La conduzione agronomica, improntata a principi naturali, impiega solo rame, zolfo e letame. Il Bianco Daipastini 2018 (Pastini è il nome della contrada), uvaggio di guarnaccia al 70% e malvasia bianca al 30% con 20 ore di macerazione sulle bucce, ha colore paglierino intenso, un naso dai profumi sottili, nemmeno troppo pronunciati per la tipologia, un palato denso e ricco, più esplicitamente macerativo senza però esagerazioni, senso “birroso” e muschiato, di buon sapore nonostante la consistente glicerina e i 15 gradi alcolici.
Il Rosato Daipastini 2018, magliocco in purezza con 8 ore di macerazione proveniente dalle vigne più giovani come già il Bianco, ha profumi piacevoli e bocca di spessore. Il Terre di Cosenza Pollino 2015 (qui annata piovosa, mi dice Giuseppe), ancora magliocco in purezza ma con le uve provenienti dalla vecchia vigna ad alberello della nonna, viene raccolto nella prima decade di ottobre e fa solo acciaio. Rubino fitto dal bordo granato, naso da fermentazione spontanea e dal carattere ruvido, bocca succosa, terrosa, liquiriziosa, naturale nello sviluppo, dal tannino vivo, maschio, con buona freschezza finale.
Il Terre di Cosenza Pollino 2013 ha tinta rubino fitto dalle intense sfumature granato. Sempre il lato terroso del magliocco in primo piano, il suo carattere pronunciato, rustico ma verace. Palato succoso, naturale, invitante, dal respiro terroso-balsamico, dal tannino imperioso, tutto fuorché docile o levigato, senza mezze misure, ferroso, massiccio, lungo, pronunciato.
«Non si riesce ancora a capire da dove arriva la bollitura. Ho una mia idea a riguardo. Saracena era un paese di commercianti anziché di agricoltori, era una via di passaggio che portava a Scalea. C’erano probabilmente dei nobili che volevano fare un passito come quello siciliano. Ma non arrivando alle gradazioni della Sicilia per via del clima più freddo, comincia a prendere piede la pratica di far bollire il mosto per ottenere un vino simile», mi racconta mentre apre una bottiglia di vetro da un litro, chiusa da un tappo a corona, con la scritta Deutscher Brunnen (quelle bottiglie con il vuoto a rendere che contenevano le bibite frizzanti). È il Moscato prodotto dalla nonna negli anni Ottanta! La bottiglia è aperta da un mese e mezzo. Colore mogano scuro, sfumature quasi verdi. Mogano anche al naso, ma lucidato, ebanisteria, uva passa e candita, fichi, qualcosa che ricorda il Vin Santo, note balsamiche. Palato di gran densità, mosto cotto e caramello, noce a gogò, gheriglio supremo, tannino vivo, tratto viscoso, grasso, finale di zabaione.
Un’altra bottiglia, primi anni Ottanta. Colore marrone scuro. Naso di marca più ossidativa ma con gran ventaglio di sensazioni: caramello e croccante della fiera, noce e balsami, liquirizia e cioccolato. Più ti soffermi e più esce. Palato denso, viscoso, quasi da Pedro Ximénez, apologo del caramello e del mosto cotto («tempo addietro usavano anche mosto crudo del rosso dei vicini per far partire la fermentazione, soprattutto chi non aveva tutte le uve che servivano»). Invitante, incessante finale di noce e liquirizia.
Maurizio comincia a occuparsi di vino dal 1999, insieme al fratello Roberto, perito tecnico industriale, ex elettricista convertito alla causa dell’enologia e ora responsabile della produzione. La cantina è una specie di antro che contiene e raccoglie testimonianze di vita, ricordi di famiglia (il padre di Maurizio faceva il sarto, suonava il violino e aveva una passione per la fotografia), strumenti di lavoro: tante bottiglie, alcune botti, targhe e attestati, libri, strumenti musicali, fotografie d’epoca, manichini, vestiti e costumi, oggettistica di vario genere e foggia.
Il lacrima nera forma l’ossatura, insieme a un saldo di malvasia e guarnaccia, anche del Donna Marianna 2013 (il nome deriva da una zona montana vicino al paese). Le uve vengono vendemmiate, pressate insieme con macerazione sulle bucce e torchiate. La maturazione avviene in acciaio, l’affinamento in barrique per sei mesi/un anno e poi tanta bottiglia prima di uscire sul mercato. Colore granato leggero, sfumature rosate. Naso espressivo: sottobosco, rabarbaro, genziana. Palato succoso, morbido, ammandorlato, note di fermentazione spontanea, ancora il rabarbaro. Un vino artigianale, eccentrico, invitante.
Anche qui il grande cuore della produzione è nei passiti. Il Moscato Passito al Governo di Saracena 2011 possiede un colore arancio brillante, profuma di erbe officinali e aromatiche (rosmarino), melograno, rabarbaro e sfumature salmastre. Palato succoso, dolce/non dolce, con vividi input di scorza di albicocca.
Colore arancio intenso e brillante. Fragranze di albicocca secca, erbe aromatiche e note salmastre di tale pregnanza e intensità che sembra di essere a Pantelleria. Palato denso, grasso, contrastato, irresistibile. Gran finale di albicocca secca e rosmarino. Poi Maurizio appoggia sul tavolo una bottiglia senza etichetta. La apre e versa un contenuto ambrato-aranciato nel bicchiere. Gran naso: erbe officinali, menta, miele-melassa-melata, rosmarino, salvia, mirto, scorza di arancia, agrume candito, poi marzapane e rabarbaro. Bocca succosissima, dolce/non dolce, officinale, aromatica, fresca, invitante, inebriante, quasi un’ambrosia, roba da Magna Grecia, tanta lunghezza, la scorza d’arancia, il kumquat, il bergamotto. È un vino del 2008, ancora senza nome. «È un “Raspato di Saracena”. Il mosto viene leggermente scottato più che bollito, senza aggiunta di uva passa, perché questa era solo per i più ricchi. Questo vino era l’integratore e il sostegno per i contadini quando lavoravano in campagna, insieme a un pezzo di lardo di maiale. Me lo ricordo da bambino e da adulto persi la testa la prima volta che lo assaggiai, avevo trent’anni. Fermenta e matura in piccole botti da 150 litri».
Intraprendono la coltivazione biologica in campagna (tre ettari vitati sparsi tra Saracena, Firmo e Lungro), convertendosi nel 2014 al biodinamico con la decisiva collaborazione di Michele Lorenzetti. A guidare l’azienda è oggi soprattutto Gina Bavasso, nata nel 1985 a Cosenza, liceo scientifico a Castrovillari, studi di Scienze Politiche a Roma. È lei, a differenza delle sorelle più grandi (Marta e Maria, le quali hanno scelto altre carriere e lavorano tra Londra e Roma), che ha sentito la necessità di continuare l’opera di famiglia.
Comincia a produrre nel 2012, ma la prima bottiglia ufficiale, «dopo momenti di iniziale sconforto e la produzione di ottimi aceti di vino», è del 2015. L’Aglò 2016, uvaggio di guarnaccia e malvasia (rispettivamente 70% e 30%) vinificato in acciaio, ha colore giallo intenso nonostante l’assenza di macerazione e un senso di grano nell’aria. Più strutturato è il Danfora 2015 (guarnaccia 80%, malvasia 30%) con 24 ore di macerazione, fermentazione più maturazione in anfore di terracotta per sei mesi dopo la fermentazione. Colore dorato intenso dai riflessi oro zecchino. Profumi di buccia d’agrume e fiori secchi. Palato foderato da un tannino fitto e da un’alcolicità importante, tuttavia ben delineato.
Il Dramis Rosso 2016, magliocco dolce in purezza da vigna centenaria, viene vinificato, come tutti gli altri vini, con fermentazioni spontanee senza controllo della temperatura. Colore porpora-granato, profondo naso mediterraneo, registro terroso, note balsamiche, sensazioni di carrube. Palato succoso e tenero, sorretto da un telaio tannico dalla maglia stretta, alcol integrato, buon equilibrio. Dramis era il cognome della bisnonna Olga. Il Moscato Passito 2016 sfodera un colore mogano fitto e vivo, un naso esuberante e balsamico di alchechengi, arancia sanguinella, scorza d’agrume, fresche note balsamiche. Palato denso, grasso, permeante, ben contrastato, acido, incisivo.
Sono stato a Saracena nei giorni del Saracena Wine Festival (25-28 aprile 2019), un’iniziativa locale dedicata al Moscato di Saracena, Presidio Slow Food, e agli altri vini del Pollino, che sta prendendo una fisionomia sempre più interessante e professionale. Tra degustazioni, banchi d’assaggio, convegni, seminari, concerti e cibi di strada in luoghi ricchi di fascino, c’è stata anche l’occasione di assaggiare altri Moscato del territorio.
Il Moscato Passito 2017 Franco Laurito si presenta con un colore arancio intenso e note olfattive di frutta candita. Palato sulla dolcezza con note di pasticceria, canditi e miele. Intenso tratto alcolico e discreto contrasto.
Il Moscato Passito Riserva 2017 Pandolfi ha colore aranciato-mogano. Olfatto screziato da note di soffitta e granai in stile Vin Santo, volatile vibrante. Palato di grande densità, decisamente viscoso, caramello e croccante della fiera, qualche segno di rusticità ma carattere da vendere, buon contrasto, allungo balsamico, fresco-acido.
Il Moscato Passito 2015 Diana possiede un aspetto aranciato intenso e velato, note di amaretto e sentori balsamici, e poi una bocca densa e alcolica, dall’anima di caramello e dai toni di frutta candita. Bella dolcezza e alcolicità, finale fresco.
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