Tanto e tanto giustamente si scrive e si legge sulla materia vino, a partire dalla nascita in vigna ed in cantina e poi nelle fasi successive all’imbottigliamento, per tracciare profili, delineare caratteristiche e descriverle ad appassionati e potenziali fruitori. Meno indagato appare essere invece quel mondo, pure affascinante e per certi versi misterioso, che guida i passaggi delle bottiglie fino alle case, negli scaffali delle enoteche o nelle cantine dei ristoranti, in Italia o all’estero. Eppure anche lì si giocano le sorti del produttore, che estrae con gesti sapienti il liquido che poi viene degustato, descritto, giudicato, dibattuto, ma che deve trovare in esso una fonte di sostentamento e di reddito.
Eppure, su quei passaggi, cala di solito come una coltre di nebbia nella quale penetrano pochi eletti o “addetti ai lavori”, magari ammiccando a questo o quel personaggio, o a queste o quelle gesta commerciali. Invece, dato che l’agroalimentare (ed il vino in prima linea) è uno dei motori dell’economia italiana, sarebbe bello poter fare uno studio approfondito sulle strategie, sui diversi approcci e metodi di chi il vino, poi, va in giro a venderlo. E forse, complice il momento di crisi, qualcosa sta cambiando. Ultimamente si percepisce una maggiore voglia di trasparenza, soprattutto da parte di quello strumento fondamentale del mercato che sono le distribuzioni. Voglia di trasparenza e anche di visibilità, visto che sempre di più e meglio organizzati sono gli eventi volti a far conoscere i prodotti delle proprie aziende. Bene così. E ad Heres, una delle più importanti case di distribuzione italiane, con sede a Terranuova Bracciolini (Arezzo), hanno deciso che la trasparenza è una caratteristica positiva.
“Tu non venderai una bottiglia di vino!” mi ammonì Giorgio Pinchiorri“, dice scherzando Cesare Turini, amministratore delegato (o Ceo che dir si voglia) di Heres. Ma non ebbe ragione. “Quello che vogliamo fare ora è renderci più nazionali, aumentando la nostra presenza per esempio in Valpolicella e in Campania, ma senza cadere nella trappola del “collezionismo” di aziende”.
Uno che descrive bene il concetto di trasparenza è Luca Sanjust, Tenuta di Petrolo, cantina di Mercatale Valdarno dai piccoli numeri e autrice di due vini celebri, Galatrona e Torrione, una presenza ormai storica. Studi musicali, artista (come del resto sua moglie, bravissima pittrice), spiega in maniera molto semplice che non ce la farebbe mai con la vendita diretta, ma gli è necessario lo stesso un feedback da parte del cliente. Insomma, vuole sapere a chi va il suo vino e che giudizi se ne danno. E invece, dopo una partenza con la gloriosa Selezione Fattorie di Silvano Formigli, è passato per esperienze meno soddisfacenti, perché caratterizzate da una certa opacità quasi “omertosa”.
Da segnalare nuove importanti acquisizioni, entrambe in sintonia con la voglia di classicità che ormai non è più una novità fra gli appassionati: Gianfranco Soldera, uno dei miti di Montalcino (pare arrivato alla firma del contratto di esclusiva nazionale con una schiera di avvocati), che rivaleggerà con Piero Palmucci di Poggio di Sotto, altro gigante del Brunello. E l’azienda di Sebastiano De Bartoli, del cui grandissimo padre Marco, vero profeta del vero Marsala, abbiamo pianto recentemente la scomparsa.
Nelle foto: Sebastiano De Bartoli, Cesare Turini, Luca Sanjust, Marc De Grazia; Luca Sanjust; Sebastiano De Bartoli e Marc De Grazia a Prato in occasione del consueto raduno delle aziende Heres, il 6 e 7 marzo 2011
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