Un’occasione unica, quindi, quella di partecipare a una lectio magistralis di Adriano Zago e Paolo Ravano dal titolo “corso introduttivo alla viticoltura in biodinamica professionale “, che si è tenuta a Torano Nuovo, in Abruzzo, presso l’azienda agricola Emidio Pepe.
Pur non essendo la matematica la mia materia, è stato abbastanza facile fare il conto della serva e chiedere un po’ di tempo da riportare su carta alla famiglia Pepe. La disponibilità è stata immediata, calorosa e accogliente, come poi successivamente le attenzioni rivolte ai partecipanti del corso per tutta la durata delle lezioni.
Come da accordi scendo a Torano Nuovo il giorno prima per intervistare Elisa e Chiara, nipoti di Emidio nonché presente- futuro dell’azienda. La loro gentile mediazione mi ha consentito questa bella conversazione.
“Buona sera Emidio“.
“Buonasera, qua se non ci sono io che ci dò l’acqua nessuno lo fa“.
Sorrido fra me e me, ecco la fibra di quest’uomo, granitico e gentile, sempre attento alla terra.
Mi presento e ci accomodiamo fuori dall’agriturismo di proprietà, insieme a noi c’è la moglie Rosa. Timidamente inizio.
Come vi siete conosciuti?
Rosa: “Ci siamo incontrati a un corso che la Coldiretti teneva per gli agricoltori.“
Emidio: “Sì, io già tenevo la terra e frequentavo a questi corsi di aggiornamento“.
Rosa, cosa ti ha colpito di Emidio?
Rosa: “eh…. “ . A entrambi scappano sonore risate, e sguardi di complicità che trasmettono ancora tanta passione. Rosa continua: “era una bell’uomo“. Di nuovo risate. La loro allegria è contagiosa. Attraverso i racconti mi coinvolgono in un ricordo dove sì, io allora non c’ero, ma mi ci portano. In una nuvola spazio-temporale divento spettatore e ne gioisco.
E a te, Emidio, cosa ha colpito di Rosa?
Gli occhi di Emidio, azzurri come il cielo, fissano di nuovo Rosa, come nell’ abbraccio audace di un tempo. Ridendo come il giovane ragazzo di allora, sussurra: “eh….era una bella ragazza“. Nessuno di noi trattiene di nuovo le risate. Mi rallegro nel vedere tanta intesa.
“Nessuna, si lavorava. Ci si doveva dar da fare per la famiglia“. Semplice, lineare, preciso.
Emidio, quale è stato l’ostacolo più difficile da superare per fare il vino che volevi?
“Non mi sento di dire che ho avuto ostacoli. Volevo fare quello che ho fatto e ho cercato il modo di farlo. Per far conoscere i miei vini prendevo la macchina, giravo l’Europa con il vino nel baule e ritornavo quando lo avevo finito. Così ho fatto in Giappone, in America. Il vino lo mettevo in valigia e andavo. Nessuno sforzo, era quello che andava fatto. Mi ricordo una volta di un ristoratore a New York che non mi voleva pagare il vino. Io avevo affittato la macchina per visitare i clienti. Allora pagai un taxi che mi fece da battistrada e portai il vino da un altro cliente, in un altro stato. Ho sempre e solo cercato il modo di vendere il mio vino, non mi sono mai preoccupato se potevo piacere o non piacere. E che dovevo fare? “
La sua voce profonda, tranquilla ma salda, aggiunge corpo nel descrivere certe storie di vita.
“Io mi sentivo dentro che dovevo fare quello. Forse sì, ho visto prima quello che potevo fare, quello che la mia terra poteva dare. Non mi sono mai posto il problema, non ho mai avuto dubbi e sono andato avanti.“
Emidio, Rosa, cosa non si deve mai perdere di vista nel lavoro e nella famiglia?
Rosa: “non ci sono cose più importanti di altre. La famiglia e il lavoro sono le cose importanti. “
Perentoriamente Rosa semplifica la risposta con due righe, che comunque nella visione di allora e di oggi riassumono il loro sentire. Dall’altra parte del tavolo Emidio annuisce in silenzio, guardandola.
Nell’azienda agricola Pepe, cosa Rosa ha saputo fare meglio di Emidio?
Emidio: “mah, non saprei… “
Rosa: “come, non saprei!? Quando tu eri in campagna io controllavo tutto qua! Controllavo gli operai che facessero bene, guardavo la cantina, le bottiglie e la famiglia “, replica un po’ indispettita. Emidio, da par suo, le manda un sorriso divertito che in parte ne placa lo spirito bellicoso.
Rosa: “cos’è il vino, cos’è il vino…. Il vino è lavoro, è fare crescere la famiglia, è far stare tutti bene. “
Emidio: “il vino è la terra, è il lavoro, è quello che so fare.“
Mi arrendo compiaciuto al fatto che il vino è soprattutto materia. È fatica e sudore, è vita, speranza, sopravvivenza.
Rosa, Emidio, il ricordo di un grande amico, Edoardo Valentini. Siete le colonne dell’Abruzzo enologico, quale sono state le peculiarità che vi hanno reso unici?
Emidio: “siamo sempre stati molto diversi noi due.”
Rosa: “lui girava “ -dice Rosa guardando fiera Emidio- “faceva venire la gente in cantina, coinvolgeva altri produttori. È stato presidente del Club 3P per diversi anni. Edoardo… “
Emidio: “Edoardo viveva tutto in modo solitario. Non voleva tanta gente attorno. Era sempre concentrato, ma anche sanguigno. Anche se eravamo diversi è stato un amico e sempre un confronto. Quello che ci ha reso unici è stato il fatto di seguire la nostra strada a nostro modo. “
Ndr: Il Club 3P era una associazione giovanile italiana con il motto Provare, Produrre, Progredire. Fu promossa da Paolo Bonomi, presidente della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti nel 1957.
Emidio: “Marcello Martelli!“, mi dice balzando sulla sedia, “fu il primo che ci sostenne. Aveva tanta passione verso il suo territorio. È stato un grande amico.“
(Marcello Martelli, penna sagace e guizzante nonché scrittore, fu a lungo caposervizio in Abruzzo del quotidiano “Il Tempo” e collaboratore della Rai e dei settimanali Gente e Oggi; ha fondato e diretto il quotidiano “Le Notizie”, diffuso nelle edicole con “La Stampa”).
Rosa: “e Mario Soldati “. Sì, cari lettori: quel Mario Soldati, che oltre a scrittore e regista fu anche il primo “gastronauta “ dell’era moderna. “Lui“, continua Rosa, “veniva a trovarci e ci ha sempre stimati e sostenuti. Spesso veniva qua e si fermava per qualche giorno da noi.“
Emidio: “e anche Veronelli. Luigi fu un nostro estimatore e un grande amico“.
Se si potessero esprimere tre desideri, quali sarebbero i vostri?
La risposta è immediata, unica ed all’unisono: “La salute”.
Rosa “ci basta la salute, per noi e per tutti“.
Emidio: “poter stare sempre così, tuttalpiù a me basterebbe un anno di meno “.
Trebbiano d’Abruzzo 2016: la struggente “temposemplicità“ di quello che scopro dentro questo bicchiere mi disorienta. Mi ritrovo ad accanirmi per cogliere quello che non c’è, per trovare paradossalmente un punto di riferimento, un rimando noto, ma non lo trovo.
Montepulciano d’Abruzzo 1993: è un viaggio onirico in compagnia di un vino giocato su un’essenza radiosa e sottile. Una miriade di dettagli che supera in potenza l’annata precedente, pur essendo più “spoglio“. Questo è il vino che vorrei sempre bere.