E’ lì che Gianni ci aveva visto giusto. Nel credere che anche la allora vituperata vernaccia, ferita nell’onore da rustiche approssimazioni enoiche, avesse dentro un potenziale inespresso che attendeva soltanto di essere scoperchiato, soprattutto in termini di longevità.
Scatenando le iniziali ire del consesso produttivo locale a causa della presunta eterodossia stilistica, riuscì a disegnare per lei una cornice più nobile grazie alla quale potersi confrontare con i vini del mondo senza timori reverenziali, prefigurandone un futuro diverso.
Questa Vernaccia è stata forse l’ultimo atto consapevole di Gianni Panizzi prima della sua scomparsa; l’ultimo sigillo di un percorso fatto di stimoli e curiosità. Di questo ultimo atto me ne è stato fatto dono. Oggi è un sorso che vive, come il ricordo di lui.