GoWine e i vini del Veneto a Milano

1
11821

MILANO – Dopo le trepidazioni delle vendemmie e delle vinificazioni, il mondo del vino torna a presentarsi al pubblico. C’è davvero l’imbarazzo della scelta per chi ha voglia di conoscere denominazioni e produttori. Resta importante quindi decidere prima quali eventi scegliere, non si può rischiare il coma etilico! Per chi vuole unire al piacere della degustazione libera un fondo teorico e di informazioni di spessore, sono ideali le manifestazioni come quella organizzata a Milano da GoWine il 23 novembre scorso. Si è trattato dell’ultima degustazione dell’anno per i soci di GoWine, e, nella cornice dell’hotel Westin Palace, sono stati portati alla ribalta i vini del Veneto. Una bella impresa, perché si tratta di una regione ricchissima di vini. Sia a livello quantitativo, sia qualitativo, e anche sotto il profilo del numero di vitigni, denominazioni, territori e sfaccettature. Ben indovinata quindi la scelta di chiedere a un esperto degustatore e ottimo “narratore” di vino come Massimo Zanichelli di condurre due degustazioni guidate, una dedicata ai vini bianchi e una ai vini rossi.

Angelo Peretti, che conduceva insieme a Zanichelli la conferenza introduttiva, ha sottolineato che il vino veneto va letto in chiave anche sociale; bisogna comprendere la storia degli agricoltori veneti, che dalla fame hanno saputo sollevarsi grazie al metodo del “distretto”, ossia facendo sistema in microzone, puntando a creare prima una riconoscibile identità di denominazione, e solo all’interno di quella, creando la notorietà delle varie aziende. Individualismo e senso del distretto; a volte, come ha sottolineato Zanichelli, in una bottiglia non c’è l’idea di quanto lavoro possa esserci dietro a un vino. Basta pensare al prosecco, piacevolissimo e associato ad un’idea di leggerezza, disimpegno, semplicità: eppure è frutto di una viticoltura eroica in terreni spesso impervi. Tre i grandi motori del veneto vinoso: il Prosecco, il Soave (con una produzione numericamente elevatissima, e al tempo stesso con vette qualitative eccezionali), la Valpolicella (con i grandi Amarone, Ripasso e Valpolicella rosso). E insieme ai tre grandi distretti, una batteria di splendide denominazioni, dal Breganze, ai Colli Berici e Colli Euganei, il Garda dei Bardolino e del Custoza…

Ecco che in questo mare magnum le degustazioni condotte da Massimo Zanichelli hanno dato un valido supporto introduttivo ai vini della regione.

Le degustazioni guidate da Massimo Zanichelli

I grandi bianchi del Veneto

Prosecco Superiore Extra dry Vigneti del Fol 2009 – Bisol
Questo vino DOCG (la denominazione garantita è in vigore dal 2009) proviene dalla zona Del fol, che si distingue per le arenarie che danno sapidità ai vini. Questo Extra Dry (17-18 grammi al litro di zucchero), si presenta al naso con note di banana. È un vino spensierato, morbido, davvero piacevole.

Prosecco Pas Dosé Sc 1931 Millesimato 2008 – Bellenda
Questo è un prosecco più complesso, anche perché viene spumantizzato con metodo classico anziché con l’autoclave. Proviene dalla zona di Conegliano, frazione Carpesica. Colore paglierino intenso che testimonia il passaggio in legno per la prima fermentazione, ha un naso caldo e vanigliato, mentre in bocca è importante, e sui toni morbidi fa emergere con decisione le componenti di acidità e sapidità.

Soave Danieli 2009 – Fattori
Un Soave dalla zona di Roncà (la parte più orientale del Soave), caratterizzata da terreni di origine vulcanica. Da uve 100% garganega, affinato senza uso di legno, si presenta paglierino pieno alla vista, con naso ricco di sensazioni fruttate come la susina e la pesca. Di buon equilibrio e piacevolezza, molto bevibile.

Soave Calvarino 2008 – Leonildo Pieropan
È un soave proveniente dalla zona classica, e specificamente dal cru Calvarino, uno dei più importanti della denominazione. I vitigni impiegati sono garganega al 70% e trebbiano al 30%. Il colore è paglierino intenso, si presenta al naso fine e minerale, entra in bocca discreto ma con gran classe, non imponente ma lungo, suadente, con sensazioni retronasali interminabili su note minerali. Anche questo vino non fa passaggi in legno e rivela nella finezza il suo essere un fuoriclasse. Col tempo nel bicchiere continua ad evolvere, si fa caldo e avvolgente, quasi da meditazione.

Breganze Vespaiolo Superiore Vignasilan 2007 – Vignaioli Contra’ Soarda
Se il vespaiolo è solito dare vini freschi, facili e un po’ spigolosi, o, nella sua versione passita, il celebre torcolato, in questo caso la cantina Contra’ Soarda (Bassano del Grappa) ha tentato, da due anni a questa parte, di produrne una versione più impegnativa. Il vino, dopo una lunga sosta sui lieviti, sfoggia un naso minerale, in bocca si apre ampio, succoso, e al tempo stesso caldo. Nel lungo finale, con sensazioni di agrume candito, l’alta acidità stimola la salivazione e lo rende penetrante. Risalta la straordinaria compresenza tra grassezza dovuta alla piena maturazione e la grande acidità.

Colli Euganei Fior d’arancio Passito Vigna del Pozzo 2008 – Il Mottolo (12% alc.)
Nei Colli Euganei si trovano due varietà di moscato: il moscato bianco, più fine, che qui viene tradizionalmente vinificato secco, e il fior d’arancio, una varietà di moscato giallo che si distingue per l’esuberanza e la minore finezza rispetto all’altro. Il moscato giallo viene usato principalmente passito. Trasparente dai riflessi aranciati, ha un naso caldo e dolce, che richiama alla frutta secca, pesche candite, una lieve e sorprendente nota di zenzero. In bocca è denso, grasso, quasi masticabile e sapido.

Passito Corte Durlo 2003 – Ca’ Rugate (13% alc.)
Questo vino straordinario si rifà alla tipologia (rarissima) del vin santo di Brognoligo, ossia una tipologia di vino ossidativo tradizionale di Monteforte d’Alpone. Il vin santo di Brognoligo è un vino che viene prodotto in piccolissime quantità, a livello familiare e per questo non viene quasi mai commercializzato, ma conservato gelosamente dai paesani per le occasioni più importanti. Si ottiene da uve garganega, vinificato in botti scolme (in cui nasce la fioretta), poi sigillato alla maniera toscana in piccole botti e riaperto dopo 6 anni. Questo Corte Durlo ha un naso incredibile, in cui si alternano l’uva passa, la crema, la noce, sensazioni ossidative e una giostra di altri richiami. In bocca è piccante grazie a una bella acidità, è denso, anzi viscoso, dolce (siamo intorno ai 200 grammi di zucchero per litro) ma bilanciatissimo e lungo. Nel bicchiere riaffiorano note di fichi e zabaione, classiche nei vini ossidativi, e il calore che si sprigiona ad esempio dall’uva passa fatta rinvenire nel rum. Un vino da ricordare.

I grandi rossi del Veneto
La degustazione dei rossi inizia con un distico di vini “nervosi”: un raboso del Piave e un rosso dei colli di Conegliano:

Piave Raboso Riserva Notti di Luna Piena 2005 – Ca’ di Raio
Il raboso è un vitigno della zona del Piave, quindi di pianura, ha un carattere assai spigoloso, con esiti di solito caratterizzati da elevata acidità e tannini molto in rilievo. Alcune cantine stanno cercando di “addomesticarlo” ad esempio con parziali appassimenti delle uve, per dargli una maggiore rotondità, come è il caso di Ca’ Rugate, che da questo raboso riserva trae un vino dal rubino vivo e trasparente, dotato di naso scattante, nervoso, con nuances fumé che ricordano il caucciù. In bocca la nervosità del vino si ritrova nell’acidità ben evidente, che stimola la salivazione. Bello il bilanciamento tra frutto e acidità, un vino senza dubbio “gastronomico”, che dà il meglio di sé in abbinamento al cibo, grazie alla sua capacità di sgrassare la bocca.

Rambaldo VIII 2005 – Conte Collalto
Dalla zona di San Salvatore, nei colli di Conegliano, è un uvaggio bordolese con saldo di refosco. Tipico della zona di Conegliano, dove i vitigni bordolesi sono attestati fin dal 1870, e danno origine a vini che non si sviluppano in chiave vegetale, ma in chiave più morbida ed elegante. Questo Rambaldo si presenta rubino intenso, morbido al naso, e con una sensazione di dolcezza in bocca. Caldo e dal tannino fine, bel frutto ed un finale che rimanda a sensazioni “mature” e avvolgenti.

Segue un “dialogo” tra i Colli Berici e i Colli Euganei: entrambi di natura vulcanica, danno ai loro vini un carattere minerale e sapido; più a nord i Colli Euganei, più a sud e leggermente più caldi i Berici, con una netta prevalenza di vitigni bordolesi, acclimatati da molto tempo. Si tratta di piccole realtà all’interno del mare di vino veneto: i primi producono il 2,5% del vino regionale, i secondi arrivano al 4% (basti dire che la Valpoliccella arriva al 18% della produzione regionale e il Soave al 25%).

Colli Berici Cabernet Vigneto Pozzare 2007 – Piovene Porto Godi
Da cabernet sauvignon e cabernet franc, si presenta rubino pieno, con unghia leggera e sfumata; al naso appare nervoso, con richiami al cuoio. In bocca è sapido, caldo, con un tannino in bella evidenza, che conferma la “nervosità” accennata al naso. È vivace, rinfrescante, appagante, fine e piacevole.

Colli Euganei Rosso Arquà 2007 – Vignalta
Rubino intenso ma non chiuso, al naso ha accenti di liquirizia su uno sfondo fruttato. La bocca è scattante e fruttatissima, con una sensazione di piena maturità, ed anche il tannino ha una bella evidenza.

Colli Euganei Cabernet Sauvignon Ireneo 2007 – La Montecchia-Capodilista
Anche questo bicchiere è rubino pieno e trasparente, ma al naso si propone con note calde e fruttate. Bocca (dopo un po’ di attesa) di buona progressione, che si sviluppa su note sapide e piccanti. Rispetto al precedente vino è senza dubbio più “maturo”.

Valpolicella Classico Superiore 2007 – Terre di Leone
Dalla zona classica della Valpolicella, nella vallata di Marano, questo vino nasce da uve Corvina, Rondinone e Molinara. Il rubino è pieno e al naso si fa notare per note di radice di china, erbe officinali secche; in bocca incede calmo e maturo, si percepisce una leggera nota di appassimento. È lungo, sapido, caldo ma non stucchevole.

Amarone della Valpolicella Classico 2004 – Zymé
Esce dopo un lungo affinamento, e nel bicchiere è rubino vivissimo, senza nessun segno di evoluzione per l’età. Al naso è avvolgente, ma al tempo stesso non perde la freschezza. Su una bocca caratterizzata da un tannino elegante (ma solido), affiorano lievissime note di cioccolato e fruttate, fino a un lunghissimo finale sostenuto da una sapidità che sorprende. Se al naso colpisce il fatto che non siano presenti i classici sentori di surmaturazione, alla prova della beva stupisce ancor più per questa nota sapida e per la lunghezza notevolissima.

Le degustazioni libere

L’evento orgnizzato da GoWine non si limitava alle degustazioni guidate; in una grande sala del Westin Palace erano presenti trenta produttori, da tutte le zone della regione. Uno splendido imbarazzo, quello di scegliere i vini da assaggiare in degustazione libera. Ecco solo alcune suggestioni, meno descrittive e più emozionali, ricavate da alcuni incontri.

Un incontro piacevolissimo è stato quello con l’azienda Ca’ Rugate. Dopo avere assaggiato il loro vin santo di Brognoligo era d’obbligo conoscere gli altri vini aziendali, partendo dalle basi. E che basi! Ca’ Rugate, con sede a Montecchia di Crosara, è una delle aziende più in vista nel campo del Soave Classico. Ecco quindi che il loro vino d’attacco, il Soave Classico San Michele 2009 (12% alc., garganega in purezza) dà subito l’idea dell’approccio aziendale al vino. Consistente, profumato, ben presente al palato, in poche parole un ottimo soave, non pesante e dall’ottimo equilibrio. Un trampolino di lancio per il cru Monte Fiorentine, garganega al 100% da vigne di 40 anni. L’annata 2009 (12,5% di alcol) stupisce per i suoi tratti giovanili; al naso è floreale e fruttato, ma ha senza dubbio bisogno di tempo per esprimersi ai livelli altissimi abituali, segno della potenzialità di invecchiamento di questo vitigno. Un vino di classe indubbia, da nascondere in cantina. Molto interessante il Metodo classico brut Fulvio Beo, sempre da garganega 100%. Di primo acchito lascia interdetti coloro che vi cercano morbidezze e sinuosità. È invece un brut molto “gastronomico”, da pasto, con lievi e rinfrescanti note amarognole, e una notevole persistenza gustativa. Belle sensazioni anche dai rossi, con il Valpolicella Superiore Ripasso (da uve 40% corvina, 30% Corvinone e 30% Rondinella), molto bevibile, e il più complesso Valpolicella Superiore Campo Lavei 2008 (stesso uvaggio del Ripasso, ma affinato in botte piccola). Il 40% delle uve in questo vino viene appassita, ma il risultato non è un vino etereo. L’alcol c’è (14%), ma sia al naso sia in bocca questo Campo Lavei è discreto e signorile, più chiuso rispetto al Ripasso. Ha uno sviluppo sereno, senza eccessi di frutto o di alcolicità, con un tannino consistente che si fa vivo sul finale.

Ecco poi Bisol,  una certezza nel campo del prosecco, con alcune novità come il NoSO2, ovvero un prosecco dalla zona Santo Stefano in Valdobbiadene in cui non viene aggiunta solforosa (la bottiglia è rivestita da uno strato d’alluminio per non far filtrare luce nel vino), che si rivela ricco e complesso, con una bocca più secca rispetto allo standard dei normali prosecco. Non cede alla eccessiva facilità anche il Desiderio Jeio rosé (da pinot nero e merlot). Classico e piacevole il Desiderio Jeio, da uve 90% glera con un saldo di verdisio. Fruttatissimo, lungo e ricco invece il Cartizze Dry.

Devo infine all’amico Alessandro Marra, blogger di Stralci di Vite la dritta che mi ha portato a conoscere i vini fuori dagli schemi dell’azienda Sandro De Bruno. Con sede a Montecchio di Crosara, nella zona del Soave, ha vigneti sulle pendici del monte Calvarina (da non confondere con il cru Calvarino, sempre nel Soave), con altitudini che partono da 150 e arrivano a 600 metri. I terreni, di natura prettamente vulcanica, donano a questi vini la quintessenza della mineralità. Qui non si trova l’eleganza e la finezza floreale dei soave di più basse quote, ma la mineralità e la nervosità di vini di montagna a tutti gli effetti. Sandro Tasoniero, vignaiolo schietto e diretto, ha saputo infondere nei suoi vini uno stile ben riconoscibile in tutta la vasta gamma aziendale. Vini insoliti, come il Monti Lessini Durello 2008 (13%), da uve durella a 400 metri di altitudine, macerate sulle bucce per 12 ore. Un vino “pensoso”, finissimo. Esplosivo invece il Monti Lessini Bianco Superiore Monte Calvarina, da uve 60% chardonnay e 40% pinot grigio (14,5% di alcol), o ancora, il Metodo Classico Brut da uve durella, un brut particolarissimo, minerale e dalla sapidità estrema. Affinato per 20 mesi sui lieviti, è dotato di una persistenza al palato sorprendente. Un metodo classico che non teme l’abbinamento con i salumi più grassi e complessi. Il finale è ancora in crescendo, con un Recioto di Soave da ricordare (100% garganega, 13,5% alcolici). Color dorato-aranciato, al naso richiama all’istante l’arancia candita, l’albicocca, la mandorla, il caffè. Armonico, non banale né stucchevole, colpisce per l’immediatezza e la lunghezza con cui si impone al palato, e continua a regalare rimandi sensoriali. Un vino splendido.

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here