“Io non produco vino, io faccio nebbiolo”. Luca De Marchi, Proprietà Sperino, Lessona

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Proprietà Sperino, LessonaLuca De Marchi ci apre le antiche porte della dimora degli Sperino; sono stati appena scaricati i pancali delle bottiglie per il prossimo imbottigliamento del rosato, il cortile sembra un cantiere in divenire, sospeso tra un passato di prestigio, un lungo abbandono e infine una ripresa produttiva, che ha riportato di nuovo il frutto della terra di Lessona in queste mura. Siamo nel nord del Piemonte, ma Luca ha parlata toscana, e un carattere estroverso e coinvolgente. Innamorato di questi posti e della loro storia, ci mostra il panorama, dalla piana verso i colli: «Questo è un posto particolare. Qui è passata la storia. Sia la storia d’Italia, sia la storia enologica. Qui si fecero i primi esperimenti in Italia con la poltiglia bordolese, per la cura delle viti, e i primi studi sui portainnesti per combattere la fillossera, quando arrivò».
Nell’Ottocento Casimiro Sperino, medico e senatore del Regno d’Italia, si dedicò con vigore alle vigne di famiglia in Lessona, il figlio Felice proseguì la sua opera e fu in prima linea, a cavallo tra Ottocento e Novecento, nella battaglia contro la fillossera e nell’uso dei portainnesti americani. I De Marchi, famiglia originaria del biellese, erano parenti degli Sperino, e qundo questa famiglia si estinse, ereditarono la proprietà, che però dagli anni Sessanta del Novecento non produceva più.
Dal 1999 Paolo De Marchi, fondatore della Isole & Olena nel Chianti Classico, inizia col figlio Luca una nuova avventura enologica in Lessona, e rimette in produzione i vigneti dell’antica Proprietà.

Luca è giovane, ha una laurea in filologia romanza e una passione sterminata per il vino, anzi per il nebbiolo. Appena inizia a parlare, scherzosamente puntualizza subito: «Io non  produco vino, io faccio nebbiolo». Di nuovo si rivolge verso le colline e la pianura a est, un panorama che nei giorni particolarmente limpidi può arrivare fino alla Madonnina di Milano:  «Questo è il nord Piemonte: in meno di 30 chilometri in linea d’aria ci sono 10 piccole DOC; un tempo c’erano 45.000 ettari vitati, un’enormità. Guardate davanti a voi. È tutto coperto di boschi. In pratica le vigne di inizio Novecento si sono estinte; nel 2000 a Lessona c’erano solo 2,5 ettari vitati».

L’aspetto geologico è importante in queste zone: ai bordi dell’area del nord Piemonte, ai piedi delle Alpi (in particolare del Monte Rosa), ci sono i resti dei due grandi ghiacciai che scendevano dalle Alpi passando da Ivrea e dalla Valsesia, che hanno lasciato i suoli morenici, ghiaiosi e argillosi; mentre in mezzo ci sono Lessona e Bramaterra, con i suoli sabbiosi o porfidici, suoli dall’altissima acidità, un habitat estremo per l’allevamento della vite.
«In queste zone, il vino con il nome di paese (Lessona, Bramaterra, Gattinara, Boca, Carema, Ghemme…) era il nebbiolo puro, che era chiamato localmente “spanna”. Qui, più dell’esposizione, è l’altitudine a fare la differenza nei vini. Lessona è la più bassa, ed ha quindi suoli sabbiosi; Bramaterra e Gattinara, più in alto, hanno invece la compresenza di sabbie e porfidi. Boca, la denominazione più alta, che arriva a 500 metri, ha solo porfidi e graniti. Ghemme invece è terreno morenico, molto più giovane, composto da argille e ciottoli». Ogni tipo di terreno dà quindi sue specifiche caratteristiche al nebbiolo, che in ogni caso, in tutto l’areale del nord Piemonte, si caratterizza per una netta differenza dal nebbiolo di Langa, sia a causa del Ph e dei terreni, sia del ciclo vegetativo, che qui è più lungo di circa un mese (il germogliamento inizia in media 15 giorni prima, e la maturazione delle uve avviene 15 giorni dopo).
«Alle differenti composizioni del suolo, le piante rispondono con differenti comportamenti: qui a Lessona, dove lo strato sabbioso è profondo, le radici sono sottili e vanno in profondità a cercare i nutrienti, dando un apporto maggiore in minerali e minore in tannini. Salendo di altitudine, le radici sono più grosse, e i vini più tannici. È per questo che il Boca è più corposo del Lessona, e Ghemme, per il tipo di terreno, dà nebbioli più spigolosi»

«È l’acidità del terreno la responsabile della grande mineralità di questi vini; il terreno acido, ricco di potassio, ha carica +, mentre il calcare ha carica -; oggi si parla tanto di mineralità, ma è un concetto fumoso se poi non si capisce dove può esserci e dove è solo una parola di moda».


La presenza del Monte Rosa alle spalle è un fattore dominante, nel bene e nel male: se da un lato ripara le colline dai venti freddi del nord e dalle nevicate, che “saltano” le colline e si scaricano in genere sulla pianura sottostante e sul Monferrato, favorendo il germogliamento precoce delle viti, dall’altro la presenza di un massiccio montuoso di quelle dimensioni comporta frequenti grandinate. «E se si considera che la vendemmia è molto tardiva… i viticoltori devono fare i conti con lo spauracchio della grandine, anche a maturazione quasi completa; un logoramento di nervi!», aggiunge Luca, con la consapevolezza che questi luoghi possono dare al vino un contributo così speciale, ma possono in un attimo togliere tutto quello che hanno dato.

Passeggiando fra le piante antiche e i pallet, Luca apre un vecchio portone, e si entra al piano terra dell’antica cantina degli Sperino.
«La storia è fondamentale nel vino, solo l’esperienza di molte generazioni ti può insegnare come rapportarti al terreno, al vitigno, al clima. Uno dei grossi handicap dell’Italia rispetto alla Francia è che ci sono pochi territori in cui si è tenuta memoria della produzione del vino per più di 2-3 generazioni. E quali sono questi territori? Sono due: il Marsala e il nord Piemonte. Qui si imbottiglia vino da quattro secoli. Se considerate, i grandi problemi della cura delle viti, sono stati affrontati qua, dall’introduzione della poltiglia bordolese (il rame, dalla Borgogna, è sato introdotto qua, a Masserano) alla lotta alla fillossera».

«Questa zona deve tornare grande con ciò che l’ha resa grande, non cercando di imitare quello che viene fatto in Langa, dove c’è un altro clima e un altro terroir».
A differenza di Sella, che non ha mai interrotto la produzione, la tenuta Sperino aveva smesso di imbottigliare nel 1904, ultima vendemmia documentata ancora in cantina; Luca e il padre sono dovuti ripartire da zero, con l’idea di provare a fare tutto con la tecnica che si usava quando la zona era famosa. Ovviamente ci sono differenze e innovazioni, ma non è certa questa una cantina di quelle mirabolanti, che puntano a colpire per luminosità e tecnologia. «Siamo ripartiti dalla cantina, da dove si era fermata. Da quella bottiglia coperta di polvere, l’ultima annata degli Sperino, il 1904, e per ironia della sorte la nostra prima vendemmia è stata la 2004. Cento anni dopo».

Scendendo delle scalette, ci conduce con emozione nel luogo dove il buio e una porticina scura custodiscono un tesoro silenzioso: sotto la polvere, appena l’occhio si abitua alla penombra riusciamo a vedere cose che non pensavamo, etichette che indicano anni come 1802, 1861… Su uno scaffale, una vecchia bottiglia rotta da chissà quanti anni; il vetro è spesso quasi 2 centimetri: erano bottiglie costosissime per un vino preziosissimo. Anche i cocci di vetro qui hanno da raccontare una storia.
La cantina antica è su tre livelli, e funziona per spostamenti verticali, come un tempo. Le uve, appena arrivano in cassette, vengono portate al piano superiore, che dalla tipologia delle finestrature doveva servire da fruttaio per l’appassimento, poi diraspate (per un 80%) e inviate tramite botole nel pavimento in grandi tini tronco-conici di rovere da 30 ettolitri al piano terra. Qui avviene la fermentazione, a tino aperto, in modo da fare uscire verso l’alto il calore sviluppato, e mantenere i mosti freschi. La fermentazione dei rossi dura in media 25 giorni. Quindi i mosti vengono convogliati alla cantina sotterranea, coperta da maestose volte a botte. Oggi qui i vini invecchiano in botti di rovere (botti grandi di fabbricazione veneta per il Lessona, un mix tra botti grandi, tonneaux e barriques usate per l’Uvaggio), ma un tempo oltre ai legni c’era – e c’è ancora – una splendida batteria di vasche in cemento armato invetriato, da 40,5 ettolitri ciascuna. Luca ce le indica con fierezza: sono con tutta probabilità le prime vasche di cemento armato apparse in Italia, costruite dalla Borsari & Brunner di Zurigo a metà Ottocento. Al loro interno, un incredibile rivestimento in piastrelle di vetro, che le rende oggi inutilizzabili; ma Luca punta a un loro prossimo reimpiego, rimettendole a norma alimentare, per sperimentare l’apporto di grandi contenitori inerti al suo Lessona.

E poi c’è anche il rosato, che è nato nel 2005, prodotto con uve vendemmiate a settembre (quindi un mese prima della vendemmia del Lessona). Ne produce anche in magnum, dato che Daniel Boulud, chef di un celebre ristorante di New York, pretende per la sua carta solo rosati in magnum. «Il rosato è molto utile per capire con immediatezza il nebbiolo dell’alto Piemonte, è un vino didattico», chiosa Luca. «Il vino italiano soffre molto nella grande ristorazione internazionale; i nostri vini, anche se ottimi, sono percepiti come “grezzi”; il Lessona, con i suoi tannini fini, no, è diverso, e per questo è da secoli sulle grandi carte d’Oltreoceano. Per questo credo che il Lessona e il nord Piemonte abbiano davanti un futuro brillante; basta seguire la nostra storia, e non scimmiottare altri stili enologici; occorre non tradire le nostre origini, quelle per cui nel 1861 si brindò all’unità d’Italia con una bottiglia di nebbiolo che veniva da Lessona».

I VINI
Coste dela Sesia Uvaggio 2009 (13%)
Da diversi vigneti siti in Lessona e Bramaterra, questo blend tra nebbiolo, vespolina e croatina (in proporzioni rispettivamente del 65% , 20% e 15%) fermentato in tini troncoconici aperti e macerati con le bucce per circa 20 giorni, poi affinato in botti da 15 hl, tonneaux e barriques, è, se così si può dire, il second vin dell’azienda.
Si presenta rubino intenso e compatto, ha un naso fresco, pimpante, sottile e pepato. In bocca apre dolce, sapido, elegante, mantenendosi in equilibrio tra finezza e freschezza. Bel vino, di una modernità con solide radici antiche. Si sposa a meraviglia con carni e formaggi a pasta morbida. Nelle future edizioni, ci confida Luca, verrà eliminata la croatina, vitigno assai presente in zona per la sua capacità di resistere alla grandine, ma che ha qualche asperità di troppo per essere associata al nebbiolo. Anche le barriques verranno progressivamente abbandonate, sempre per una più fine messa a punto dello stile aziendale.

Lessona 2008 (13,5%)
Frutto delle uve di tre vigneti in Lessona (Ormeggio, Castagnola, Covà, più in basso i primi due, più in alto il terzo), è un 100% nebbiolo fermentato in tini aperti troncoconici con  lunga macerazione sulle bucce, innesco spontaneo della fermentazione, e affinato per 30 mesi in botti ovali, tonneaux e barriques. È un vino che non può lasciare indifferenti: elegantissimo al naso, mix di mineralità, frutti rossi, note terziarie di cuoio, una nota calda e dolce; in bocca risponde con un perfetta coerenza alle premesse olfattive, dove si apre la strada una evidentissima sapidità che ne rende la beva lunga, appagante, fine. In particolare, sorprende lo slancio che riesce a dare il colpo di coda balsamico, che rinfresca e rinnova la beva con la freschezza sapida; è splendido il bilanciamento tra l’incedere signorile e le sfaccettature fresche. Il tannino è levigatissimo, ma aspettandolo ancora qualche anno sarà sicuramente ancora più vellutato. Vino succulento, di grandissima classe. Regge alla grande a bottiglia aperta, anzi acquisendo il giorno dopo un passo se possibile ancora più nobile.

Proprietà Sperino – Società Agricola Vigneti De Marchi s.s
Via Orolungo 38 – 13853 Lessona (BI) – Italia
Tel.: +39 015 99408
www.proprietasperino.it
e-mail: info@proprietasperino.it
Cantina: Via Felice Sperino 10 – 13853 Lessona (BI) – Italia

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

8 COMMENTS

  1. Finalmente qualcuno che ha un progetto vero e solido per un territorio vero e solido.

  2. Sì Adriano, i progetti interessanti a Lessona non mancano. Oltre a Proprietà Sperino e a Tenute Sella (di cui ho parlato qualche settimana fa), non mancano altri validi vignaioli, come ad esempio Massimo Clerico (www.clericomassimo.it), che purtroppo non ho avuto ancora modo di conoscere ma di cui ho sentito dire gran bene.

  3. Verissimo, Massimo Clerico produce grandi vini (i suoi Spanna e Lessona sono deliziosi), oltre ad essere una gran persona di grande disponibilità e sapere, che ho avuto il piacere di conoscere un paio d’anni fa al Vinitaly.

  4. Concordo pienamente con i post precedenti, questi vini sono davvero meravigliosi

  5. 2004, 1961 e 1840, Rari sono i vini nel mondo che possono permettere una degustazione di questo tipo e livello!
    Chi ha avuto la fortuna di partecipare all’evento organizzato a Biella non potrà che confermare. di seguito i vini presenti in degustazione:
    Cassina Pietro Lessona 2009
    La Prevostura Lessona 2009
    Az.Agr. Il Bramasole Lessona 2008
    Tenuta Sella Lessona 2008 Lessona 1961
    Dibetta Ermido Lessona 2008
    Proprietà Sperino Lessona 2008 e Lessona 1840
    Az. Vit. Clerico Massimo Lessona 2007 e Lessona 2004

    …in bocca al lupo ai magnifici sette!

  6. Complimenti al progetto perfetto di un grande viticoltore.
    E complimenti a Paolo Rossi per aver reso perfettamente in testo una passione e una competenza straordinarie. In bocca al lupo, di cuore!

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