Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio (comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e Poggibonsi), Vagliagli.
Un piccolo passo verso qualcosa di grande (qualcosa di atteso) che arrivi a comprendere e a riguardare la liceità e il diritto di rivendicazione in etichetta di un luogo di origine, di una appartenenza, di un sito.
Ad oggi l’uso è consentito per la tipologia dei Chianti Classico Gran Selezione. Sì, proprio loro, l’ipotetico culmine della piramide qualitativa, dopo che per appartenervi mica importavano il luogo d’origine o i vitigni costituenti, bastava solo possedere certi parametri prestazionali, fin troppo sovente intesi come presenza scenica e forza bruta di estratti.
Ora, come per ogni rivoluzione che si rispetti, ci attendiamo la spallata decisiva, a recuperare nell’alveo delle possibilità anche i Chianti Classico e i Chianti Classico Riserva, ovvero i capisaldi della tradizione, in compagnia dei quali – guarda un po’- il mio cuore grato di bevitore ha provato spesso la vertigine sottile delle aritmie più forti.
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Come non essere d’accordo! La Gran Selezione mi è da subito sembrata una “trovata commerciale”, per certi versi simile alla bufala (posso definirla così?) del Prosecco Millesimato. Esagero?
Il cuore del Chianti pulsa nel Chianti Classico (numero 1 per me) e nelle Riserve.