Niente di cui lamentarsi se non fosse che invece ufficialmente l’intento della Mostra è quello di organizzare una fiera per “tecnici ed esperti del settore vitivinicolo” come recitano le brochure ufficiali distribuite dal Comune di Montespertoli, organizzatore e promotore dell’evento. E dunque a lamentarsi in questo caso sono i produttori. Un paio di convegni a tema e qualche incontro di approfondimento non sono sufficienti per parlare di un evento dedicato agli addetti ai lavori. Agli espositori è riservata una delle due piazze centrali del paese, ma difficilmente compratori, ristoratori e stampa di settore affollano i banchi d’assaggio.
E veniamo agli altri tasti dolenti. Il Chianti Montespertoli è una denominazione relativamente giovane (1997), non ha alle spalle un Consorzio di tutela tutto suo (fa capo al Consorzio del Chianti), essere una sottozona già di per sé penalizza la sua affermazione soprattutto se si pensa che le denominazioni limitrofe sono il Chianti Classico e il Chianti Colli Fiorentini: un vicino a dir poco illustre e uno con il vantaggio di essere arrivato molto tempo prima sulla scena enologica toscana. Da un lato il Gallo Nero non può che fare ombra alla piccola Docg specialmente sul mercato internazionale. Dall’altro il Colli Fiorentini ha dalla sua anche la presenza di grandi imbottigliatori come Guicciardini, risonanza che a Montespertoli manca fatta eccezione per la Tenuta di Castiglioni di proprietà Frescobaldi che però non produce etichette della sottozona e non è presente in Mostra tra gli espositori.
E certamente il quadro si fa interessante quando si va ad analizzare la denominazione in senso stretto. Il tema ricorrente è il problema dell’identità. Nel 2010 l’Università di Firenze ha avviato un triennio di sperimentazione sui vini della sottozona Chianti Montespertoli, prendendo in esame le uve sangiovese di tre annate. Sette le aziende montespertolesi coinvolte in un unico protocollo di vinificazione con l’obiettivo di individuare nella denominazione un’identità definita e riconoscibile. Un napping test effettuato a sperimentazione in corso, e a cui ho partecipato, fu emblematico: il panel composto dagli stessi produttori alle prese con una degustazione cieca indicò il Chianti Colli Fiorentini come il campione più rappresentativo di Chianti Montespertoli. Una gaffe sulla quale il gruppo di studio guidato dal prof. Bertuccioli ha smorzato gli allarmismi spronando piuttosto a lavorare sugli elementi di forza. I risultati conclusivi della ricerca fornirono l’indicazione che il Chianti Montespertoli esprime al meglio le sue potenzialità come vino d’annata, trattandosi di un vino strutturato che tende ad esaltare la freschezza della materia prima. Ma questa conclusione non trova d’accordo tutti i produttori, molti dei quali ritengono necessario un significativo affinamento in legno, preferibilmente in botte grande, ma anche in barrique.
Nella sua selezione Romanelli ha individuato un fattore comune nella vena acida costante e nella migliore gestione dei tannini rispetto al passato. Secondo Riccardo Margheri della guida Vini Buoni d’Italia il Chianti Montespertoli non esprime niente di diverso dal Chianti. Alessandro Bosticco si interroga su quali siano i tratti distintivi di questa Docg e chiede ai produttori quale sia il criterio di differenziazione dal Chianti. Il produttore Stefano Nigi della Tenuta Maiano risponde che in un Chianti base si cerca un profilo più semplice mentre il Chianti Montespertoli si posiziona su fasce più alte di mercato. Il parterre non sembra soddisfatto dalla risposta. Gli assaggi ripropongono chiaramente una netta diversificazione tra un vino e l’altro, non c’è continuità, non emergono tratti distintivi comuni preponderanti.
I punti in comune? Colline naturalmente vocate, potenzialità indiscutibili della materia prima, freschezza del prodotto finale, una sempre maggiore propensione alla conversione biologica o comunque a tecniche colturali non impattanti sul territorio. Su tutti la voglia di decollo e promozione.
Chiude l’incontro la divertente puntualizzazione del giornalista Stefano Tesi che per le prossime degustazioni reclama il pane di grani antichi di Montespertoli al posto dei tristissimi crackers utilizzati per l’occasione. A proposito di promozione.
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