Brunello di Montalcino 2008: nel segno della piacevolezza

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Benv Brun 13_degu stampaMONTALCINO (SI) – Se c’è una cosa che più di altre mi ha colpito nel corso della prima disamina annuale sul millesimo 2008 a Montalcino, emersa dall’ultimo Benvenuto Brunello, è la diffusa piacevolezza dentro quei bicchieri, a sottintendere una beneaugurante sensibilità interpretativa per il futuro della denominazione, soprattutto se riferita ad una annata che ti suggerisce di non azzardare l’inazzardabile e di non mordere troppo il freno.

Una misura e un calibro, da parte dei produttori, che ci fa capire circa l’accresciuta consapevolezza del contesto produttivo ilcinese nel partorire vini più rispondenti all’annata, senza cercare fuorvianti scorciatoie, primo passo verso una identità che sia più dichiarata, più sostenibile e più spendibile, qui e altrove. Quindi, ci voleva proprio un 2008 così e così (inteso come andamento climatico) per modellare dei Brunello sinceri, agili e abbordabili, che saggiamente si astengono dal fare la voce grossa sapendo che le corde vocali presto si affaticherebbero, ma che si propongono con fierezza per quello che sono, figli dell’annata loro: silhouette più snelle, un comparto aromatico più “colloquiale” e definito del solito (a parità di stato evolutivo), una fruibilità senz’altro più immediata in grado di sposare sovente una reale piacevolezza.

Cos’è che va a mancare allora? L’aspettativa di una vita longeva, magari. Perché, da quel che emerge, non sono vini da conservare troppo a lungo in cantina, probabilmente. Ma non vedo il problema in questo. Beviamoli subito -o quasi subito- senza attendere ere geologiche e ne rimarremo appagati. Di ritorno avremo poca propensione al belletto e all’artificio, colori finalmente nei ranghi dopo le cupe virate cromatiche di certe stagioni passate, profumi tipici, una confortante percezione di diversità di stili e terroir e una dote tannica poco invasiva, che non fa della tridimensionalità la sua arma migliore (quella che attiene alle annate top) e proietta la “seconda parte” di bocca verso uno sviluppo non troppo profondo. Eppure, dopo i cento Brunello assaggiati, resta una piacevole sensazione di fondo in un palato tutto sommato poco affaticato, senza strascichi, casomai ingombrato un pochino dall’alcol, che non manca mai, e qua e là da certi incrudimenti tannici, non tanto figli di una estrazione mal gestita, quanto conseguenza di un frutto meno in evidenza del solito, ciò che tende inevitabilmente a diradare le trame e a rendere più scoperti i “nervi tannici”.

E nell’affidare alle future ricognizioni estive il compito di schiarirmi le idee su singole performance, predilezioni ed immedesimazioni, in virtù di un acclimatamento dei vini in bottiglia quanto mai provvidenziale e di approcci metodologici d’assaggio più ponderati, dico che non sono affatto mancate suggestioni – ché tali sono e restano – più stuzzicanti di altre. E per una volta, invece di citare i nomi attesi (che pure non hanno mancato l’obiettivo),  mi limito a parlare di qualche outsider, tanto per gettare un sassolino di curiosità nel mare magnum della produzione di Montalcino. Tanto per far capire che non di soli nomi celebri si alimenta la denominazione. La quale poi, polemica dopo polemica, scossone dopo scossone, non riesce proprio a stancarmi, trovando sempre una ragione nuova per stimolare il desiderio di conoscerla. Diavolo di una terra! Sarà per via di quelle pieghe benedette di collina? O di quegli squarci di natura incontaminata che illuminano il paesaggio e ti illudono che sia lì per te? Oppure sarà il carattere burbero e attraente del sangiovese, ché in sua compagnia ti sembra sempre di tornare a casa?

La Fortuna – Brunello di Montalcino 2008

Candore ed eleganza di vino fragrante, rotondo e garbato. Dalle prime sensazioni più figlio del terroir storico (situato a nord di Montalcino) che non delle parcelle acquisite a Castelnuovo dell’Abate.

Le Chiuse – Brunello di Montalcino 2008

Bel respiro aromatico, sfaccettato e coinvolgente, ottima grana tannica e dichiarata scioltezza nell’eloquio. Vino riuscito, anche se non immenso, che conferma l’estro della famiglia Valiani-Magnelli così come le straordinarie potenzialità di un terroir che non scherza.

La Gerla – Brunello di Montalcino 2008

Finalmente un La Gerla doc, giocato su contrappunto ed eleganza gustativa. Equilibrato, “dritto”, senza fronzoli, fresco e succoso, ci racconta senza infingimenti del suo Canalicchio. Il compianto patron, Sergio Rossi, ne sarebbe andato fiero.

Le Ragnaie – Brunello di Montalcino Fornace 2008

Affascinante, sfumato, sincero, naturale nello sviluppo. Un tannino carezzevole accompagna un sorso lungo, appagante, di grande spessore. Sì, aumentano le credenziali per questa giovane cantina, che da qualche stagione a questa parte sta mandando “segnali di fumo” piuttosto chiari e inequivocabili.

Pian delle Querci – Brunello di Montalcino 2008

Struggente nonchalance da sangiovese “finto-semplice”. Elegante, composto, è vino da bere a secchi, un soffio di piacevolezza in grado di maritare istinto e complessità. Autentico outsider, di impronta sentitamente artigiana.

Quercecchio – Brunello di Montalcino 2008

E quattro! Quattro annate di fila che il Brunello di Maria Grazia Salvioni mi stuzzica l’appetito. Ottima rarefazione aromatica qui, per un gusto scorrevole, sottile, sapido e lungo. Avanti così!

Solaria – Brunello di Montalcino 2008

E se i profumi chiedono ancora tempo per comporsi in un amalgama più chiaro, a colpire è l’apprezzabile naturalezza espressiva e la mano felice nell’estrazione, a disegnare il profilo di un vino attraente e convincente, da attendere con fiducia. Non è una novità, quanto meno per il sottoscritto, ma la stella di Patrizia Cencioni continua a brillare da par suo, e non tutti se ne sono accorti.

Tenuta San Giorgio – Brunello di Montalcino Ugolforte 2008

Grip e temperamento, rigore ed avvolgenza, espressività senza ammiccamenti e un incedere calibratamente maschio. Sempre più riconoscibili i rossi di Guido Folonari.

Villa Poggio Salvi -Brunello di Montalcino 2008

Gioviale, leggiadro, poco estrattivo, più da Rosso che da Brunello se vuoi. Eppure hai qui un sapore infiltrante, invitante, sottile. Dopo le confortanti avvisaglie dell’annata precedente, un’idea di risveglio più che legittimata per la cantina del gruppo Biondi Santi.

 

 

 

 

FERNANDO PARDINI

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