Nato a Conegliano nel 1967, Luca Cuzziol, imprenditore pragmatico e sagace, ha saputo trasformare l’azienda di famiglia nata negli anni Cinquanta in uno dei nomi di spicco della distribuzione italiana nel settore enogastronomico, sia sul fronte del vino nazionale, sia su quello internazionale con un’oculata quanto decisiva attività di importazione, riuscendo ad affiancarsi nell’arco di pochi anni ai nomi storici del settore (Brovelli, Meregalli, Sagna, Sarzi Amadè, Pellegrini). Il successo commerciale dell’attività è sotto gli occhi di tutti e ha di recente coinvolto nella Cuzziol Spa – guidata dai fratelli Giuseppe, Maria Grazia e Luca, che ne è amministratore delegato – partner importanti nell’azionariato come Luciano Benetton e Bruno Paillard (maison di Champagne tra i fiori all’occhiello della distribuzione), ambedue con il 12,5 per cento delle quote. La recente creazione di Cuzziol GrandiVini Srl nasce con l’intento di dedicare al mondo del vino ricerca (accanto alle 14 regioni dello Stivale e alle 9 della Francia, oggi l’azienda importa vini da Austria, Germania, Portogallo, Slovenia, Spagna, Armenia, California, Argentina, Nuova Zelanda) e formazione (dedicata ai 90 agenti sparsi sul territorio nazionale).
Agnobianco 2017 – Masari
Dalla Valle dell’Agno, terroir vicentino che i coniugi Massimo Dal Lago e Arianna Tessari hanno contribuito a rilanciare, arriva un uvaggio di durella, garganega e riesling che abbina brillantemente polpa matura e fodera minerale: un esempio cristallino di come la natura e la sostanza di una vendemmia siano interpretate con uno stile rigoroso che non sottrae piacevolezza.
Soave Classico 2017 – Suavia
Le sorelle Tessari (Meri, Valentina, Alessandra, la quarta è l’Arianna di Masari) presentano un “base” di Soave Classico già espressivo: agrumi, erbe, succo e contrasto, con vivezza e allungo già tutti da godere. L’annata è probabilmente complice della sua precocità, ma l’ormai nota tensione stilistica della casa non arretra di un grammo.
Da questo cru nero e vulcanico ci si aspetta sempre l’acuto del grande Soave. Il 2016 non deluderà i suoi aficionados. Naso arioso e spazioso: grande agrume, anice, pietra pomice. Palato succoso, dinamico, elegante, persistente. Tratto verticale, futuro luminoso.
Le Rive 2015 – Suavia
È il bianco più sperimentale e controverso della produzione. Ex Soave Doc, proviene da una vendemmia ottobrina e da un affinamento in botte grande. In passato gli sbilanciamenti del rovere e dello zucchero hanno creato qualche problema sul piano dell’equilibrio, ma da qualche millesimo le prospettive sono cambiate. Questo 2015 sembra uno dei conseguimenti migliori: ha morbido volume alsaziano e raffinato boisé, agrume candito e spinta vulcanica. Spira un’aria nordica che ammalia.
Alto Adige Valle Isarco Kerner 2017 – Strasserhof
Alto Adige Valle Isarco Riesling 2017 – Strasserhof
Come per il Kerner, anche qui i fattori decisivi per la riuscita del vino sono tanto i suoli di sabbia e ghiaia, quanto una vinificazione in acciaio che restituisce intatti i valori della varietà e della sua terra. Ancora embrionale (e vorrei vedere), con accenni di petrolio e sfumature agrumate, è un bianco polposo e contrastato, di bella profondità minerale, con allungo che promette un futuro tutto da seguire.
Alto Adige Valle Isarco Sylvaner 2017 – Strasserhof
Alto Adige Valle Isarco Grüner Veltliner 2017 – Strasserhof
La mano di Hannes è felice nell’interpretazione quanto eclettica nelle diverse varietà che compongono l’ampelografia della Valle Isarco. Così il Sylvaner gioca sulla freschezza dell’agrume, sulle sfumature aromatiche, sulla polpa, sulla freschezza, sull’acidità citrica. Così il Grüner Veltliner abbina la freschezza degli agrumi con la mineralità pietrosa: è ancora giovane, ha qualche spigolo vivo, ma risulta promettente. L’anno prossimo uscirà il nuovo Sauvignon: la curiosità è già in atto.
Alsace Grand Cru Mambourg 2013 – Marcel Deiss
Alsace Grand Cru Schoenenbourg 2012 – Marcel Deiss
Antico “lieu-dit” di Riquewihr, lo Schoenenbourg è un grand cru solatio nell’esposizione, di composizione marnoso-gessosa con presenza di arenarie nel terreno, con un microclima favorevole per lo sviluppo della muffa nobile. È una terra che conferisce potenza e longevità ai vini e tra le uve predomina il riesling. Il vino sfoggia carattere, succo, profondità. Ha uno stile di bella pienezza tardiva, ricco nel frutto, di notevole trazione minerale, con finale sulla pietra focaia.
Alsace Grand Cru Altenberg de Bergheim 2011 – Marcel Deiss
È uno dei più importanti e celebrati vigneti di tutta l’Alsazia (l’intero cru si estende per 35 ettari all’interno del comune di Bergheim). Le parcelle di Jean-Michel e Marie Hélène Deiss, le ultime a essere vendemmiate (generalmente a ottobre), sono esposte a sud e poggiano su terreni argilloso-calcarei con componenti ferrose. Il microclima, molto caldo, favorisce lo sviluppo della pourriture noble. Vi convergono da tradizione tutti i principali vitigni alsaziani ed è proprio da qui che è partita la rivoluzione di Jean-Michel, tornando alla tradizione della vendemmia congiunta delle varie uve. Per lui questa è l’espressione pura del terroir. Assaggiandolo, è facile capire perché: frutto esotico fuso al minerale, sentori di botrite nobile, senso di riesling; polpa da capogiro, residuo zuccherino che si scioglie nel succo e nell’eleganza del tratto.
Da un rivoluzionario a un altro. Marco Parusso è un produttore dalle rivoluzioni perenni, un treno perennemente in corsa, un interprete senza ricette e senza etichette. Negli anni Novanta partecipava con successo allo stile dei “Barolo Boys” pur con una cifra personale nell’interpretazioni, negli anni Duemila è diventato il produttore radicale di un Barolo dai sentori di frutta esotica, dal tratto tenero e dai tannini setosi. E oggi? Oggi è Marco Parusso. Punto. Un vignaiolo attaccato alla sua terra, un produttore che non smette di sperimentare, un “bastian cuntrari” per cui la ricerca della perfezione è lavoro, lavoro, lavoro. Spesso senza compromessi. Il suo Barolo 2014 è ciò che è rimasto di quell’infausta annata. Niente cru in produzione, un solo vino (che è un “concentrato di cru”). Arioso, balsamico, dal tannino agile e sottile, di beva invitante quanto profonda.
Barolo Mariondino 2013 – Armando Parusso
Barolo Mosconi 2013 – Armando Parusso
Barolo Bussia 2013 – Armando Parusso
Il trittico dei cru del 2013 può cominciare con il Mariondino di Castiglione Falletto: denso, succoso e lungo. Per poi proseguire con i due del comune di Monforte. C’è un Mosconi esotico e flessuoso, con ampie sfumature di balsami e liquirizia, e persistenza articolata. E un Bussia specularmente tropicale e polposo nel frutto, tenero al tatto, soffice e incisivo nel tannino, personale e persistente in chiusura.
Barolo Bussia Riserva Etichetta Oro 2009 Armando Parusso
È la Riserva più prestigiosa dell’azienda, prodotta solo nei grandi millesimi (finora 1999, 2001, 2004, 2006, 2009) con il nebbiolo proveniente dalla Bussia. Un anno e mezzo di barrique a contatto con i lieviti indigeni e cinque anni di bottiglia prima della commercializzazione. Ha struttura possente sciolta in un tannino saporito e terroso. Notevole spaziatura balsamica con riflessi di talco. Centro bocca pieno, tonico, saporito. Finale con riassunto di liquirizia.
Parusso Metodo Classico Brut 2013 Armando Parusso
Più che una bizzarria, il recupero di un’antica tradizione: la spumantizzazione del nebbiolo di Langa, le cui prime tracce storiche risalgono al 1787 e di qui rimangono altrettante testimonianze nel corso della prima metà dell’Ottocento. Tiraggio con mosto di nebbiolo appassito e permanenza sui lieviti per circa 3 anni. Carattere cremoso e teso nella miglior tradizione della casa.
Sangiovese Romagna Superiore MorAle 2016 – Poderi Morini
Sangiovese Romagna Superiore Riserva Nonno Rico 2012 – Poderi Morini
Traicolli 2011 – Poderi Morini
Il Traicolli è invece una rara versione di centesimino, varietà autoctona del Faentino dov’è conosciuto anche come “savignôn rosso” che i Morini (accanto ad Alessandro c’è la moglie Daniela) producono in altre due versioni (spumante e passito). Vendemmia a metà settembre, fermentazione in acciaio, vinificazione in tonneau. Carattere esuberante (spezie, rosa selvatica, erbe aromatiche e officinali), palato denso e pepato, di bella pienezza e contrasto, con lunghezza di erbe medicinali e rabarbaro.
Chianti Classico 2016 – Badia a Coltibuono
Chianti Classico Riserva 2013 – Badia a Coltibuono
Chianti Classico Riserva Cultus Boni 2013 – Badia a Coltibuono
Sangioveto 2013 – Badia a Coltibuono
Montebello 2013 – Badia a Coltibuono
I rossi del 2013 (annata lunga, tardiva, classica da Classico) appaiono tra le versioni più riuscite degli ultimi anni. La Riserva (sangiovese con saldo di canaiolo, ciliegiolo e colorino; due anni di rovere francese e austriaco) esprime il lato più ombroso e chiaroscurale del territorio (cuoio, terra). Il Cultus Boni, che ha macerazione più lunga (40 giorni), possiede struttura vigorosa, tannino verace, sviluppo contrastato e tannino fine. Il Sangioveto (sangiovese in purezza con cinque settimane di macerazione e affinamento di un anno e mezzo in barrique di cui solo il 10% nuove) è in grande stato di forma: alloro, erbe, cuoio, genziana… Bocca succosa e viscerale, intensa e speziata, di bella baldanza tannica e allungo di sapore. Il Montebello è fusione di nove vitigni storici: sangiovese, mammolo, ciliegiolo, canaiolo, pugnitello, colorino, sanforte, malvasia nera, foglia tonda. Ognuno di questi è vinificato e invecchiato singolarmente. Fermentazioni sempre naturali. Struttura salda, corpo vigoroso, ciliegia succosa, carattere selvatico, profondo e lungo.
Ciliegiolo Narni 2017 – Leonardo Bussolletti
Ciliegiolo di Narni Ramici 2014 – Leonardo Bussolletti
Neostos 2016 – Spiriti Ebbri
Appianum 2015 – Spiriti Ebbri
Conosco poco, anzi per niente, questa azienda armena (come in genere l’Armenia del vino, lo confesso), ma quel che è certo è che questo vino non passa inosservato. Lo produce Zorik Gharibian, un armeno cresciuto in Italia tra Venezia e Milano che ha deciso di ritornare nella terra degli avi per produrre vino in un luogo di millenaria tradizione storica, il villaggio di Rind, nel territorio di Yeghegnadzor. Questo rosso nasce su un altopiano a 1400 metri circondato da montagne innevate da una varietà autoctona prefillossera, l’areni noir. L’escursione termica è considerevole (20 gradi tra i 40°C del giorno e i 20°C della notte), la vendemmia ottobrina, la fermentazione in cemento e l’affinamento in vecchie anfore armene (“karas”) di diverse misure. Matrice selvatica, frutto esuberante e pepato, tannino incisivo, sviluppo dinamico, contrastato, di bell’espressione e personalità.
Moscato d’Asti Lamoscata 2017 – Mongioia
Cuzziol Grandi Vini Srl
Via Serenissima 19 – Santa Lucia di Piave (TV)
Tel. 0438 45657
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Nella terza immagine, Alessandra Tessari di Suavia