ROMA – Lo scorso 23 giugno consueto appuntamento a Roma per il “Barolo e Barbaresco Festival”, l’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Cuneo, in collaborazione con la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo, le Enoteche regionali del Barolo e del Barbaresco, il Consorzio di tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Roero, Unioncamere, Confcommercio e Fipe.
Sede dell’evento sempre il Marriott Grand Hotel Flora di via Veneto, location prestigiosa ma su cui continuo a nutrire molte perplessità (vedi l’accesso alla terrazza garantito da un unico ascensore, con fila chilometrica annessa, o ancora il sistema di aereazione dei locali insufficiente per garantire una decente temperatura di servizio ai vini). Ciò nonostante, un folto pubblico, composto prevalentemente da addetti ai lavori, ha sfidato i primi caldi romani per assaggiare le annate 2006 di Barolo e 2007 di Barbaresco, che con questa presentazione hanno fatto il loro “ingresso ufficiale in società” (in realtà sono in vendita dal primo gennaio e la stampa di settore ha avuto già diverse occasioni per testarne le qualità).
Leggo nelle note del cartella stampa: << Il Barolo 2006 è da annoverare tra i migliori degli ultimi anni, capace di regalare grandi emozioni agli estimatori, grazie alla straordinaria ampiezza di profumi e alle ottime gradazioni. I dati vendemmiali del 2006 citano una produzione di oltre 11 milioni di bottiglie, commercializzate da 310 aziende comprese negli undici Comuni (Barolo, Castiglione Falletto, Cherasco, Diano d’Alba, Grinzane Cavour, La Morra, Monforte d’Alba, Novello, Roddi, Serralunga d’Alba e Verduno). Per il Barbaresco, l’Albo vigneti 2007 stima circa 4 milioni e mezzo di bottiglie, immesse sul mercato da oltre 200 aziende, 105 delle quali con sede nei quattro comuni dell’area delimitata di Barbaresco, Alba, Neive e Treiso>>.
La prima considerazione che mi viene da fare è suidati quantitativi delle produzioni: 11 milioni di bottiglie per il Barolo e 4,5 per il Barbaresco! Ora, non conosco i dati di vendita interna e estera degli scorsi anni, ma mi viene spontaneo chiedermi se davvero, con i tempi che corrono, vi sia nel mercato una domanda adeguata per tutto questo “fiume rosso” di Langa! Sarò accusato di pessimismo, ma personalmente ho molti dubbi: sento parlare di cantine piene, di ristoratori ed enotecari che hanno ridotto gli ordini ed allungato i tempi di dilazione dei pagamenti, di pressioni fiscali e bancarie sempre più pesanti, di consumatori che, tra crisi economica e leggi antialcol, bevono sempre meno… Se a tutto questo aggiungete che stiamo parlando di vini che per caratteristiche e prezzo interessano solo ad una ristretta elite del mercato, allora mi chiedo se oltre 15 milioni di bottiglie non siano veramente troppe! Le Langhe – come purtroppo tante altre terre d’elezione del vino – sono state investite da speculazioni e miopi politiche commerciali che hanno portato ad un eccesso di produzione, piantando vigne dove non si doveva e proponendo cru anche nei fondovalle meno vocati. Ora io auguro ai produttori langaroli di trovare la formula magica (un investimento efficace in promozione e comunicazione basterà?) per sostenere la domanda dei loro splendidi prodotti, senza essere costretti a svenderli tra qualche mese. Ad oggi, però, scusate ma resto molto perplesso!
La seconda considerazione è invece qualitativa. La 2006 è stata presentata come un’annata importante, addirittura “una tra le migliori degli ultimi anni “! Dovrebbe essere un’annata di “ripresa”, dopo la bistrattata 2005 (che a me, poi, tanto malaccio non era sembrata) e l’impressionante sequenza di annate eccellenti che, con l’eccezione della 2002, si sono susseguite nell’ultimo decennio.
In realtà, almeno a giudicare da questi primi assaggi, la 2006, pur confermandosi una gran bella annata, sembra forse meno omogenea di quanto ci si aspettasse, con differenze da zona a zona anche piuttosto marcate. Comunque, il numero di vini di alto livello mi è sembrato più che convincente, con belle prestazioni dai territori comunali di Barolo, di Serralunga, di Castiglione Falletto. Un’annata che quindi definirei “completa”, con vini di buon equilibrio, spesso freschi e “scorrevoli”, con una bella qualità dei tannini, una complessità e un corpo maggiori rispetto all’annata precedente, e un’eleganza e profondità senza dubbio interessanti. Un dato generale che ho registrato riguarda l’aspetto cromatico dei vini, che ormai sembra aver definitivamente abbandonato concentrazioni da inchiostro e riflessi purpurei a favore di una diffusa e seducente riscoperta delle classiche tonalità granate brillanti, spesso tendenti ad un arancio trasparente fino al cuore. Una conferma, ritrovata poi anche all’assaggio, di quel processo di “alleggerimento” (positivo) che avevo notato anche lo scorso anno.
Per il Barbaresco 2007 le cose invece sono andate decisamente peggio. Anche qui l’annata era stata presentata come “buona”, anche se con meno enfasi rispetto alla 2006 del Barolo. Salvo rare eccezioni devo confessare che il quadro generale non mi ha convinto. Tanta materia, tanto frutto, tanti tannini, ma pochi profumi, poca freschezza acida, poca profondità. Molti vini appaiono già ora fin troppo pronti, con un profilo olfattivo “diretto”, dove spesso monocorde protagonista è il frutto; vini improntati magari a una rotondità e piacevolezza di beva immediata, ma che lasciano più che un dubbio sulle loro possibilità evolutive. Il che, da una parte, potrà far felice tutti quei consumatori che hanno poca pazienza o poco spazio in cantina, ma dall’altra è un evidente limite per le ambizioni di questa tipologia di vino, che mi sembra faccia sempre più fatica a tenere la scia dell’illustre fratello Barolo.
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