Teoria economica per i giorni nostri

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Nonostante abbiamo al Governo professori e luminari di economia non mi sembra che la materia sia tanto chiara al cittadino comune né che chi ci governa ne tenga conto più di tanto. Nel vecchio ordinamento della facoltà di Agraria vi era un bel nutrito gruppo di esami di materia economica ai quali presiedevano economisti di chiara fama. Così anch’io ho imparato qualcosa e vorrei condividerla con i nostri lettori per offrire degli strumenti di lettura della attuale situazione particolarmente nel settore agricolo.

La domanda e l’offerta ovvero della formazione del prezzo

Secondo la teoria neoclassica che impera ancora nel nostro mondo economico, nonostante le puntualizzazioni di altri economisti successivi,  la formazione del prezzo di un bene dipende  dalle dinamiche di incontro tra domanda ed offerta. Facciamo un esempio.

Mario vuole compare un litro di benzina; la benzina costa 2 euro al litro (per ora!) .
La quantità di benzina che il povero Mario potrà acquistare e vincolata da due fattori:
– il reddito di Mario
– l’utilità marginale che ricava dal bene

Il primo pone un limite assoluto all’acquisto del bene, a meno che Mario non voglia indebitarsi (cosa che qui non prendiamo in considerazione per semplicità);

il secondo è legato alla necessità che Mario ha di acquistare quel bene (magari per andare a lavorare). Se fossimo in un mercato libero ideale la formazione del prezzo dipenderebbe dalla quantità di offerta del bene stesso e dalla domanda espressa da tutti i Mario del mercato.

L’incontro tra domanda e offerta formerebbe il prezzo del bene dove il prezzo minimo è stabilito dai costi di produzione del bene stesso e il prezzo massimo dal volume della domanda del bene. Si perché questa teoria si applica ai beni ” scarsi” e non in regime di monopolio.

Allora, sempre in teoria avremmo che ad una flessione della domanda si ha di conseguenza una flessione del prezzo dato che il punto di incontro si posiziona ad un livello più basso nella figura 1.

Questo dovrebbe portare a un riassestamento verso il basso dei prezzi e ad una successiva ripresa della domanda sempre considerando stabile il salario di Mario. D’altro canto se la domanda continua a calare le diverse aziende produttrici del bene in questione vedranno ridurre progressivamente il proprio utile e usciranno progressivamente dal mercato quando il prezzo di vendita non coprirà più i costi di produzione.

In questo equilibrio teorico l’efficienza  del sistema produttivo e la libertà del consumatore sono alla base della formazione del prezzo.

Nel mondo reale Mario invece per acquistare la sua benzina si trova davanti a due fondamentali storture del mercato :

1) il prezzo della benzina non dipende dalla domanda se non in minima parte perché è gravato da tasse che superano di gran lunga il costo di produzione del bene

2) il suo reddito cala progressivamente sempre a causa delle tasse sia per l’inflazione che determina una perdita del suo potere di acquisto.

Come si comporterà Mario in questo caso?

L’unica cosa che potrà fare Mario, dato che la sua capacità di spesa diminuisce e il bene gli serve, sarà di  aumentare il valore marginale del bene ovvero ridurre i consumi. Quindi Mario consuma meno benzina perché ha meno soldi ma in questo modo dovrebbe stimolare la diminuzione del prezzo del bene, ma questo non avviene dato che lo stato trae dalla tassazione di questo bene la sua fonte di sostentamento e siccome lo stato non si vuole “ridurre lo stipendio”, mentre lo riduce a Mario, per avere lo stesso gettito aumenterà le tasse sul bene aumentando quindi il costo della benzina ben sapendo che  la benzina , come il gasolio, sono divenuti beni primari e quindi all’aumentare del prezzo la diminuzione dei consumi sarà meno che proporzionale. Ma la spirale è destinata ad avvitarsi dato che la riduzione dei consumi è generale e il povero Mario costretto a comprare per forza la benzina per andare al lavoro ridurrà ogni altra spesa possibile finanche l’agroalimentare.

E qui veniamo al settore agricolo; è vero che si tratta di un settore primario e quindi la dinamica dei consumi si comporta più come per la benzina che come quella dei profumi, ma è vero anche che nell’agroalimentare si è puntato molto sul prodotto di nicchia con prezzi alti e valore aggiunto elevato e qui è caduta la forbice del povero Mario che non compra più vino a prezzi sopra i 3 euro, formaggi e salumi di qualità ecc. ecc. Ma anche questo ha risvolti sull’economia perché anche da questo settore trae origine una fetta di contributi statali, regionali ecc.

Il vero problema alla fine sarà la fine che farà Mario: fino a che punto riuscirà a tirare la cinghia e pagare uno stato che non ha intenzione di ridurre le proprie spese? Ma soprattutto, se i salari di Mario non aumentano come potrà sostenere un continuo aumento dei costi? La risposta ce la dà ancora una volta l’economia:  Mario ridurrà le spese fin che potrà ma questo genererà un diminuzione del gettito dello Stato che a sua volta aumenterà le tasse in una spirale purtroppo già vista.

La soluzione pare non essere neanche considerata da chi ci governa: se Mario non può lavorare di più non guadagna di più e il gettito dello stato non può aumentare…. ma questo i nostri professori sembrano ignorarlo.

Lamberto Tosi

4 COMMENTS

  1. Diciamo che ragionare di teorie economiche partendo dal prezzo della benzina rischia di essere ulteriormente difficile, per vari motivi:
    -il carburante e’ un bene che ha disponibilita’ limitata, e viene prodotto da pochi, in un regime di produzione regolato da un cartello di paesi produttori (opec) che decidono di fatto il prezzo, aumentandone o diminuendone la produzione a loro piacimento
    -si tratta di un bene non sostuibile o difficilmente sostituibile con altri, perche’ in fine si tratta di energia, che e’ indispensabile per tutto. Del vino si puo’ fare a meno, dell’energia no.
    I problemi dell’Italia di oggi non sono dovuti alle alte tasse, quelle semmai sono una conseguenza. I problemi dell’Italia sono:
    -un debito pubblico tra i piu’ alti del mondo, creato sopratutto a partire dagli anni 80 da una classe politica che si e’ comperata il consenso scaricandolo sulle spalle delle generazioni future: noi.
    -un paese dalla produttivita e competitivita bassissima, che non cresce da decine di anni
    -un tasso di evasione fiscale e di corruzione sconosciuto negli altri paesi avanzati

  2. Si Giampaolo, l’articolo era volutamente limitato ad un approccio divulgativo e non voleva toccare argomenti di macroeconomia e di economia politica che ci porterebbero troppo lontano ( perché in Italia quasi tute le merci viaggiano su gomma?), ma in parte comunque mi pare di trovare convergenza su alcune questioni:
    1) L’aumento delle tasse comprime i consumi e questo è ovvio se esse sono una componente di un prezzo finale
    2) La benzina come il pane sono beni a domanda rigida nel breve periodo ovvero nonostante l’aumento dei prezzi il loro consumo cala poco. Oltretutto la componente costo della materia prima sulla benzina/ gasolio è bassa rispetto alla tassazione applicata; ieri in Germania il gasolio costava 1,480 alla pompa ovvero 25 centesimi meno che da noi un bel risparmio direi per il consumatore!
    3) Anche tu parli di bassa crescita come dico io alla fine.
    4) che l’evasione fiscale sia una realtà non c’è dubbio ma non vorrei che fosse anche un alibi ( aspettandoci risultati eclatanti che potrebbero non venire data la difficoltà oggettiva degli accertamenti e la reale riduzione delle entrate di bar ristoranti ecc.) per non fare tutto quello che è possibile per riattivare il mercato e la nostra agricoltura.

  3. Avete ragione entrambi. Sono daccordo che il debito pubblico è nodale specialmente se il fatturato (pil) non cresce, ma come dice Lamberto se non diminuiamo lo stipendio dello stato non andiamo da nessuna parte. Cosa si può fare anche rapidamente:- Sfoltiamo le province se non vogliamo eliminarle, tagliamo le aziende pubbliche e dove non possibile accorpiamole (quanti consigli di amministrazione si eliminerebbe, quanti incarichi multipli si eliminerebbe). Un altra limatura va data alle pensioni. Mettiamo dei limiti massimi oltre i quali si darà la pensione a chi è in grado di dimostrare di aver versato adeguati contributi come usano fare tutte le assicurrazioni private. Vendiamo parte del demanio (stabilimeti balneari ecc.).
    Dobbiamo abbattere il debito e lo “stipendio ” dello stato.
    Stefano

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