Rue Paul Bert conta duecento metri di strada, forse qualcosa di meno, e sta nell’undicesimo arrondissement parigino. Per intenderci in zona Bastille. Anzi, Republique-Bastille-Nation, ovvero le tre piazze da cui sono sempre partiti i cortei politici o sindacali che hanno caratterizzato le lotte sociali in Francia. Quartieri popolari, ancora vissuti come tali e quindi notevolmente fuori dai flussi turistici. Perché non ci sono monumenti importanti, se non, al limitare del quartiere, il celebre cimitero del Père-Lachaise.
Rue Paul Bert, dicevamo. Per noi l’attrazione principale si chiama Bistrot Paul Bert. Con poca fantasia si è preso il nome della strada e lo troverete al civico 18. Ma una volta dentro “coup de coeur”, come dicono i parigini. Arredamento ed atmosfera vi proietteranno negli anni d’oro del cinema francese di Jean Gabin e Michele Mercière, di Simone Signoret (sì, Casco d’oro) e Jean Renoir. Tavoli stretti e niente menù. Al tavolo arriva la lavagna (l’ardéche in francese): una per la carta, l’altra per il menù del mezzogiorno, che è strepitoso. Per 19 euro abbiamo mangiato una vellutata di potimarron (zucca gialla), un filetto di manzo al pepe con “frites” (patatine fritte) e un ottima créme caramel maison. L’alternativa era un’insalata di aringhe e patate, una parmentier di anatra e una torta al cioccolato con una perfetta crema inglese. Cosa volere di più? Una bella carta dei vini e un Beaujolais nouveau a cinque euro al bicchiere, mentre il Beaujolais Village viaggia sui sette.
Se non trovate posto lì, a cinque numeri civici di distanza incontrate la Cave Paul Bert, ovvero la cantina del bistrot. C’è una bella scelta di vini, anche al bicchiere, e poi si mangiano piatti freddi e caldi in versione tapas, perlopiù al bancone del bar.
Altri pochi numeri civici ed eccoci al Bistrot 6 Paul Bert. Certo la fantasia è limitata, ma farete la conoscenza di un locale che Fooding, la celebre rivista francese, quando aprì lo classificò fra i re della bistronomie. Qui si sale di livello: c’è il foie gras, c’è il manzo alla borgognona, c’è il piedino di porco farcito con fegato grasso e tartufo (nero).
Ma voi desiderate pesce e coquillage? Nessun problema, al numero 22 della stessa strada c’è l‘Ecailler du Bistrot. Lo ha aperto una famiglia di coltivatori di ostriche. Rispetto ad un classico bar à huitres non troverete all’esterno il grande bancone con i frutti di mare e i crostacei. Ma una volta dentro è un trionfo di freschezza e sapori. E anche la cucina viaggia bene quando si tratta di ordinare salmone o aragosta. Bella scelta di bianchi e Champagne, a completare l’opera.
Gran finale al numero 24. C’è la Patisserie by Cyril Lignac. Chef intraprendente, ha voluto con sé un ex pasticciere di Fauchon (la celebre gastronomia di Place de la Madeleine) per aprire questo forno/pasticceria. Grande qualità e scelta legata ai classici. Fantastico il Paris-Brest con crema di nocciola, ottime les eclairs au chocolat. E poi Mont Blanc ma anche un semplice pain au raisin (brioche con l’uvetta, per capirci), qui arricchito dalla presenza di pasta di mandorle. E infine baguette da comprare e sgranocchiare in strada, una strada, rue Paul Bert, dove si respira il gusto di Parigi. Non solo per il turista ma anche per il gourmet. Perché la grande ristorazione francese è di difficile approccio, sia per i prezzi (al Pavillon Ledoyen del grande Yannick Alleno, alla carta, si spendono all’incirca 380 euro), sia perchè le novità risiedono altrove. Più facile trovarle a Milano, ad esempio, che all’ombra della Tour Eiffel.
La foto del Bistrot Paul Bert è stata tratta dal sito aziendale; la foto della Cave è stata tratta dal sito parisfoodaffair.com; quella della Patisserie Lignac è stata tratta dal sito thegreencake.wordpress.com
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