Ad accoglierci in cantina è stato Luca – coadiuvato da Paolo Valdastri, stavolta in qualità di organizzatore dell’incontro – il quale ci ha introdotto alla filosofia e alle prospettive dell’azienda: dalla priorità iniziale del prodotto in senso stretto, ovvero il lavoro in vigna e cantina, sono giunti al momento di dedicarsi anche alla struttura vera e propria e così ci è stato presentato il progetto della nuova bellissima cantina, ecocompatibile e alimentata ad energia pulita, i cui lavori dovrebbero iniziare a primavera. La cantina nuova si è resa necessaria per l’aumento di produzione sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo; man mano che le vigne sono “invecchiate” le uve talora hanno cambiato destinazione: a volte sono servite per il blend di vini più importanti, in altri casi sono state vinificate in purezza dando origine a nuove etichette. In tutto questo progredire non sono mancate prove “estreme”, partendo anche da filari sperimentali, con micro vinificazioni di vitigni vari da terreni ed esposizioni differenti per intuire il percorso migliore da seguire.
Proprio da un esperimento abbiamo iniziato le degustazioni (a breve ne seguirà l’imbottigliamento ufficiale) partendo con una “bollicina” a base di gros manseng. Mancava un vino di tale specie per completare la gamma, lo stesso Luca, inoltre, ci ha confessato di essere un grande appassionato della tipologia e come tale doveva provarci. Certo non sono in terra di grandi spumanti e quindi molto onestamente hanno cercato di proporre un vino da aperitivo, senza la pretesa di confrontarsi con i noti Franciacorta (almeno per il momento…).
Quindi siamo saliti alla barricaia che attualmente si trova in altra sede, quelle che erano antiche cantine, per alcuni assaggi da botte: La Regola 2011 con due mesi ancora di botte e un anno di affinamento da fare denota già un frutto piacevole e un vegetale corretto, molto buona la qualità dei tannini. A proposito del nome tanti si domandano: “…ma la regola de che?” Ebbene il nome è il toponimo della collina dove è stata piantata la prima vigna dal bisnonno di Luca e Flavio e da cui l’azienda ha preso il nome; il perché la collina sia stata chiamata così rimane un mistero. Interessante il Beloro 2011, sangiovese in purezza, atipico nel colore scuro, evidenzia una nota tostata particolare, quasi bruciata, dovuta al tonneaux; in bocca bella sapidità e tannini ancora aggressivi. Poi un’anteprima di un cabernet “particolare” (per loro definizione) del 2011, di cui è prevista un’etichetta nuova, che si differenzia dal varietale tipico di questo vitigno per un erbaceo più contenuto, profumi più carnosi e note mentolate. Il balsamico torna anche nella bocca polposa, finale leggermente speziato e tannini ancora, ovviamente, da smussare.
Lauro 2009: da uve viognier (70%) e chardonnay sfoggia un bel giallo carico, si apre ampio su note di mela matura e burrose da legno per proseguire con un lieve floreale e sentori agrumati di pompelmo rosa e ricordi di mandarino. Corrispondente in bocca e vellutato, non si prodiga in lunghezza come ci si potrebbe aspettare.
Vallino 2008: blend di cabernet sauvignon (85%), sangiovese (10%) e resto syrah, affinato 12 mesi in barrique di rovere. Un vino mirato ad incontrare il gusto più ampio: metti un po’ di frutta rossa, un po’ di vegetale con sfumature anche balsamiche, un po’ di speziatura e sentori tipici del rovere, aggiungi una bocca equilibrata dalla giusta sapidità, tannini buoni, media persistenza ed ecco pronto un vino “user friendly”.
Beloro 2006: per questo sangiovese in purezza l’affinamento avviene in botti grandi di rovere (5hl). Come dicevo risulta atipico nel colore più scuro di quello chiantigiano, ma non è il solo tratto caratteristico. Il naso non è particolarmente potente ma variegato, netta la frutta rossa e la visciola su sentori di humus e cuoio; in bocca è austero, elegante nei tannini e dalla accentuata sapidità, un salino che fa ricordare il mare vicino. Sempre presente il “marchio” di fabbrica.
Strido 2008: merlot in purezza che si affina per ben 14 mesi in barrique di vario passaggio e 6 mesi in cemento prima di essere imbottigliato. E’ l’altro vino di punta dell’azienda ma sebbene sia tutto al “posto giusto” lo trovo piuttosto monocorde, una buona freschezza balsamica e di liquerizia non riesce ad alleggerirne opportunamente il peso. Detto questo con i pecorini della zona c’è andato alla grande.
Il tour è proseguito il giorno dopo per la città di Volterra approfittando della manifestazione Volterragusto, uno dei migliori eventi per la promozione delle specialità del territorio della Val di Cornia. E’ stato interessante girovagare per le vie del magnifico centro storico potendo anche assaggiare e acquistare, all’interno di corti e palazzi storici usati per l’occasione, quanto di meglio questa parte della toscana offre ad una enogastronomia di livello che ci viene riconosciuta in tutto il mondo. Una lauta “merenda” presso lo storico Ristorante Don Beta con i vini base dell’azienda ha chiuso degnamente la visita.