E cadean le stelle. Pensieri sparsi sul brutto momento della ristorazione italiana

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L’estate sta finendo, cantavano i Fratelli Righeira… anche perché fino a poco tempo fa si continuavano a respirare dei bei 25 gradi a pomeriggio inoltrato. E insieme all’estate, intesa come stagione degli affari mangerecci e della gente in movimento, cala anche il sipario per molti ristoranti, nel senso che il mese di novembre rappresenta il momento di andare in letargo per riaprire poi poco prima di primavera. Infatti, purtroppo, sono sempre di più quelli che decidono di adottare queste tempistiche.

Anni fa infatti un locale, a parte rare eccezioni, chiudeva una quindicina di giorni, al più un mese. Oggi non è più così, e questo inverno farà cambiare ancora più radicalmente intenzioni e mode a molti ristoratori e chef. Ormai la situazione nel settore è diventata un vero e proprio tourbillon con passaggi di mano, cuochi che scompaiono e ricompaiono, e chi più ne ha più ne metta. Le guide stanno facendo del loro meglio, dando punteggi a chef che dopo la loro pubblicazione puoi trovare in tutt’altro posto con tutt’altra cucina, o che stanno nelle loro cucine giorno e sera e vengono invece dati per scomparsi, e non manca il tormentone raccapricciante dei soliti punteggi che spesso non hanno né capo ne coda e che nessuno ti sa giustificare.

Oggi il ristorante di èlite è caratterizzato da un numero sempre più esiguo di coperti, gestibili con meno personale, e guarda caso va avanti bene chi fa tutto in famiglia, mentre chi è costretto a pagare dipendenti esterni, se non ci rimette poco ci manca. Il quadro che ne esce fuori è una preoccupantissima situazione, e, parlando di ristorazione di un certo livello, una continua caduta. Ogni anno assistiamo ad un livellamento sempre più verso il basso e ormai le poche fiammate che si vedono, in ordine sparso per l’Italia, sono legate a qualche nuovo input di soggetti di varia natura ed estrazione sociale che decidono per un certo periodo di tempo di mettersi in gioco spendendo e spandendo, finché il budget prefissato tiene. E allora si vede ripartire chef da sogno insieme a maitre da favola, superattrezzature in cucina, personale espertissimo rubacchiato da altre parti o fatto venire espressamente dall’estero. Così inizia una nuova “bella” avventura, sostenuta dal consenso dei media che “arrapati” all’inverosimile faranno diventare in poco tempo la nuova avventura un mostro sacro della ristorazione nazionale, affiancati da tanti bene informati ed esperti gastronomi che al momento del via, giureranno all’unisono….”Questa si che sarà una squadra vincente”, oppure, “Tizio e Caio hanno le spalle forti e questo ristorante sarà sicuramente un successo”.

Tutti contenti, tutti felici, finché chi ci ha messo i soldi fino a quel punto, decide di smettere perché il giochino inizia a farsi costoso..! Questo sistema, in questi ultimi anni, lo abbiamo visto attuare tantissime volte e come giustamente dice l’amico Fausto Arrighi, direttore della Guida Michelin Italia, “Oggi i ristoranti fanno presto a comparire come fanno presto a scomparire di nuovo” E questa affermazione, detta da lui, dovrebbe far meditare tutti noi sui troppo facili entusiasmi.

Ma torniamo ad oggi: molti dei locali che stanno chiudendo per le ferie o per il periodo invernale, stella o non stella, molto probabilmente non riapriranno più ed altri lo faranno magari senza più lo chef stellato o con una linea di cucina ridimensionata, oppure con personale completamente diverso, magari meno qualificato perché costa meno. Si, perché la ristorazione in Italia sembra proprio vivere il periodo più triste di questi ultimi 30 anni o forse più. Ufficialmente se ne parla poco, malvolentieri o si minimizza, quelli che hanno voglia di prendere in giro parlano di ottimismo, ma il mondo della ristorazione si sta letteralmente capovolgendo. Stanno cambiando le abitudini dei consumatori, quelle “buone”, e stanno sparendo sempre più i ristoranti di fascia media, lasciando ampio spazio alla ristorazione spicciola, quella dei barattoli e dei prodotti pronti, tanto che in questi ultimi 4-5 anni c’è stata un enorme impennata di cibi pronti e preparati industriali per la ristorazione. I locali di fascia alta, un po’ per la profonda ignoranza da parte del consumatore, un po’ perché non ci sono davvero più soldi, vengono saltati a piedi pari dall’80/90% degli italiani adulti e chiunque, oggi, può aprire un ristorante o un qualcosa che ti permette di far mangiare i poveri malcapitati che credono di mangiare davvero qualcosa. Sono sempre più i giovani che se ne fregano del cibo e comunque, quello buono, forse molti di loro non se lo potranno mai permettere.

Quindi che succederà nei prossimi anni al cibo e ai luoghi deputati per consumarlo? E chi continuerà ad avere la forza di stare aperto sei mesi l’anno e pagarsi il personale migliore per l’intero anno? Quale chef o altro professionista della ristorazione sarà disposto a lavorare pochi mesi l’anno, magari per mantenersi la “stella”? E il resto dei mesi di chiusura chi glieli pagherà? Gli chef non sono mai stati “stanziali” e sono sempre stati molto sensibili alle nuove proposte e una situazione di questo tipo favorirebbe un movimento incredibile di filosofie e anime da un posto all’altro, che potrebbe vanificare stelle, cappelli, forchette, cucchiai e via dicendo.

E allora, concludendo, tra una stella che cade, passaggi di mano in cucina, chef che scappano e proprietà che chiudono i battenti per non riaprirli più, aspettiamo “fiduciosi” la prossima stagione per fare la conta dei morti e dei feriti che quest’anno sarà più numerosa del solito e speriamo sempre nel meglio, anche se chi visse sperando, alla lunga, ha fatto poi la fine che tutti conosciamo…!

Voi, però, non fate troppo caso a quello che ho scritto perché bisogna essere sempre positivi e guardare avanti…

 

 

Claudio Mollo

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