Alla scoperta dei vitigni autoctoni: sarà “famoso”!

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vigne-tenuta-casaliContinuiamo il nostro viaggio alla scoperta dei vitigni autoctoni della nostra penisola che stanno vivendo una nuova vita. Dopo il Groppello d Revò ci spostiamo in Romagna, per fare la conoscenza del “famoso“. A tal proposito i nostri ciceroni saranno ben tre: Valerio Casali della Tenuta Casali, Leone Conti dell’omonima azienda agricola e il direttore della cantina Sociale di Faenza, Fabio Castellari, tre voci e tre visioni per un vitigno caratterizzato dalla versatilità.

Valerio Casali intanto ci racconta l’affascinante storia del “nativo” romagnolo: ” Tutto ebbe inizio con la famiglia Silvani, nobil casato di San Piero in Bagno che aveva estesi possedimenti coltivati anche a vite, sebbene in un territorio non facile perchè già di discreta altitudine. Come costume delle famiglie nobiliari del Settecento, uno dei figli veniva destinato alla carriera ecclesiastica, e così fu per Don Montalti, discendente dei Silvani, a cui fu affidata la parrocchia di Monte Sasso, frazione di Mercato Saraceno, e la relativa prebenda. Don Montalti iniziò quindi a piantare nell’appezzamento parrocchiale alcune barbatelle ricavate dai vigneti di famiglia, per poter ottenere il vino per la Santa messa durante tutto l’arco dell’anno. Ebbene, si trattava del “famoso” ! Don Montalti ne otteneva un vino surmaturato, non ancora passito.  Il parziale appassimento era dovuto al fatto che gli strumenti dell’epoca non permettevano una lunga conservazione dei bianchi, spesso a rischio di ossidazione, e solo un buon grado alcolico garantiva una più lunga durata.

Ecco spiegato il motivo per cui a volte si tende ad avvicinarlo alla Malvasia o al Moscato bianco. Per anni i discendenti di Don Montalti curarono la vigna senza però più estrarne il pregiato nettare. Questo fino al 1992, quando a causa di alcuni lavori di sistemazione che interessarono l’area dell’allora prebenda, le viti vennero estirpate. Elio Montalti, nipote del sacerdote, anche se di professione imprenditore e non agricoltore, raccolse le pianticelle estirpate e le piantò nei terreni di sua proprietà, salvando così gli ultimi esemplari del “famoso” di Romagna. Negli anni successivi (primi anni Duemila), grazie al lavoro di ricerca genetica sviluppato dalla dottoressa Marisa Fontana, si è potuto accertare l’identità e il DNA del vitigno “famoso”. Da allora, molti vignaioli romagnoli hanno iniziato a ripiantare nuove barbatelle “discendenti ” dalla storica vite del Montalti, e oggi il vino Famoso può fregiarsi dell’Igt.”

Le vicende del Famoso sono anche state fatte oggetto, di recente, di un’insolita rappresentazione che potremmo definire eno-teatrale, da parte dell’Associazione Piv di Ferrara e della Compagnia teatrale Baraonda. La Tenuta Montalti ha conquistato proprio con il suo Famoso Igt la Pergamena d’eccellenza dalla guida dei sommelier “Emilia Romagna da Bere”. Orgoglio ma soprattutto riconoscenza traspaiono dalle parole di Valerio Casali, che ha voluto donare la Pergamena ad Eros Montalti, discendete di Elio: ” La nostra azienda ha lottato per affermare l’identità del Famoso, ma nulla sarebbe mai successo senza l’opera di Elio Montalti, a cui va il nostro tributo per aver salvato il vitigno”.

Chiediamo quindi a Casali come è la coltivazione in vigna del famoso. “La vite è abbastanza resistente sia alle malattie che al clima, e questo ci ha spinto a convertirne la coltivazione al biologico. Trattandosi di un vitigno semi-aromatico, il grande lavoro per ottenere un buon vino è da effettuarsi prevalentemente in vigna. Tutte le operazioni, per nostra scelta, sono manuali. La potatura può avvenire sia con il metodo a guyot o a cordone speronato. Il momento di potare però è molto tardivo, la stasi vegetativa infatti giunge a fine inverno e l’ultima potatura deve avvenire in primavera.”

Domandiamo, infine, qual è la visione del Famoso per Casali:” A mio parere” -afferma il viticoltore di Mercato Saraceno-“il Famoso è un vino semi-aromatico e affinarlo in barrique o protrarne troppo l’invecchiamento equivarrebbe a travisarne la natura. Ecco il motivo per cui utilizziamo l’acciaio e preferiamo vinificare in purezza. Il Famoso è un vino che si adatta ai gusti dei giovani, e grazie alle moderne tecnologie per la vinificazione a freddo tutti i profumi dal grappolo riescono ad arrivare al bicchiere senza soluzione di continuità o laboriose lavorazioni. Sebbene la Tenuta Casali offra solo la versione di vino fermo, il Famoso si presta anche ad esser spumantizzato.”

Ringraziando il signor Valerio Casali, ci spostiamo a nord, nel faentino, per conoscerne un’altra lettura, quella del direttore della Cantina Sociale di Faenza, Fabio Castellari. Domandiamo subito:”come definirebbe il Famoso e quali sono le sue caratteristiche distintive?”

” Il famoso è un vitigno autoctono a bacca bianca con un disciplinare di produzione IGT che ne limita la zona di coltivazione alle province di Forlì e Cesena, di Ravenna e ai territori del Rubicone. Si tratta di un vino “moderno”, di facile beva, che si sposa e incontra i gusti del consumatore attuale. E’ adatto come aperitivo ma è ottimo anche come vino da tutto pasto. Si tratta di un vino secco ed è apprezzabilissimo sia nella versione spumante che di vino fermo. La scelta prevalente fra i nostri soci, che stanno incrementando le superfici vitate a “famoso”, è l’affinamento in acciaio, e coloro i quali prediligono produrre le bollicine optano per il metodo Charmat rispetto al Classico.”

-“E stato’ lanciato il guanto di sfida al Prosecco?”

Il Direttore risponde:” assolutamente no, il Famoso è tipico della nostra zona e ha una sua precisa identità territoriale. Inoltre credo che ci troviamo solo all’inizio del successo del nettare romagnolo sia in termini quantitativi ( il numero di bottiglie prodotte è ancora esiguo) che in termini di export. La denominazione “Famous ” è accattivante e colpisce il consumatore straniero, che poi ne rimane estasiato fin dai primi sorsi.”

Porgiamo i nostri ringraziamenti al dott. Castellari e ci apprestiamo a conoscere un’altra interpretazione del Famoso, quella di Leone Conti, produttore il quel di Faenza nella zona di Santa Lucia, sovrastata dall’antica torre di Oriolo dei Fichi, che ha intrapreso una strada del tutto diversa, la spumantizzazione secondo il Metodo Classico. ” Il famoso è un semi-aromatico che per questa presenza di profumi -e anche da un punto di vista ampelografico- è accostabile ad un moscato. Si tratta di una vite molto produttiva, il vino ha una bassa acidità e buone sapidità e mineralità. Noi lo proponiamo come vino fermo e come spumante, ma con una lavorazione molto lunga tesa a smorzarne l’immediata aromaticità e a donargli un carattere internazionale, oserei dire francese. ”

-“Quali sono i procedimenti per ottenere LeOne , il suo Famoso fermo, e il “Resiliente”, il Famoso Metodo Classico ?”

” Per il LeOne abbiamo scelto di vendemmiare in leggera sovramaturazione senza arrivare però all’appassimento. A questo punto, in controtendenza alla consuetudine che vuole il Famoso come vino giovane, abbiamo optato per una maturazione sui lieviti in barrique e un successivo affinamento in bottiglia. Trascorrono infatti dai 3 ai 4 anni affinchè il nostro Famoso venga commercializzato. Per quanto riguarda le versione con le bollicine poi, il nostro Spumante da uve famoso è ottenuto tramite Metodo Classico (quindi doppia fermentazione). Unico nel suo genere, il Resiliente Extra-brut rimane non meno di 25 mesi sui lieviti (legno + acciaio). Trascorrono almeno 2 anni prima di uscire sul mercato.”

-“Una scelta controcorrente, ci può spiegare le motivazioni?”

” Secondo noi il Famoso ha un grande potenziale, e tramite l’invecchiamento e la lavorazione a Metodo Classico arriviamo ad ottenere un prodotto nobilitato a cui abbiamo conferito struttura. I nostri numeri sono di nicchia, se pensiamo che produciamo 2500 bottiglie di Metodo Classico e 3000 bottiglie di LeOne. Decisamente un prodotto più evoluto, che può conquistare palati di ogni nazionalità.”

Il famoso è quindi un vitigno molto versatile che trova il minimo comun denominatore proprio nel forte legame con il territorio. E’ un vitigno fortemente romagnolo che si sposa con i piatti locali, fino ad esser abbinato alla piadina con lo scquacquerone. Alcuni voci del mondo enologico lo considerano ancora un vino in cerca di una precisa identità oppure il prossimo rivale del Prosecco veneto, ma i produttori romagnoli che abbiamo ascoltato, sebbene utilizzino diversi metodi di produzione, concordano sull’enorme potenzialità di questo vino-vitigno, che può conquistare con la propria “romagnolità” anche il consumatore straniero, raccontando il territorio proprio come un piatto di cappelletti: un nuovo ambasciatore del gusto Romagnolo!”

Siti di riferimento: www.tenutacasali.it , www.cantinafaenza.it, www.leoneconti.it

 

 

 

Elena Pravato

Se fossi un vino fermo sarei un Moscato giallo Castel Beseno. perché adoro i dolci (prepararli e mangiarli ) e resto fedele alla regola non scritta dei sommelier “dolce con dolce” . Inoltre è trentino come la terra che mi ha adottato. Se fossi uno spumante sceglierei un Oltrepò Pavese perché ricorda la mia Lombardia, dove sono nata e cresciuta. Se fossi un bicchiere sarei un bicchierino da shot o cicchetto, data la mia statura tutt’altro che imponente.

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