Tratteggiare una storia affidandola agli “ultimi”. Gettare uno sguardo benevolo dalla loro parte di barricata, abitata dall’umiltà. Immedesimarsi, caldeggiare, comprendere. A loro la parola. Per scoprire che ultimi intanto non sono, e che comunque ad un attore non protagonista non puoi togliere la dignità e il diritto di esprimersi nel rispetto della sua reale attitudine, che altri nomi poi non ha se non VOCAZIONE.
Ecco, il vino “nuovo” a cui qualche buontempone ha inteso fare un torto si chiama Troncone. Viene prodotto sulle alture del Passo del Lume Spento da Le Ragnaie di RiccardoCampinoti, una delle cantine di spicco della nouvelle vague di Montalcino. Di fatto un vino entry level, ultimo della gamma in termini di blasone ed importanza. Ma che differenza fa? Stiamo parlando di una cantina, di un vignaiolo, che ha fondato la propria idea di vino sull’esaltazione del connubio laicamente santo fra vitigno e terroir, esplorandone i pertugi con attenzione meticolosa da apprendista per collocarsi nell’alveo di una corrente stilistica tradizionale, secondo la quale il Sangiovese, protagonista assoluto di questa storia, oltreché assumere i connotati della piena riconoscibilità ha il dovere di parlare il linguaggio della autenticità, indipendentemente dal tasso di complessità.
Tanto per chiudere il cerchio, diciamo pure che i rossi di Riccardo Campinoti sono apparsi fin da subito ben sintonizzati sulle frequenze della trasparenza espressiva. In altre parole, con il linguaggio di cui sopra hanno sempre avuto piena dimestichezza. Raccolgono, facendoli propri, gli stimoli di tre siti differenti e al contempo distintivi, che annoverano per esempio l’esclusività delle alte giaciture delle Ragnaie, fra le più elevate del distretto ilcinese, disposte a 600 metri sul livello del mare (mare che da lì si intravvede!) e parzialmente abitate da vecchiceppi. Questa unicità pedologica, varietale e microclimatica, unita ad un “manico” sensibile e per nulla propenso alle estrazioni brute, si è tradotta in Brunello di Montalcino aerei, freschissimi, affusolati, vibranti, dotati di una capacità di dettaglio e di una agilità di beva a tratti inarginabile.
E’ da quelle alture che provengono le punte di diamante (leggi Brunello VV) di una produzione che negli anni è andata ulteriormente articolandosi, grazie alla acquisizione di vari appezzamenti ubicati in altri versanti della denominazione, per configurare così un mosaico espressivo da cui emergono oggi ben tre referenze di Brunello e domani anche una quarta, visti i recenti approdi a Montòsoli. E’ da quelle alture, specificatamente dalle parcelle non ricadenti sotto la Docg Brunello, che Riccardo produce con orgoglio, credendoci, un ottimo Chianti Colli Senesi, faro luminoso all’interno di una denominazione non propriamente sulla bocca di tutti (eufemismo).
Ora, se è vero come è vero che quella “cosa” chiamata vino non può non risentire dell’annata da cui discende, appare persino ovvio che, in corrispondenza di un millesimo acido e piovoso come il 2014, se ne possa uscir fuori da lì un Sangiovese ossuto, dal colore rubino chiaro con le sue belle trasparenze “cerasuole”. Un vino tutto profumi e sottili circuizioni insomma, la cui magìa disadorna ti ripaga di un candore struggente, che sa di buono. E’ purezza d’altura, figlia legittima di un’annata dialettica. E’ conclamata dignità territoriale. E’ Sangiovese di lassù, senza belletti, senza “rinforzino”. Lo incontri, lo (ri)conosci e per la complicità è un attimo.
Ora, accade pure che l’emblematica commissione d’assaggio per la Docg Chianti Colli Senesi bocci reiteratamente quel vino bollandolo come “non tipico” in quanto “scarico di colore”. Queste le (tristi) motivazioni. Da qui la decisione sofferta ma obbligata, da parte dell’azienda, di “declassarlo” a Igt. E di affidargli così un nome di nuovo conio, che quando era Chianti Colli Senesi non possedeva: Troncone, appunto, dedicato ad una persona cara di famiglia dotata di un fisico statuario, forte, probabile pendant con il carattere.
Che ci volete fare, la storia a volte si ripete, anche negli errori. Che sono qui di prospettiva critica, di approssimazione, di vaghezza, di misconoscenza di una terra e delle sue reali potenzialità. Accidenti, eppure a quella fisionomia di vino sei certo appartengano “le stimmate” della classicità, lo vedi e lo senti! Com’é possibile che qualcun altro vi intravveda estraneità, al punto da negargli una legittima appartenenza ?
La decisione lascia interdetti, non c’è che dire, ma so già che non impedirà agli appassionati dei vini de Le Ragnaie di poter godere di questo piccolo-grande vino orgoglioso, segaligno e rarefatto, che nella istintualità di un sorso non disperde né disegno né proporzioni, e che ti fa capire dei suoi luoghi più di tanti vini iper-vitaminizzati, magari considerati “tipici” secondo gli strani canoni interpretativi assunti da una denominazione che vorrebbe esaltare (e difendere) la territorialità. Sai che c’è? Io sto con Troncone.
Az. Agricola Le Ragnaie – Loc. Le Ragnaie – Montalcino (SI)
Foto, in ordine di apparizione: botte “firmata”; Riccardo Campinoti che spilla il futuro; vecchie vigne a Le Ragnaie; panorami verso Ovest; in terrazza; case nel borgo; scorci di giardino
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