Sotto-zona/cru: Vigneto Klaser – San Nicola – Caldaro sulla strada del vino (BZ)
Data assaggi: novembre 2007
Il commento:
Un giallo sgargiante e luminoso, pieno ed attraente, apre ad un naso ampio, aromatico, penetrante, con un accento dolce da vendemmia tardiva e le proverbiali note agrumate di pompelmo in prima linea, arricchito oggi da un “fiato” di erbe campestri, passiflora, anice stellato, rosa canina, cumino, lavanda…: un melange armonioso e seducente che non puoi evitare.
Eppure al palato non ti aspettare “sdolcinate dolcezze” o pachidermiche mollezze, perché qui la sferzante acidità ne rimodula gli assetti e ci informa di un vino dalla beva contrastata e dinamica, tesa e pura (hai uva sotto ai denti), capace di restituire un senso di naturalezza ben al riparo da ogni ovvietà. E’ un vino diverso questo, non c’è che dire, colto in una fase armonica conclamata, ed è una dimostrazione tangibile dell’enorme potenzialità (ed eclettismo) del pinot bianco, una varietà che dovrebbe poter conoscere ribalte e parole migliori.
Carattere, solarità e sapore in un piccolo-grande cru altoatesino, da ricercare e scovare con tenacia nelle enoteche d’Italia a 12 euro o giù di lì.
La chiosa:
Conoscere la famiglia Sölva, il figlio Dieter ed il padre Joseph, e soprattutto conoscerne i modi e i gesti, mi ha riportato ad una dimensione intima della vita di campagna; mi ha ricondotto semplicemente all’incanto di un mestiere ricco di suggestioni e di parole sempre nuove, quello del vignaiolo, da non stancarsi mai di ascoltare. Ne avevo bisogno. Qui fra l’altro i racconti sono pervasi da una voglia continua di approfondimento, senza che ci si acquieti sui traguardi raggiunti, ciò che mi era parso di intuire di già dalla personalità così poco omologata di quei vini. Così ho scoperto che da un lato c’è l’esperienza ultratrentennale di Joseph, che ha svolto la professione di consulente enologico per molti piccoli vignaioli altoatesini dediti a conferire le uve alle cantine sociali e che ha maturato intuizioni niente male quali quella del kerner, che grazie alla sua ricerca è stato adottato in alcune aree della regione poi dimostratesi oltremodo vocate (leggi Valle Isarco); dall’altro c’è l’entusiasmo tutto giovanile di Dieter, con un diploma conseguito presso la scuola enologica di San Michele all’Adige nei primi anni ’90 e la ferma volontà di trasformare quella che fino ad allora era stata una piccola realtà familiare conferitrice di uve in una piccola realtà, ancora familiare, che le uve e i vini se li producesse per sé. Fu così che, a metà degli anni ’90, nacque Niklaserhof, il cui nome ha inteso onorare il patrono del paese dove sorgono cantina e vigneti, San Nicola. Nel frattempo la cantina, oggi, si arricchisce di un locale nuovo, scavato letteralmente nella roccia, mentre le vigne, nella stragrande maggioranza, hanno ormai compiuto i trent’anni di età. Vi si coltivano in prevalenza varietà a bacca bianca quali pinot bianco, sauvignon e kerner (sì, vigneti di kerner sul Lago di Caldaro!), più un qualcosina di chardonnay. Dalle uve rosse invece, cresciute su terreni di impasto lourd e argilloso, si ricavano vini nei quali non è raro scorgerne doti di carattere (leggi Lagrein-Cabernet).
Dai terreni drenanti più “leggeri” e calcarei, da vigne inerbite condotte in modo naturale, i Sölva ricavano vini bianchi dalla fisionomia individua, figli peraltro di una tensione sperimentale cantiniera vitale e ragionata, e che vede per esempio le selezioni sostare a lungo sur lies in botti di rovere di vario passaggio (frequente l’impiego delle pièces da 500 e 700 litri) oppure in vasche d’acciaio, farsi brevi macerazioni sulle bucce e decantazioni statiche, od anche, ed è il caso del pinot bianco, vedersi interrotta la malolattica. Questi vini non sono vini “tutto e subito” e non vi dovete aspettare facili concessioni, soprattutto se colti in giovane età: l’iniziale ritrosia vuole e chiede aria, pazienza, tempo. Se glieli concederete, vi faranno capire l’enorme potenziale, in complessità aromatica e naturalezza gustativa, di cui si innervano. Vi accorgerete cioé della “pasta” di cui sono fatti. Così è per il Klaser, dove confluiscono le selezioni migliori di pinot bianco raccolte a piena maturazione da una specifica parcella e che resta ad oggi uno degli esempi vinosi più fulgidi, quanto a personalità e carattere, dell’intera regione; così è per il sorprendente Kerner, dalla brillante esposizione aromatica e dal seducente gripgustativo; così è per l’aristocratico Mondevinum, blend meritorio di pinot bianco, sauvignon e chardonnay che riscopro oggi in una versione 2004 flemmatica ed affascinante per via del registro minerale e del portamento austero di cui si fa vanto, in una versione 2005 in cui la finezza aromatica, gentilmente citrina, e la verve acida ne disegnano una silhouette slanciata e gradevolissima, e in una versione 2003 più grassa e alcolica, dai profumi avvolgenti di biscotto, lavanda e pesca e dal tatto morbido e vellutato. Di invidiabile affidabilità infine mi appaiono le versioni “base” di sauvignon e pinot bianco. Su tutto regna la salutare sapidità, il dinamismo mai sopito, la beneaugurante capacità di sfidare il tempo, la solare quanto istintiva complicità di un bere amico. Sono vini “trasparenti” questi, che “sentono” le loro stagioni e non si stancano di dimostrarlo, così come non si stancano di sbandierare una “marca” territoriale senza tentennamenti, fondata peraltro sulla dignità e sul temperamento.
Foto: Dieter Solva; cantina; bottiglie di Mondevinum
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