Malenchini, l’essenza toscana alle porte di Firenze

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A soli dieci minuti dal centro di Firenze è possibile tuffarsi nell’immaginario collettivo per eccezione della campagna toscana: una meravigliosa villa medicea che domina sui colli fiorentini immersa tra filari di vite e di olivi.

La famiglia Malenchini ha voluto festeggiare con una cena la fine di una lunga serie di lavori di restauro durati diversi anni. Per mezzo di questi sono riusciti ad allargare le attività aziendali: la villa è stata messa a disposizione per eventi, meetings e matrimoni, mentre il punto vendita diretto, molto importante in considerazione della vicinanza alla città, consente l’acquisto in loco dei vini e dell’olio di propria produzione.

Della magnifica Villa Medicea di Lilliano si hanno notizie già nel XI secolo ma, tralasciando alcuni passaggi, fu dal 1667, ovvero dalla cessione della villa dal Granduca di Toscana Cosimo III al fratello Cardinale Francesco Maria dé Medici, che raggiunse il massimo splendore grazie a ristrutturazioni, ampliamenti e abbellimenti operati negli anni a seguire da artisti famosi del tempo. La famiglia Malenchini ne divenne proprietaria nel 1850.

Oggi l’azienda conta 70 ettari di proprietà di cui 42 coltivati ad oliveto (cultivar frantoio, pendolino, moraiolo e leccino) e 17 a vigneto. A 200 metri sul livello del mare, trovano un microclima ideale filari di sangiovese, canaiolo, merlot, cabernet sauvignon, petit verdot e malvasia, mentre per le uve chardonnay e trebbiano, viene fatto affidamento ai viticoltori della zona. Il bravo agronomo ed enologo Stefano Porcinai, seguendo le indicazioni aziendali di Diletta Malenchini, ha puntato sui vini tipici della zona e della tradizione, in primis il Chianti Colli Fiorentini, il Vinsanto e un Supertuscan.

La cena ha permesso di degustare i vini principali dell’azienda e di poterne apprezzare l’ecletticità in abbinamento con la cucina, preparata per l’occasione, dalla principessa birmana June Bellamy, chef ed insegnante di cucina etnica medio – orientale nello studio omonimo di Firenze, a San Frediano per l’esattezza, nel quartiere degli artigiani dell’Oltrarno fiorentino.

L’aperitivo, servito nello stupendo giardino, ha proposto una sfiziosa frittata araba alle erbe e gustose biglie di noci abbinate al Chianti DOCG 2009 (100% sangiovese): un vino decisamente piacevole che colpisce per i profumi freschi, floreali e fruttati. Questi si riflettono anche al palato, a corollario di una morbidezza inconsueta per il vitigno. Il perfetto equilibrio regala una beva sorprendente e una buona persistenza; ottimo con tutti i piatti non particolarmente strutturati e da azzardare leggermente fresco con piatti di mare saporiti.

Rientrati nella villa, ecco la cena servita in una sala elegantemente apparecchiata. L’antipasto, accompagnato dallo stesso vino, offriva un vellutato hummus, delle piccole melanzane ripiene di ricotta alle allspices, sottaceti e una saporita pasta di sesamo con crema di melanzane.

Il primo, una croccante ed appetitosa sfoglia di pasta ripiena al formaggio –  presentata come antenata della nostra lasagna – ha visto l’entrata in scena del Chianti Colli Fiorentini 2008 (90% sangiovese, saldo canaiolo nero): vino dal carattere deciso, i profumi di frutta rossa e nera si alternano a quelli caratteristici dell’invecchiamento in botti nuove di rovere da 20 hl (4 mesi) e ad una particolare nota di inchiostro. In bocca rivela un discreto corpo ed una buona corrispondenza; i tannini si fanno sentire ma senza essere troppo aggressivi; equilibrata l’acidità e apprezzabile la struttura. Da prediligere con piatti di una certa sostanza e belle grigliate di carne.

A onor del vero l’abbinamento cibo-vino, dalla primo piatto in poi, ha cominciato a dare segni di incertezza ma nulla ha tolto al piacere delle portate e dei vini.

Così eccoci al secondo con un coreografico pollo ripieno di frutta secca alla persiana servito con pilau di riso e vermicelli. Il bel contrasto dolce salato della portata ha retto in parte l’accostamento al Bruzzico 2006 (80% cabernet sauvignon, 20% sangiovese): vino piuttosto complesso dai profumi variegati di frutta di bosco, prugna e marasche, per passare poi a sentori speziati di tabacco, cioccolata e vaniglia. L’affinamento avviene separato: 12 mesi in botti nuove di rovere da 20 hl per il sangiovese mentre il cabernet arriva a 18 mesi in barriques di primo e secondo passaggio. Vino di bella struttura e corpo che, grazie all’equilibrio generale, non risulta pesante come spesso accade per questi “vinoni” che ammiccano al mercato e al gusto estero. Tannini setosi e una corretta acidità accompagnano la lunga persistenza. Chi lo acquista, pazientando ancora due anni prima di aprirlo, dovrebbe gustarlo al culmine della bontà. Una bellezza con un buon cinghiale in umido o un buon brasato.

Non poteva mancare il dolce: una squisita pasta filo alle noci e miele, tanto dolce quanto gustosa, così prorompente da sovrastare il Vin Santo 2003 (100% malvasia). Un vin santo di media dolcezza giocato sulla godibilità e sulla beva ,che regala profumi e sensazioni al palato bilanciate tra il fresco, il floreale e sentori più marcati di miele e frutta secca.

Una tappa sicura per chi si trova a Firenze e per gli amanti del buon bere.

Malenchini
Via Lilliano e Meoli, 82 – 50015 Grassina (FI)
Tel. 055.6422602
www.malenchini.it

Le foto: la villa, i vigneti, cantina botti grandi, barricaia, June Bellamy e Diletta Malenchini, vini in abbinamento alla cena.

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

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