Le degustazioni alla cieca mi hanno sempre affascinato, divertito e, dal canto loro, sempre riservato delle interessantissime sorprese; ahimè più di una volta mi è toccato vedere il “re nudo” (ma la regina mai?). A sviscerare l’essenza nei bicchieri rischiando la reputazione sono stati Fabio Pracchia, caporedattore della guida Slowine di Slow Food, e Riccardo Margheri collaboratore della guida Vinibuoni d’Italia del Touring Club. Fabio ha introdotto la degustazione con alcune riflessioni sulla costa toscana partendo dai numeri della sua guida che hanno evidenziato una situazione non molto rosea, essenzialmente dovuta all’espansione troppo veloce causata dalla corsa agli acquisti di terreni e cantine, dalle zone di Bolgheri in giù, da parte di imprenditori e produttori di tutta Italia. Ma per fare un buon vino non basta il terroir, per trovare la giusta accoppiata vitigno-terreno richiede tempo per sperimentare e poi anche le vigne hanno bisogno dei loro anni per donare frutti degni di un vino ambizioso. Riccardo ha invece sottolineato come oggi stiamo vivendo un ritorno al passato, una ricerca di vini meno improntati sulla materia, meno “marmellatosi” ma più eleganti e bevibili grazie anche ad un maggior rispetto della vigna. Fatto questo breve preambolo sono partiti con le osservazioni sui vini:
2) Naso con sfumature resinose, note di rabarbaro e vegetali su frutta e speziatura di pepe. Bocca di buona acidità e persistenza ma un po’ scomposta e dai tannini leggermente “polverosi”. Negli anni dovrebbe migliorare l’amalgama, da rivedere.
3) Spiccata la nota surmatura del frutto ma non invasiva o pesante, specialmente in bocca si riscatta alla grande offrendo un contrasto piacevole alla freschezza delle note balsamiche e dell’acidità. Buona la trama tannica.
4) Naso serioso, la frutta rossa e la prugna sono corredate da legno e leggera speziatura. In bocca non manca di corpo e struttura e l’unico appunto si può fare a dei tannini ancora un po’ ruvidi da smussare col tempo.
5) Non manca niente al naso: frutta rossa, vena vegetale e balsamica, note di cioccolato e tabacco, legno. È in bocca che non convince per via di un legno fin troppo presente, dei tannini aggressivi e di un certo ritorno alcolico. Se questi sono parametri che col tempo dovrebbero migliorare, il monolite statico di oggi dubito potrà dinamizzarsi.
6) L’incipit è come il precedente ma il legno è più digerito inoltre, cosa non da poco, è decisamente più vivo, articolato e con una lama acida che ne sostiene bene la beva e la persistenza. Si prevede un’evoluzione molto interessante.
Così, terminata la prima batteria, sono state scoperte le bottiglie non prima però dell’assegnazione del podio virtuale. Questi i rispettivi podi per Fabio, Riccardo e il sottoscritto: Fabio = 1, 6, 4; Riccardo = 1, 3, 4, (6); io: 1, 4, 2 a pari merito col 6. Queste le cantine e le relative sorprese: 1) Caprareccia 2008 – Villa Caprareccia; 2) Arnione 2008 – Campo alla Sughera; 3) Esperienze 2009 – Macchion dei Lupi; 4) Giusto di Notri 2007 – Tua Rita; 5) Ornellaia 2009 – Tenuta dell’Ornellaia; 6) I fiori blu 2007 – Sant’Agnese. Che dire… bell’exploit di Villa Caprareccia che, dal limite della doc Terratico al confine con Bolgheri, stende l’accreditata concorrenza con questa selezione di cabernet franc e petit verdot in pari misura; interessante anche l’apprezzamento unanime di un’altra azienda geograficamente marginale come Sant’Agnese di Piombino; delusione cocente invece per Tenuta dell’Ornellaia, il “compitino” ben svolto non riesce ad emozionare finendo col risultare piuttosto banale, ci auguriamo tutti che possa tornare quanto prima ai fasti di qualche anno fa. Continuiamo con la seconda tornata di cinque vini:
2) Naso particolare con evidenti note tostate, spunti di rabarbaro e accenni animali. Bocca più piacevole ma finisce corta, mettendo in evidenza i tannini.
3) Il naso più cangiante della serata, nel giro di dieci minuti mi ha fatto passare da una certa perplessità al compiacimento per il tripudio di profumi rivelato. Floreale e fruttato – spicca la fragola – con ventate balsamiche a spengere note “sbruciacchiate” non delude per finezza e progressione in bocca. Articolato e di buona beva persiste a lungo. Il migliore fino ad ora.
4) Qui il naso purtroppo fatica a farsi sentire e anche dopo le dovute sollecitazioni rimane poco espressivo. Più interessante al palato, con un’acidità di tutto rispetto ma dai tannini ingombranti.
5) Anche questo non manifesta profumi inebrianti ma la sobrietà è comunque gradevole. In bocca dimostra un’apprezzabile maturità con una trama tannica pregevole e rovere ben amalgamato. Bene l’acidità e la persistenza.
Podi: pochi dubbi, Fabio = 3, 5, 1; Riccardo = 3, 1, 5; io = 3, 1, 5. Queste le bottiglie: 1) Col di pietre rosse 2008 – Bulichella; 2) Fidenzio 2007 – Podere S. Luigi; 3) Campo al fico 2009 – I luoghi; 4) Dedicato a Walter 2009 – Poggio al tesoro; 5) Levia gravia 2008 – Caccia al Piano. In conclusione “vincitore” assoluto della degustazione è stato l’assemblaggio “lirico” (per dirla come il nostro Fernando) di cabernet sauvignon (80%) e franc (20%) della piccola e giovane cantina bolgherese I Luoghi, bella affermazione per loro e ottimo esempio di lavoro per altri.
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