10 lunghi anni di attesa e battaglie. Quali difficoltà ha incontrato l’iter per il riconoscimento?
“La principale difficoltà è stata quella di individuare l’esatta ricetta della Piadina Romagnola. Come spesso si è scritto in questi anni ci sono mille piadine, una per ogni Comune della Romagna, quasi una per ogni quartiere, per non dire una per ogni famiglia: più larga o più sottile, con l’aggiunta di farine diverse e di ingredienti extra, magari tramandati gelosamente di madre in figlia come latte, miele, zucchero, scorza di limone, uova, vino… Tuttavia, per ottenere il riconoscimento Igp era necessario individuare un minimo comune denominatore. Uno standard, come prevedono le normative comunitarie. E così abbiamo analizzato e studiato scientificamente tutta la bibliografia esistente. Per quanto riguarda le materie prime più del 90% delle ricette comprendeva esclusivamente: farina di grano tenero, strutto e/o olio di oliva, sale, acqua e l’aggiunta opzionale della cosiddetta “dose”, oggi individuata negli agenti lievitanti (carbonato acido di sodio, difosfato disodico, amido di mais o frumento). Pertanto è stata individuata in tale ricetta quella più autentica e tradizionale che non prevede l’aggiunta di conservanti, aromi e/o altri additivi. Il compito del Consorzio è stato quello di far convergere tutte le varie opinioni verso la ricetta autentica e tradizionale”.
“Ad oggi le realtà che hanno aderito al sistema dei controlli sono 23 di cui 22 associate anche al Consorzio (21 aziende ed un ristorante)”.
Qual è la posizione dei produttori non associati al Consorzio?
“Alcune aziende artigiane non associate hanno atteso fino al riconoscimento del 4 novembre scorso, ma ora hanno già contattato il Consorzio per associarsi e aderire al sistema dei controlli per poter così utilizzare la denominazione protetta ‘Piadina Romagnola/Piada Romagnola IGP’. Già dall’estate scorsa numerosi chioschi hanno chiesto di poter aderire al sistema dei controlli e a partire dallo scorso settembre, con il supporto dell’Ente di controllo nominato dal Ministero, stiamo lavorando per poter prevedere procedure che rendano più facilmente applicabile il Piano dei Controlli approvato dal Ministero, a costi decisamente contenuti”.
Pensa che sarà sufficiente lo strumento normativo dell’IGP a scoraggiare la contraffazione?
“Lo spero, ma visto che i prodotti di qualità certificati di origine italiana sono da tempo oggetto di una contraffazione che raggiunge i 60 miliardi di euro all’anno, ci aspettiamo, come già del resto accade, che anche la Piadina Romagnola Igp sarà oggetto di contraffazione. Tuttavia, in virtù di una recente norma comunitaria del 2012, all’interno dell’Unione europea gli organi di polizia di ogni stato membro interverranno con azioni repressive molto efficaci”.
Che tipo di comunicazione attiverà il Consorzio per orientare il consumatore ad un acquisto consapevole?
“Già a partire dai primi mesi del 2015 faremo una serie di spot in radio e in televisione per informare il consumatore che la Piadina Romagnola IGP è un prodotto controllato, garantito e di qualità, che non contiene conservanti, aromi o altri additivi. Parteciperemo a diverse iniziative promozionali sia in Italia che all’estero e saremo presenti all’Expo di Milano”.
In quali canali distributivi e a partire da quando il consumatore potrà trovare sugli scaffali la piadina con il marchio IGP?
“Già dal settembre del 2013 è presente sul mercato la Piadina/Piada Romagnola prodotta secondo il disciplinare e approvata dall’Ente di controllo in virtù del Decreto di tutela transitoria emanato nel gennaio 2013 dal Ministero delle Politiche Agricole. Ma fino alla registrazione della denominazione a livello comunitario non era consentito utilizzare l’acronimo IGP ed il logo dell’Unione Europea. Dal 24 novembre 2014, data di entrata in vigore del Regolamento di registrazione, sono presenti sul mercato Piadine Romagnole con marchio IGP e logo UE”.
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