BOLGHERI (LI) – Leonardo da Vinci, sommo esponente del Rinascimento italiano, grande artista e geniale pensatore, scienziato ed inventore, fu anche vignaiolo. Ricevette infatti in dono da Ludovico il Moro una bella dimora di fronte al santuario di Santa Maria delle Grazie dove dipinse la celebre Ultima Cena. Nel grande giardino erano presenti delle vigne che adesso sono rinate, sono visitabili ed entreranno a breve in produzione. L’affascinante storia della vigna di Leonardo è stata raccontata da Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università di Milano e grande studioso della storia della vite e del vino, nella bella biblioteca interna alla “sua” azienda bolgherese Guado al Melo.
Leonardo da Vinci, figlio illeggittimo di un notaio, fu per questo “relegato” in campagna; non potè beneficiare di una istruzione regolare, cosa che gli instillò il complesso dell'”omo sanza lettere”, come lui stesso si definiva. Ingegno grandissimo ed atipico, non pubblicò mai libri ma grandi quaderni (“codici”) che oggi arricchiscono musei e collezioni, densi di appunti, disegni, idee ed invenzioni. Dopo la gioventù toscana e fiorentina, intorno ai trent’anni si trasferí a Milano dove si propose a Ludovico il Moro come urbanista, ingenere idraulico e delle fortificazioni, ed artista capace fra l’altro di realizzare magnifici fondali per matrimoni. Ludovico, per poterlo far lavorare lo fece diventare residente donandogli la bella Casa Atellani, dal nome degli antichi proprietari.
Nel grande giardino, quasi un parco, c’era anche un piccolo vigneto, che Letizia Moratti, sindaco al tempo della designazione della città per l’Expo, propose di ricostituire in tempo per il 2015. Impresa non certo semplice, visto che a guidare i lavori c’erano solo delle foto antecedenti la seconda guerra mondiale.
E sono state proprio le macerie del conflitto a proteggere le radici della vegetazione che squadre di geologi hanno poi riportato alla luce, assieme ai percorsi originali del vigneto, chiaramente riconoscibili. Un meticoloso screening del Dna ha permesso di isolare le radici di vite, e ad arrivare alla loro famiglia di appartenenza: quella delle Malvasie. I conti sembravano tornare, anche perché la Malvasia era al tempo un vino prestigioso, prediletto dai ceti abbienti e dunque dal forte potenziale commerciale, tanto è vero che Venezia “spremette” i vigneti dell’est Europa per averne grande disponibilità ed utilizzarla come merce di scambio per la lana.
In realtà si è scoperto poi che, nell’ampia famiglia delle Malvasie, quella del giardino di Leonardo occupa una posizione piuttosto “laterale”, trattandosi della Malvasia di Candia che geneticamente è invece più prossima ai lambruschi; questo, probabilmente, perché gli Atellani possedevano una tenuta proprio nella zona di Candia. Oggi quest’uva viene coltivata prevalentemente per la produzione di vini frizzanti che seguono la scia dei moscati, soprattutto sui colli di Piacenza, in particolare nella Val d’Arda, caratterizzata da terreni marini emersi e da scarsa vegetazione, e in una parte più verde a nord del capoluogo.
Siamo così arrivati alla fine della storia. L’inaugurazione di Expo si avvicinava, sono state quindi individuate delle piante di Malvasia di provata purezza varietale e sono state moltiplicate con il metodo della margotta, poi prelevate e trasportate alla casa di Leonardo, dove sono state piantate nell’inverno scorso in tempo per essere ammirate in primavera, e fino alla fine di Expo. E presto entreranno in produzione, in vista del “vino di Leonardo”.
La Vigna di Leonardo. Casa degli Atellani
Corso Magenta, 65 – Milano www.vignadileonardo.com
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