I Dolomitici, Liberi Viticoltori trentini

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di Riccardo Modesti

Premessa

Logo I DolomiticiFino a pochi giorni fa non sapevo nulla di questo gruppo di (dieci) viticoltori trentini -non altoatesini, mi raccomando!- animati da grandi intenzioni per nobili obiettivi. Quando ho saputo che AIS Lecco organizzava questa degustazione, svoltasi poi presso il Ristorante San Martino di Garbagnate Monastero, mi sono allora documentato. E’ tutto piuttosto chiaro, come si evince dal sito www.idolomitici.it, ma farò un piccolo riassunto per agevolare i lettori.

Intanto si autodefiniscono un “Consorzio di liberi viticoltori trentini”, con sottotitolo “Siamo dieci viticoltori uniti dall’amicizia, dalla solidarietà e da una visione comune: la valorizzazione dell’originalità e della diversità della viticoltura trentina nel rispetto di un’etica produttiva condivisa”. Dieci produttori, quindi, più un vino in comune: si chiama Ciso ed è anche il nome di un vitigno autoctono presente solo e soltanto in un piccolo appezzamento gestito e curato direttamente dai Dolomitici: 727 piante a piede franco. E’ un lambrusco a foglia frastagliata il cui nome altri non è se non il soprannome del viticoltore che lo aveva curato con amore e dedizione. Questa rarità viene poi vinificata per uscirsene come vino a etichetta collettiva. Ma torniamo al manifesto de “I Dolomitici”, piuttosto complesso ed articolato e che abbraccia tematiche diverse. Andrò al sodo, puntando i riflettori sugli aspetti maggiormente legati al bicchiere. Si parla dunque di:

• Vini dall’espressione autentica

• Vendemmiare uve mature che riescano a trasferire nel vino il carattere dell’annata

• Favorire l’espressione della vendemmia durante la vinificazione

• Ottenere un vino sano, espressione vera del territorio, del vigneto, dell’annata e del pensiero di chi lo ha prodotto

Aggiungo che Mario Spagnolli, uno dei Dolomitici presenti al banco d’assaggio, mi ha parlato dell’ambizione del gruppo di produrre vini che abbiano “energia”, cioè vini che all’assaggio esprimano doti quali integrità, digeribilità, vitalità, autenticità e salubrità. Per quanto riguarda quindi l’utilizzo dei coadiuvanti per eccellenza nel mondo del vino, ovvero dei solfiti, Spagnolli mi ha riferito che l’obiettivo condiviso è di utilizzarne il meno possibile, compatibilmente con l’annata e la tipologia di vino, ma che non esiste un protocollo standard al riguardo, così che ogni azienda si possa sentire libera di gestire la questione in maniera del tutto autonoma, sempre con un occhio di riguardo al manifesto di gruppo.Un messaggio ambizioso, dunque. Il gruppo si presenta variegato a livello di storia aziendale, e comprende alcune realtà di sicura notorietà nazionale come Elisabetta Foradori e Cesconi. Buone, dunque, le prospettive per una degustazione di livello più che soddisfacente.

La degustazione

Il banco d’assaggio comprendeva poco più di una ventina di vini, rappresentativi di ogni singolo produttore. Quattro i “Dolomitici” presenti, pronti a fornire informazioni sulla loro realtà e sui vini in degustazione. Non farò un elenco completo di ciò che ho assaggiato ma mi limiterò a segnalare gli incontri più significativi. Dal mio punto di vista, beninteso. Con una nota importante a commento: c’erano sei Nosiola in degustazione e sono rimasto davvero sorpreso dal loro alto livello qualitativo, soprattutto al gusto: niente esplosività (e ci mancherebbe altro, trattandosi di nosiola) ma vini buoni, ben fatti e di soddisfazione certa. Ma veniamo al dettaglio, precisando che le adeguate informazioni su modalità di vendemmia, vinificazioni e affinamenti sono contenute nei singoli siti aziendali, i cui riferimenti si trovano nel sito del gruppo.

Vilàr, Vigneti delle Dolomiti IGT Nosiola, 2012: gran bel vino, profondo e piacevole, solo non troppo lungo.

Cesconi, Vigneti delle Dolomiti IGT Nosiola, 2011: come il precedente ma con maggiori freschezza, volume e persistenza: il migliore dell’intero lotto in degustazione (vigneti a Pressano)

Gino Pedrotti, Vigneti delle Dolomiti IGT Nosiola 2012: più sottile rispetto ai precedenti, di ottima fattura ma aromaticamente differente (vigneti nella Valle dei Laghi; produce anche Vino Santo dalle migliori uve di nosiola)

Castel Noarna, Vigneti delle Dolomiti IGT Nosiola 2011: buono, volume in bocca perfettamente adeguato, grande bevibilità.

Maso Furli, Vigneto delle Dolomiti IGT Incrocio Manzoni, 2011: aromaticità interessante, piacevole e perfettamente in linea con il vitigno; agile, scorrevole e lungo in bocca.

Francesco Poli, Trentino DOC Lagrein Le Valette, 2010: davvero buono, un vino scattante e di grande bevibilità, perfettamente aderente al vitigno, solo un po’ corto nel finale.

Eugenio Rosi, Vallagarina IGT Rosso Esegesi, 2009: un taglio bordolese “peso leggero”, ben fatto e di soddisfazione, molto aderente al blend di vitigni, di buona lunghezza.

Francesco Poli, Trentino DOC Vino Santo, 2001: vino centratissimo nella sua tipologia, un filo stucchevole in bocca, di bella persistenza.

Conclusioni

L’iniziativa merita attenzione e rispetto perché si tratta innanzitutto di un progetto di gruppo, cosa sempre lodevole in un panorama vitivinicolo nazionale iper-frammentato, dove impera un illogico individualismo. E poi per il manifesto di intenti, che peraltro tocca anche temi legati ai concetti di viticoltura sostenibile e compatibile con l’ambiente. I vini invece hanno sicuri margini di crescita, sebbene le eccellenze evidenziate siano davvero di buon livello, se non ottimo.

Ringraziamo per le preziose collaborazione e disponibilità Mario Spagnolli (Vilàr) e Giuseppe Pedrotti (cantina Gino Pedrotti).

L'AcquaBuona

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