«E così ho fatto in tempo a vedere la fine dell’era dei battelli a vapore. Più tardi avrei scoperto che il fiume aveva avuto altre epoche che io non avevo conosciuto perché ero nato troppo tardi, ma di cui potevo leggere e fantasticare».
Jayber sa ascoltare e assorbire tutto questo. Non è un Forrest Gump, eroe fortunato sempre suo malgrado in mezzo alla grande Storia; è un orfano di provincia, con la dote di saper prestare orecchio alle piccole storie con la “s” minuscola, in cerca di una sua dimensione sempre in divenire, mai troppo urlata.
Nel libro di Wendell Berry non si cerchi l’azione, o grandi colpi di scena, o ritmi narrativi indiavolati: la sua scrittura è lenta, prende il ritmo di un percorso collettivo, come dello scorrere lento e ineluttabile del tempo o di un fiume. È una scrittura dal ritmo cadenzato, pacato, quasi come se fosse un respiro. Il punto forte è tutto qui: proietta il lettore in una dimensione tutta particolare, dove in sottofondo si odono i battiti di un metronomo tutto particolare, il metronomo della storia di un paese di provincia.
Merita di esser letto da chi cerca in un libro un momento di pace, il tempo per tuffarsi insieme al protagonista in un mare di ricordi, il piacere di sfogliare le pagine cullati dal fruscìo di una storia collettiva che è anche un pezzo della propria vita individuale.
Il vivere, il morire, il lavoro, lo svago, tutto scorre lento, anche i processi che in un piccolo paese agricolo cambiano irrimediabilmente il tessuto sociale: come quando Jayber racconta il momento in cui i contadini iniziano a comprare i trattori, e si incrina la rete sociale dello scambio di manodopera tra vicini. Per comprare attrezzature bisogna prendere a credito dalle banche e produrre di più, quindi abbandonare la pratica della rotazione delle colture:
«La maggior parte di loro, a quell’epoca, non immaginava che da lì a poco, così facendo, molti contadini avrebbero abbandonato l’attività, e che proprietari di appezzamenti sempre più grandi si sarebbero fatti la guerra tra loro (o con i ricchi provenienti dalla città) per accaparrarsi tutta la terra disponibile . […] Allora non capivamo, o non volevamo capire, che era stata proprio la vita difficile a tenerci insieme».
Anche il tema amoroso ha per Jayber Crow un ritmo dal passo lento e meditato: il suo amore impossibile per una donna sposata dura per una vita intera, si trasforma in una dedizione silenziosa. E nel frattempo la Storia con la S maiuscola busserà di nuovo in paese, stavolta con il nome di guerra del Vietnam. E le stagioni continueranno ad avvicendarsi.
Wendell Berry ha realizzato con questo romanzo un piccolo-grande affresco sociale americano, ma non solo. Si tratta anche di una toccante riflessione sul senso del tempo, come un fiume che scorre nei secoli, sempre uguale e sempre diverso.
«All’inizio c’era stata l’epoca in cui non esistevano persone, e certe volte di notte ho avvertito l’assenza trasformarsi in presenza, quel lungo silenzio in cui nessun nome umano era ancora pronunciato o attribuito, e il fiume senza nome non trasportava il suono di alcuna lingua umana.
Poi venne l’epoca degli indiani, quando si levavano nomi mai pronunciati nella lingua attuale di Port William. Poi vennero le brevi fasi dell’uomo bianco, quella delle canoe, delle chiatte, dei barconi fluviali, delle zattere di tronchi e dei battelli a vapore.
E ora sono sopravvissuto abbastanza per riuscire a vedere l’epoca dei rimorchiatori diesel, delle barche da diporto e dello sci nautico.
Eppure è difficile guardare il fiume nella sua pace, subito dopo l’alba o appena prima del buio, e credere che sia mai stato toccato dalla storia.
Il fiume, lui in persona, lascia segni ma non ne porta. È soltanto acqua che scorre in un sentiero tracciato da altra acqua».
Wendell Berry, Jayber Crow
Torino, Edizioni Lindau 2014, 520 pagine, euro 24
www.lindau.it