frutto candido e nature, su una autenticità di fondo che ti incanta e per un attimo non ti fa imprecare di fronte alla difficile reperibilità di queste bottiglie.

La Cerbaiola – Salvioni

Sulle prime quasi reticente (in controtendenza rispetto alla verve spumeggiante del suo creatore), il nuovo Brunello di Giulio e Mirella Salvioni non ha fretta di emergere. Ma ciò che lascia sottintendere è razza pura. Indomito e potente, saprà acquisire nel tempo le sfumature ora sottese. D’altra parte senti appartenergli forza espressiva e temperamento, mentre la muscolarità del tratto, che tende ad irrigidirlo in prima gioventù, non lede l’identità e il carattere, entrambi conclamati.

La Serena

Il simpatico Andrea Mantengoli è uno spirito critico che non teme di ribadire ad ogni pié sospinto quelle che sono le sue idee in tema Brunello. Qui nascono vini dal tratto moderno (se questo termine lo riferiamo alla ricercata levigatezza tannica e alla preminenza del frutto) ma senza che vi si disperdano le coordinate imposte dal terroir. Figlio legittimo del versante sud orientale della denominazione, il suo Brunello 2004 si concede in modo viscerale, quale suggestivo intrico di terriccio, liquirizia, erbe amare e catrame, offrendo uno sviluppo gustativo più modulato e spedito delle attese, senza certe ostruzioni che pure non sono mancate nel recente passato. Insomma, il vino possiede una stoffa moderna ma grinta da vendere.

Podere Brizio

Il Brunello 2004 di Roberto Bellini mi colpisce per la raffinatezza del disegno e la modulazione dei sapori, che ben si dipanano senza ridondanze. In più, per l’ariosa aromaticità, davvero ben scandita. Con nonchalance, come ci direbbe Giampaolo Gravina, ecco qua un conseguimento che aggiunge prospettive nuove a vini che nel loro Dna giàposseggono i requisiti della compostezza e della solidità strutturale.

San Felice – Campogiovanni

Fedele alla linea, ovvero a una idea di Brunello solido, quadrato, riconoscibile e fiero, il Campogiovanni nuova annata si ripropone all’attenzione degli appassionati puntando ancor di più sulla finezza e le sfumature. Certe screziature vegetali se ne restano brave brave sullo sfondo, mentre un umore di terra arsa ne annuncia apertamente il fascino caldo e viscerale tipico di questa etichetta. Saporito.

Solaria

La caparbietà e la passione profuse da Patrizia Cencioni, one woman band di questa tenuta del versante nord orientale della denominazione, “entrano” di sovente nei suoi vini , vini dall’impronta moderna ma aggraziata, dove finezza ed equilibrio reclamano la ribalta. Il nuovo Brunello della casa percorre queste strade con dignità e senso di compiutezza, da quando ne cogli l’eleganza floreale, la materia nobilmente terrosa, il finale in scioltezza. Qualche reminiscenza del rovere, con l’evoluzione, dovrebbe farsi lontano ricordo.

Tenuta di Sesta

Nei vini di Sesta una sincerità espressiva che non scontenta mai. Caldi, generosi, abbraccianti, prodighi di umori di terra leggermente brulée, nelle annate propizie raccolgono le forze per garantirsi un profilo gustativo ancor più fresco e godibile. Bene, il 2004 in questo senso è un vino paradigmatico.

Tenuta Le Potazzine – Gorelli

Nei vini eleganti e stilizzati di Giuseppe e Gigliola Gorelli vi cogli con puntualità l’equilibrio e l’assenza di orpelli, chiari segnali di una volontà interpretativa per nulla interessata a calcare la mano. Frutto carnoso, mai ridondante, godibilità e compostezza sono i tratti salienti di una fisionomia ormai consolidata. Insomma, vini che cascano a puntino per la categoria: in loro compagnia sei in una botte di ferro!

Uccelliera

Carattere, umoralità, spessore tannico, calor’alcolico, e quella traccia aromatica così personale di humus, liquirizia e bacca selvatica, ci consegnano un vino monumentale e vigoroso, ancora restio a “muoversi” nel bicchiere. Nel nuovo Brunello di Andrea Cortonesi, umile e determinato vignaiolo di Castelnuovo dell’Abate, si esalta per intero il carattere maschio e viscerale emblema di uno stile divenuto ormai inconfondibile. Nel frattempo, il vino chiede tempo.

Vasco Sassetti

Nel ricordo indelebile di una persona tanto schiva quanto genuina come Vasco Sassetti, se ne esce postumo l’atteso 2004, in cui la proverbiale, ruspante terrosità “sassettiana” si rigenera qui in una dimensione più sfumata ed elegante, senza per questo perdere credenziali sul piano della veracità. Lo spirito non muore mai.

CENTROMEDIANI METODISTI

Qui alcuni vini (senza commento) che se la giocano bene a centrocampo, senza magari l’affondo del campione ma con la fierezza del mediano di supporto, colui che si sente parte di un gruppo, appoggia la manovra, contrasta efficacemente ed è felice di farlo, perché lo fa bene. Dei buoni Brunello per l’annata insomma, ai quali manca forse la progressione e la complessità del vino di classe superiore, ma che non deluderanno gli amanti della tipologia, non foss’altro che per dedizione ed attaccamento alla maglia.

Fattoi, Baricci, Caprili, Capanna, Castello Romitorio, Citille di Sopra, Gianni Brunelli – Le Chiuse di Sotto, Il Poggione, Il Marroneto, La Magia, La Rasina, Lisini, La Velona, Poggio Antico (Altero), Santa Lucia, San Polino, Podere San Lorenzo, Sassodisole, Val di Suga, Talenti, Nardi, Tenuta Oliveto, Pinino, La Fornace.

Assaggi effettuati nel mese di febbraio 2009

FERNANDO PARDINI

19 COMMENTS

  1. Grazie a te Paolo della lettura.
    Sì, devo tornare da Ciacci Piccolomini. Promesso!
    Ciao
    Fernando

  2. Grazie,
    trovo il commento estremamente centrato e lusinghiero. Spero proprio che sia uno di quei vini che negli anni riesca a comunicare quelle sensazioni che provo quando ho la fortuna di aprire vecchie annate di Campogiovanni come 86 e 88.
    Un caro saluto nella speranza di incontrarsi in cantina ad assaggiare Sangiovese ed altro.
    Leonardo Bellaccini
    ps riguardo all’invecchiamento concordo perfettamente e ricordo la fatica fatta per arrivare a due anni di legno!!! sui tempi di commercializzazione non è stato proprio possibile. Forse oggi vale la pena ritentare

  3. Grazie davvero della lettura e delle attenzioni. A Maurizio Lambardi, che scopro con sorpresa alle prese con il computer; a Leonardo Bellaccini, il quale mi ha fatto montare la voglia tremendissima di essere fra quei fortunati….. ( certo l’ 86 mi intriga!)

    fernando

  4. Grazie Fernando per l’inserimento nelle punte.
    Condivido la tua visione del nostro vino, è infatti strutturato, possente, come da nostre abitudini, ma con un tocco di eleganza e piacevolezza in più. Hai centrato perfettamente il nostro scopo, che cerchiamo di perseguire nel nostro Brunello.
    Unica “pecca” della tua recensione e della guida del 2009, è il fatto che io come tu ben sai mi chiamo Adriano e non Alessandro, apparte questa svista, vorremmo ringraziarti sentitamente per l’attenzione e le buone recensioni che ci dedichi.
    Se capiti a Montalcino, saremmo lieti di ospitarti per una degustazione.

    Adriano

  5. Ostia che svista Adriano! Ma l’età gioca brutti scherzi! Subito correggo nel pezzo. Però, contrariamente a quanto dici, e per fortuna, sulla ultima edizione della Guida (2009 appunto) il nome è corretto.
    ciao e grazie della lettura
    fernando

  6. Allora ho avuto anche io ho avuto una svista…il nome non era sbagliato nella Guida 2009, bensì 2008, li mi avete chiamato Andrea. Almeno iniziano tutti con la A!!

    Ciao e Grazie a te!

    Adriano

  7. Carissimo Fernando
    grazie per i tuoi giudizi sempre precisi e puntuali ;
    grazie soprattutto per riconoscere ai nostri vini personalita’ e carattere, caratteristiche che sono per noi finalita’ importantissime.
    Non posso che concordare sulla necessita’ di una profonda revisione tecnica dei disciplinari dei vini montalcinesi e di una riorganizzazione produttiva dell’intera area, necessarie proprio per far esprimere al massimo livello il sangiovese qui prodotto.
    Sperando che questo scambio di opinioni possa essere approfondito
    ti saluto cordialmente
    giancarlo pacenti

  8. Caro Giancarlo, ringrazio anche te della lettura ( così come altri produttori che hanno preferito scrivere una mail ( San Carlo, Stefano Cinelli, Francesco Leanza, Stella di Campalto, Olga Peluso….). Mi incuriosice una cosa: i tuoi auspici tirano in ballo ( diciamo sfiorano) un aspetto che io non tratto nel pezzo ( perché resta inglobato nel disilluso presupposto che ” certe marce indietro non si possono più fare”), vale a dire la riorganizzazione produttiva dell’intera area. Cosa intendi per riorganizzazione produttiva? la possibilità di rivedere i vari terroir e rileggerli in virtù di precise potenzialità? Oppure qualcosa d’altro che comunque porti a produrre meno Brunello?

    Fernando

  9. Ciao fernando. nel ringraziarti di quello che stai scrivendo in questi anni sul mio brunello,ti rinnovo l’invito per una tua visita in azienda.Ho mantenuto la promessa di darci del tu

  10. per Simone:… ed io non ho mantenuto la promessa di una visita! Provvederò quanto prima.
    fernando

  11. Caro Fernando
    molto sinteticamante
    6 mil. di btg di Brunello e altrettante di Rosso (volendo provocare un attimo io preferirei di Montalcino Doc )
    disciplinare del Brunello rivisto dal punto di vista tecnico in modo da permettere piu’ fedelta’ espressiva al sangiovese
    valorizzazione (e qui lasciami fare un piccolo appunto ai tuoi colleghi) di quella parte dei Rossi di Mont. che stanno esprimendo qualita’ molto elevata
    maggiore attenzione alle peculiarita’ di terroir (passami il termine) e di vigna (negli ultimi decenni non abbiamo adeguatamente considerato un patrimonio vegetale immenso che avevamo nelle vecchie vigne)
    a tua disposizione per continuare la chiacchierata davanti ad un buon bicchiere
    saluti
    giancarlo

  12. Non ci fa che piacere essere inseriti tra gli “inossidabili” produttori di quella meravigliosa terra che è Montalcino.
    Ringraziamo per la precisa e attenta descrizione del nostro 2004 che già rappresenta per noi un vero e proprio punto fermo.
    Un caro saluto

    Andrea

  13. Buonasera Fernando,
    ti ringrazio tanto per la tua considerazione e spero che molto presto tu possa onorarmi di una visita in cantina dove poter continuare un discorso di tutto rispetto per il Brunello di Montalcino e di tutto ciò che lo circonda.
    Un caloroso saluto
    Gioberto Zannoni

  14. La ringrazio molto delle sue parole-sensazioni che esprime sul nostro brunello 2004 e le rinnovo l’invito a visitarci per vedere come lavoriamo e capire la nostra “filosofia “. Per quello che riguarda l’invecchiamento concordo con lei,
    chi non è in grado di reggere è giusto che possa uscire prima con i suoi vini.Per quello che ci riguarda noi facciamo fare al nostro brunello tre anni di botte grande dai 25 ai 50 ettolitri,perchè il nostro vino per poter essere “addomesticato” ha bisogno di restare per così tanto tempo in botte.Spero di vederla presto da noi

    Simonetta Valiani

  15. Caro Fernando,ti ringraziamo per il tuo apprezzamento che ci lusinga.
    E’ sempre piacevole ed illuminante leggere le tue analisi.Complimenti.
    A presto,speriamo anche in cantina da noi.
    Con stima e simpatia.
    Matilde ed Achille

  16. A costo di sfibrare pazienze ( ma sono veramente felice delle attenzioni), ringrazio ancora gli importanti ed accreditati lettori. Last but not least Andrea Ciacci di Sesta, Gioberto Zannoni de La Fortuna, Simonetta de Le Chiuse, Matilde e Achille de Le Macioche. A presto a tutti loro.
    fernando

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