Barone Pizzini può essere a buon diritto catalogata come realtà storica della Franciacorta, visto che esiste dal 1870, quando i Pizzini Piomarta da Rovereto, commercianti in seta, la fondarono e la portarono avanti per un secolo affinando il loro vino-bandiera chiamato Rosso Pizzini. Fino a quando, una cinquantina di anni orsono, in Franciacorta non irruppero prepotentemente sulla scena le bollicine.
Ma c’è un secondo motivo di orgoglio, forse ancora più sentito perché più recenti sono la fatiche che lo hanno reso possibile: essere stati i pionieri della viticoltura biologica nel proprio territorio, quando vino biologico suonava male, mentre sono moltissimi, dalle aziende di punta ai giovani “scapigliati”, ad imboccare oggi con decisione la stessa strada. Una dozzina di anni di impegno e di prove, guidate da rigorose analisi interne e da serissimi enti certificatori per raggiungere un risultato: le uve che arrivano in cantina dai 47 ettari di vigneto (20 di proprietà, i restanti in affitto per 360mila bottiglie annue prodotte) sono “a residuo zero”, prive cioé di sostanze chimiche proprio per l’assenza di diserbanti, concimi chimici, pesticidi di sintesi.
Barone Pizzini esce ora con il suo nuovo brut che si chiama Animante, per competere meglio sui mercati italiani e stranieri (più sui primi per la verità, visto che per il Franciacorta l’estero vale il 15% in quantità, contro, per dire, l’80% del Barolo). La cuvée è composta da chardonnay al 78%, pinot nero al 18% e saldo di pinot bianco, ottenuti da 25 vigneti le cui uve vengono vinificate separatamente e che rappresentano i differenti territori della Franciacorta: quello che guarda alle Prealpi (Vigneto Pian delle Viti a Provaglio d’Iseo) quello collinare (vigneto Roccolo a Passirani), quello pedecollinare (vigneto Ronchi a Corte Franca). Il dosaggio, ossia il liquido con il quale si rabbocca la bottiglia dopo l’espulsione del “tappo” di lieviti morti, è costituito da vino aziendale e zucchero biologico. Presentato in vista delle feste di fine anno, se ne prevedono otto sboccature cadenzate nel tempo, ognuna di 20-24mila bottiglie, che si troveranno negli scaffali ad una ventina di euro circa. Di colore paglierino assai brillante e di perlage molto fine, è connotato da un bouquet lieve, agrumato, ed è sottilmente increspato in un palato teso che si distende con bella energia.
Oltre all’Animante, la schiera delle bollicine di Barone Pizzini comprende l’Extra Brut, il Satén, il Nature, il Rosé e culmina con il Riserva Bagnadore Pas Dosé millesimato, metà chardonnay e metà pinot nero, ottenuto stavolta da singoli vigneti: 71 mesi sui lieviti, 40% della massa affinata in barrique. L’annata 2006 si mostra di colore paglierino carico e si apre al naso sulle note di lieviti e pan brioche, seguite da frutta gialla e tropicale; l’attacco in bocca è di nuovo all’insegna delle sensazioni di lieviti, al quale fa seguito una beva ficcante e “giovanile”, larga, succosa, dal finale pulito, rinfrescante e deciso.
Un altro momento importante dell’azienda è stato quello “espansivo” coinciso, a partire dal 2000, con l’acquisizione di vigneti in Maremma (Morellino e Igt a Poderi di Ghiaccioforte) e nella Valle Esina, cuore della produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi, dove il clima asciutto consente la pratica dell’agricoltura biodinamica (in Franciacorta assai difficile) dando luogo ai Verdicchio Pievalta, Dominè, Riserva San Paolo, Passito Curina, e manco a dirlo, ad un Extra Brut, il Perlugo.
“E nonostante si tratti di una delle zone “bianchiste” piû vocate d’Italia, la consapevolezza in vigna non ci è parsa poi altissima” ci dicono i responsabili dell’azienda. “Per dire, quella che in tutti i manuali viene classificata come caratteristica del Verdicchio, il finale amarognolo, il nostro non ce l’ha, perché noi abbiamo portato la meticolosità franciacortina nella cura di un’uva dal grappolo grande.” Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva San Paolo 2010, che si è meritato il massimo riconoscimento dalla guida dell’Espresso, sta due anni sulle fecce nobili e si contraddistingue grazie a un naso compatto, intenso e profondo, marcato da sensazioni di frutta secca, e da una bocca concentrata ma dal profilo snello e scattante, lunga e saporita nel finale.
Nelle immagini: il direttore generale di Barone Pizzini Silvano Brescianini e il direttore vendite Alberto Pizzi; il risotto al Franciacorta Barone Pizzini con porcini e jamon iberico Joselito di Vito Mollica, chef del ristorante Il Palagio nell’Hotel Four Season di Firenze. La foto dell’Animante è di Aldo Fiordelli
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