Diceva il buon Darwin che nella selezione naturale, a sopravvivere non è il più forte, ma quello capace di adattarsi meglio al mutare del contesto. Durante la quarta Anteprima del Colline teramane Montepulciano d’Abruzzo docg – la prima sotto l’egida del Consorzio vini d’Abruzzo, che ha assorbito il precedente consorzio teramano – una trentina di assaggi alla cieca hanno delineato un quadro del prodotto significativamente diverso rispetto ad un passato non troppo lontano, restituendo la sensazione di un vino che sembra orientarsi verso una maggiore prontezza e facilità di consumo. D’altronde, è ormai fatto noto che il mercato mondiale – quello dei numeri importanti, non la nicchia dei premium wines da collezione – non ne vuole più sapere di vini rossi alcolici e strutturati, sempre più in crisi. La possibilità di commercializzare il prodotto dopo solo un anno senza invecchiamento obbligatorio in legno – come stabilito dal cambio di disciplinare di qualche anno fa – ha consentito ai teramani di offrire vini più vicini ai gusti del grande pubblico, senz’altro più freschi e dinamici, cercando tuttavia di mantenere una certa complessità. Durante le degustazioni dell’Anteprima questo cambio di paradigma è emerso chiaramente, confermando l’alta qualità complessiva e l’indubbia vocazione “rossista” delle Colline Teramane.
Il “vento di cambiamento” è stato sintetizzato chiaramente nel discorso di Enrico Cerulli Irelli, presidente uscente del vecchio consorzio teramano: “L’introduzione di una versione giovane ha richiesto un po’ di tempo per essere assimilata dai produttori, ma oggi possediamo qualche anno di esperienza e vediamo emergere le prime espressioni. Questo, senza trascurare l’identità del vitigno e del territorio, che rimane prioritaria. Il montepulciano declinato nelle Colline Teramane difficilmente risulta un vino privo di struttura e consistenza, ma con attenzioni sia in vigna che in cantina e con scelte precise, come macerazioni più brevi e vendemmie oculate che seguano la maturazione e puntino a ottenere vini più freschi, può dar vita a un vino ancora importante, ma meno impegnativo per il palato comune”.
In conclusione, questa “nuova” via del Colline Teramane mi sembra inizi a dare messaggi convincenti. Una vivacità diffusa, belle espressioni del frutto, dosaggi del legno più equilibrati rispetto al recente passato e, sicuramente, una maggior coerenza ed omogeneità (verso l’alto) rispetto a quanto si trova nel resto della regione. L’impressione è che, così come oltre vent’anni fa i teramani furono “pionieri” in Abruzzo per la ricerca di una differenziazione riconosciuta (ottenuta con la docg nel 2003), anche oggi siano un passo avanti rispetto al resto di una regione che si trova di fronte ad una grande sfida: rendere il proprio vino simbolo, il Montepulciano d’Abruzzo, più contemporaneo ed “accessibile”, senza rinunciare alla propria natura e alla forte identità che l’ha sempre contraddistinto. Attendiamo curiosi (e fiduciosi).