Cucinare le erbe selvatiche: un libro per iniziare

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Un nuovo libro a disposizione di chi vuole approfondire l’arte di cercare, riconoscere e cucinare le erbe selvatiche: da pochi mesi è uscito in libreria Cucinare le erbe selvatiche di Davide Ciccarese, per i tipi di Ponte alle Grazie. Il libro è composto da una interessante parte introduttiva, e dal repertorio di 26 piante selvatiche tra le più conosciute e reperibili (borragine, cappero, carota selvatica, crescione, finocchio selvatico luppolo, malva, papavero, piantaggine, portulaca, tarassaco…), descritte nelle loro caratteristiche, usi popolari, coltivazione, modalità di raccolta e naturalmente dalle ricette specifiche collegate a ciascuna pianta.

Davide Ciccarese è un giovane agronomo che si occupa della realizzazione di fattorie didattiche e orti urbani, con il pallino delle erbe che nascono spontanee, anche tra le crepe dei muri di città, e che rappresentano un tesoro per molti sconosciuto di gusti, aromi, colori. Giovedì 19 maggio a Milano si è svolta la presentazione del libro, insieme all’autore, a Pietro Leeman (chef del Joia, ristorante vegetariano stellato) e Antonio Perazzi, paesaggista. Va detto prima di tutto della cornice dell’evento, la Cascina Cucccagna, una antica cascina lombarda (un vero hortus conclusus, racchiuso da mura), ormai incastonata in pieno ambiente urbano, circondata da palazzi, negozi, vie trafficate nella zona Porta Romana-Corso Lodi. Un luogo curiosissimo in cui il tempo si è fermato, e tutto quello che c’era intorno ha invece proseguito per la propria strada. A dire il vero alla cascina il tempo si era fermato forse troppo, e la mancanza di manutenzione l’aveva ridotta a un rudere in disfacimento. La storia è andata diversamente, ed oggi un progetto di lento recupero sta facendo di questa cascina un focolaio di idee legate all’agricoltura, al commercio dei prodotti locali, allo scambio di idee sull’ecologia e sul rapporto tra campagna e città.

Tra le mura della cascina, che rivivono una seconda giovinezza, si è svolto il dibattito di presentazione del libro. Apre Leeman, che si dichiara un appassionato raccoglitore di erbe selvatiche, per le quali riconosce la grande utilità dei libri, ma ribadisce che è fondamentale l’esperienza diretta sul campo. Fra le erbe selvatiche, infatti ci possono essere dei “falsi amici” (ad esempio, è molto facile confondere l’aglio ursino con una pianta simile ma velenosa). Raccogliere dà una relazione speciale con la natura, crea un legame autentico tra l’ambiente, il soggetto e il piatto, legame che manca invece in chi cucina senza raccogliere. Al Joia Leeman dichiara di aver cercato di far percepire, oltre alla valenza materiale delle erbe in sé, anche quella simbolica.

Antonio Perazzi sottolinea invece il valore ancestrale della raccolta delle erbe, più forte in regioni come ad esempio la Toscana e la Liguria. La “fame atavica” ha sviluppato l’attitudine alla raccolta e l’ha trasmessa fino ad oggi. Rispetto all’approccio di Leeman, Perazzi mette maggiormente in risalto gli aspetti più delicati della raccolta delle erbe: che va fatta con molta perizia per evitare piante velenose (la cicuta ad esempio può esser confusa con la carota selvatica), o piante che vivono in ambienti non sani, o anche per difendersi dalle intolleranze che attualmente sono sempre più presenti.

Ciccarese sottolinea che la generazione attuale è la generazione della spaccatura: la generazione precedente è vissuta maggiormente a contatto con la terra, e raccogliere le erbe selvatiche era una azione abituale. Oggi la cultura materiale legata alla conoscenza delle erbe selvatiche va scomparendo, si ha la netta consapevolezza di essere “al limite”, ossia nel punto di presa di coscienza di un insieme di conoscenze minacciate d’estinzione.

Perazzi ribatte invece che è meglio far capire la valenza in sé delle piante, la cui presenza varia continuamente: oggi ad esempio le piante “migrano” molto velocemente, grazie ai sistemi di trasporto, ma anche dei cambiamenti climatici… e per certi aspetti contribuiscono ad aumentare la qualità dell’ambiente, purché si sappia apprezzare questo aspetto indomabile, libero delle piante.

Ciccarese concorda: il verde ha la sua dimensione di disordine: la parola “spontaneo” è stata data dall’uomo quando ha difficoltà a classificare una pianta per i propri usi.

La difficoltà, secondo Leeman, nasce anche perché le erbe selvatiche hanno dei sapori più marcati (basta provare la carota selvatica, dal gusto molto più intenso della carota coltivata), e anche consistenze più fibrose, alle quali si è persa l’abitudine. Per mediare, bisogna lavorare su questi aspetti: ad esempio la componente tattile assai rustica della borragine (il classico “pelo”), va unita a un ingrediente che limiti questa sua caratteristica. Oppure la sensazione allappante del luppolo, che va bilanciata per non risultare fastidiosa.

È soprattutto una questione di curiosità, per Perazzi: non si mangia più per fame, ma per interesse; ad esempio, per chi non è mai uscito dal binomio cuore di bue-pachino, lancia l’invito a provare il pomodoro nero di Crimea, molto meno noto ma, assicura, dal gusto straordinario. Ed è anche questione di approccio, di forma mentis: le piante “ragionano” in un’ottica di collettività, l’uomo no. Quando mangiamo una pianta, la progenitrice di quella pianta ha già in precedenza dato vita a migliaia di altri individui.

Il tema del cambio d’ottica sta molto a cuore all’autore del libro, che ha infatti inserito come citazione in esergo, una frase di Ralph Waldo Emerson: “L’erbaccia è una pianta di cui non sono state ancora scoperte le virtù”. Bisogna ripensare i nostri sistemi di approvvigionamento. Le piante cacciate a suon di diserbanti, adesso vengono riscoperte, come ad esempio la portulaca, che si è scoperta ricca di preziosi Omega3.

Al termine della presentazione, un fantasioso aperitivo “Aromi a tutto campo” preparato a base di erbe selvatiche; ecco il menù:

Bruschetta ai fiori di camomilla
Rotolo di patate e parietaria
Crêpes alle erbe di campo e crema di noci
Treccione al finocchietto selvatico
5 cereali alle erbe di campo e verdure di stagione
Crema acida alla cipollina
Frittelle di sambuco
Cotolette di salvia sclarea
Frittelle ai fiori di nepitella
Pane al grano saraceno e semi di girasole
Pane di grano duro
Pane di grano tenero alle noci e semi vari
Vini bio dell’Oltrepò
Birra artigianale

Davide Ciccarese, Cucinare le erbe selvatiche, Milano, Ponte alle Grazie 2011, euro 18.
www.ponteallegrazie.it

Per saperne di più riguardo alla Cascina Cuccagna (ristrutturazione in progress, mercatino della terra ed eventi in cascina): www.cuccagna.org
La cascina Cuccagna si trova in via Cuccagna 2 angolo via Muratori a Milano.

Nelle foto: la copertina del libro, scorci della Cascina Cuccagna, momenti della presentazione, le preparazioni a base di erbe selvatiche dell’aperitivo.

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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