Uno, cento, mille Potentino!

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La stesura di questo pezzo così diverso mi ha scavato dentro. Perché mi ha fatto pensare al tempo che è passato da quando mi dilettavo a scrivere d’altro. A quando -ed erano i vent’anni- cominciai ad appassionarmi alle cause ambientali(ste) e a sostenere con convinzione che non c’era “verde senza rosso” (come ebbe a dire un giorno Mario Capanna, la mia icona politica di allora). All’orgoglio che sentivo nel poter scrivere in libertà di musica e cinema, o della mia amata beat generation, dentro a improbabili libelli della controcultura giovanile, uno dei quali lo chiamammo -con poca fantasia- Don Chisciotte (arrivò un po’ più in là del numero zero, una conquista!). A quando, timidissimo ch’è tutto dire, riuscii ad affrontare la piazza e a viverne gli aneliti, sentendola anche mia. Che entusiasmo però, anche nelle sconfitte! La stesura di questo pezzo così diverso mi fa capire quanto sono invecchiato. Abbandonare i panni della invettiva politico-sociale e dell’impegno per scrivere l’incanto della terra ( con impegno però!). O le intimità preziose di un vino. Oggi me ne sto fin troppo assorto ad ascoltare storie contadine. Ce ne sono tante che trasudano autenticità, ché quasi la penna fa fatica a trasmetterle. La loro esistenza però mi fa sperare che una strada diversa sia possibile, una strada che ponga al centro del suo progetto sociale la sacralità di una terra “liberata”. Ecco, in questo asserto ritrovo l’utopia di allora.

Apprendo oggi dell’ennesimo tentativo di sopraffazione. Di sopraffazione dell’uomo sulla terra. I signori del tempo e i padroni del vapore, nel frattempo, invocano l’assuefazione delle coscienze. Perché se il crimine contro l’ambiente diventa sistematico potrebbe sistematicamente generare indifferenza e disillusione. Proprio quello che ci vuole! Così, voci insistenti parlano di progetti faraonici e cementificati, di lussuosi resort con relative infrastrutture, a trasfigurare uno degli ultimi luoghi di Toscana che mi ha fatto riscoprire il significato della parola meraviglia. Da quando l’ho incontrato ho subito pensato: ma come fa ad esistere un posto così!? Perché è “troppo più” bello, è troppo oltre! E’ come “se dopo tanto amore ci fosse ancora cielo”, per dirla con le parole di un “musicista contadino” del nostro tempo. Ecco, mi ero persuaso che un posto così contribuisse significativamente al chimerico proposito di credere ancora – nonostante tutto- nella nobiltà dell’animo umano: cioè che nessuno sguardo di nessun uomo che si fosse posato su quell’orizzonte di bellezza avrebbe potuto mai trasmettere al cervello l’idea che quel posto avesse bisogno d’altro. Perché quel posto, che poi si chiama Potentino, è ricchezza e nutrimento allo stato puro, senza bisogno di stravolgimenti. La autorità locali, oggi, possono deciderne le sorti e scegliere fra scempio e lungimiranza. Fra vita e morte.

Potentino è una valle incantata a un tiro di schioppo dalla pedemontana Seggiano, una delle culle più care all’olivo. Posta alle pendici del “sacro monte” Amiata, in provincia di Grosseto, è dominata da un’opera d’arte architettonica di assoluto valore come il millenario Castello di Potentino, riportato a nuova vita da due donne inglesi “pazze scatenate” e piene di idealità, Sally Greene e Charlotte Horton, ospitali castellane, emerite vignaiole e apprezzate oliandole. Intorno a quella meraviglia c’è una natura incontaminata che ti urla in silenzio tutta la bellezza di cui è capace, lì dove anche le pietre sanno raccontare storie bellissime e antiche. Se vi capita di visitare il piccolo borgo arroccato di Montegiovi, affacciatevi dalle sue terrazze e potrete osservare dall’alto quell’incanto, per rendervi conto di cosa la natura ci abbia regalato senza nulla chiedere in cambio. Di più, camminate i sentieri che si addentrano nella valle. Capirete che è già tutto lì.

Qualche anno fa ebbi a scrivere che: Potentino è dove si rimuovono incrostazioni, è dove il tempo scorre lento e maestro. A Potentino il silenzio è d’oro, i vini complici e affettuosi, le amicizie canterine. Da Potentino in poi le penne hanno ritrovato parole da scrivere, i viandanti da viaggiare, gli innamorati da innamorare”.

Nella mia ingenuità di allora (assolutamente immutata) mai avrei pensato che Potentino potesse costituire la mira ambita di progetti speculativi. Perché Potentino mi aveva illuso circa le qualità dell’animo umano, mi aveva illuso sulla vittoria del buon senso. Pensa un po’ te la potenza evocativa di quel posto! Oggi che scrivo questo pezzo così diverso non so a che punto stanno. Se le decisioni sono irrevocabili o se, come credo e spero, alla fine della fiera non se ne farà più niente e Potentino potrà ambire a vivere in pace altri mille anni. E se da un lato comprendo fino in fondo la mia incapacità di fare alcunché, ritrovo d’incanto lo spirito di allora per sfoderare volentieri ciò che da troppo tempo non gridavo più: UNO, CENTO, MILLE POTENTINO!

FERNANDO PARDINI

4 COMMENTS

  1. come non essere d’accordo con Fernando?! Chi conosce il Potentino e le sue castellane, no può più dimenticarlo!!! E guai a chi si permetterà di toccare il paradiso che lo circonda!!!

  2. Quando si parla di “governabilità” e si cita la legge elettorale per l’elezione diretta dei sindaci come esempio da seguire, ci si dovrebbe rendere conto che mettere tutto il potere in mano a poche persone, se non a una, non è proprio un bell’esempio di democrazia. Se è infatti vero che un tiranno illuminato può far bene, è più vero l’opposto, che podestà mediocri possono fare enormi danni! Ogni riferimento a detto sindaco è naturalmente causale…

  3. Come tutte le risorse anche quella ambientale è limitata e quella agronomica ancora di più ( ogni anno perdiamo in Italia 150 .000 ha ovvero quasi come la superficie coltivata nella provincia di Asti). Se non invertiamo questa assurda tendenza faremo la fine della Spagna dove per vendere le case sul mare ti fanno vedere la foto di 10-12 anni fa quando da quella casa si vedeva il mare e non le file di palazzi davanti……

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