Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 2006
In equilibrio invidiabile fra ritrosie e concessioni, è portamento senza fronzoli, naturale compostezza. Sono intriganti incisioni floreali e speziate a dare un tocco di soavità ad un vino sodo, nobile e avvolgente. Succo e sale nel lungo finale, segno tangibile di un terroir che non scherza. Sì, il sale a ringalluzzire la beva, e una matura impalcatura tannica a parlar di futuro.
Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 2004
Dopo una serie ininterrotta di bottiglie sfortunate (ah, non ci sono più i tappi di una volta!) finalmente ho l’onore e il piacere di scoprire il “vero” Poggio al Vento 2004, ed è un bel vedere: grande fragranza di frutto, carnoso, pieno, sinuoso, dagli intriganti ricami floreali; bocca trascinante, di polpa e finezza, lunghissima e aperta al dialogo. Difficile fare a meno di lei.
Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1999
Tutta la concentrazione e la potenza sottese in una annata ricca e importante come la ’99 sono qui, dentro il mio bicchiere: naso maschio e impettito, quasi altezzoso, su scia minerale e balsamica; grande stazza, grande solidità, fin quasi a sfiorare la rigidezza. Le movenze sono compresse ma la freschezza étonnante. Un pelo di tannino in esubero – a fargli le pulci – ma tanta forza ancora inespressa. Il carattere non si discute, per la scioltezza ripassare fra qualche anno. Saremo ripagati dell’attesa.
Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1995
Profilo old fashioned, con terziari in evidenza da buon vecchio “ sangio”. Non precisissimo negli assetti, a dire il vero: umorale, verace, figlio di un’altra epoca enologica. “La finezza non appare così fine” ma la trama minerale è fitta e puntigliosa. Il tratto gustativo assume tutti i colori del sottobosco, malinconici e assorti. Sul filo di una chiara evoluzione, con il legno (non integerrimo) a punzecchiarne i fianchi, senti ghianda e tannino in quel finale arruffato.
Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1990
Alla prima snasata faccio fatica a distinguerlo da un grande/grandissimo Barolo di sponda Castiglion Falletto: perché la “foglia” è quella, e tu sai quanto è struggente, e permea di se tutto il tratto aromatico, di sublime complessità. Netta la sensazione minerale, incredibile la scioltezza e il savoir faire al palato. Un sorso tanto bello ed appagante da fregarti là per là: dopo un’ora di concerto infatti gli assetti non sono più quelli, e l’incantesimo di uno dei vini più belli di sempre viene sfrangiato dall’aria. Ecco allora il nostro muoversi su tonalità più baritonali, come ci direbbe il grande Fabio Rizzari. Ora è solo ottimo, non più eccezionale. Per questo direi che è un vino pronto, da godere oggi per l’immensa sua piacevolezza. Di più, è un vino maestro, che ci insegna in silenzio quanto può volare in alto l’enologia di Montalcino quando i presupposti sono quelli giusti.
Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1985
Altra “era” enologica: “ad aver avuto cotanta materia oggi il risultato sarebbe stato ben diverso”, questo abbiamo pensato. Il tempo qui ha decretato la sua sentenza. Il piccolo-grande glorioso Poggio al Vento, per una volta, abbassa la testa e se ne va.
Degustazioni effettuate in azienda nel mese di giugno 2013, in compagnia di Francesco Marone Cinzano, persona squisita dal grande senso dell’ospitalità (che a mio parere significa sincera umiltà), e di Giuliano Dragoni, agronomo della casa, memoria storica di Col d’Orcia, conoscitore invidiabile di tutti i sassi e di tutte le viti che stanno lì, i cui racconti di vita e di vigna valgono pur essi il viaggio.
Grande degustazione!
Vorrei esserci stato!
Alfredo