Dato che l’appetito vien mangiando ma anche camminando, le soste “ricostituenti” nei vari ristorantini del centro sono state numerose, una valida scusante anche per reidratarsi adeguatamente con qualche birra fresca. Due o tre locali che volevo provare purtroppo erano chiusi per ferie, in particolar modo mi è dispiaciuto saltare “Viva m’boma”: un ristorante di cucina belga d’antan specializzato in interiora e frattaglie con un menù che è un inno ai trigliceridi e al colesterolo… una volta nella vita si può fare, o meglio avrei voluto!
Il secondo è stato “La vielle ville” in petite rue des Bouchers 8: locale carino, moderno e con un’atmosfera romantica. Le proposte sono le solite di tutti gli altri ristoranti della zona: le classiche crocchette fritte di gamberi sono buone, l’aragosta presa dalla mia compagna, a parer suo, pure, il mio gran piatto di mare bene a metà.
Fuori dalle vie più conosciute “Les brassins” in Rue Keyenveld 36, è un locale senza grosse pretese tipo trattoria che offre piatti tipici a prezzi abbastanza economici per Bruxelles. E’ stata l’occasione per provare la “carbonnade” con lo “stoemp” ossia una specie di brasato tendente al dolce con purè: gustoso e ottimo per abbinarci le birre trappiste più alcoliche. Degna di nota anche la torta di mele.
Altro ristorante non proprio centralissimo ma molto conosciuto è lo “In’t spinnekopke” in place du Jardin aux Fleurs: caratteristico e storico l’edificio del XVI° secolo, la cucina è tradizionale e amata particolarmente dai fiamminghi come mi dice il cameriere italiano. Rimanendo sui classici ho preso cozze gratinate con salsa all’aglio e prezzemolo e rognoni con salsa al ginepro: ottimi entrambi.
L’ultimo posto che desidero segnalare del mio breve girovagare per Bruxelles è “L’ultime atome” in rue St. Boniface 14: un locale non molto appariscente, il più tranquillo tra quelli adiacenti, dove sono stato bene proprio per l’atmosfera rilassata che vi si respira. Sfiziosa l’insalatina con formaggio di capra avvolto in oca affumicata, scaldato e messo su un crostino con mele verdi, pinoli e miele; appetitoso il filetto all’americana ossia una tartare di carne preparata alla loro maniera e accompagnata dalle immancabili patatine fritte, una pietanza ritrovata spesso nei menù. Molto bene anche la lista delle birre disponibili.
Partiamo con il “Delirium cafe”, una tappa obbligatoria dei “beerlovers”, dall’angusto impasse De La Fidelite 4 si accede ad un ambiente dalle luci soffuse piuttosto grande e con un bel bancone attrezzato con una notevole serie di spine, in alternativa una lunga lista di birre in bottiglia è pronta a soddisfare i palati più esigenti. La musica e i clienti – principalmente ragazzi giovani – non lo fanno il mio locale preferito, ma come evitare di soffermarsi per qualche birretta?
Appena fuori dal centro chiassoso, in Rue de Savoie 68, si trova un’altra birreria mitica: il Moeder lambic. Il locale è piccolo ma d’estate si approfitta volentieri dei tavolini all’esterno. Per il cibo l’offerta è scarsa – solo taglieri di formaggi e salumi – ma per la birra il problema è scegliere nell’ampia offerta. Nel dubbio i gestori sono ben contenti di consigliare quella giusta secondo le proprie preferenze, infatti anche le lavagnette dove sono riportate le birre sono suddivise per gusto ossia in base al colore, dolcezza/amaro e potenza alcolica piuttosto che per tipologia.
Delirium: ho ritenuto doveroso omaggiare la bandiera belga ricostituendone i colori con le Delirium Nocturnum, Tremens e Red: non so se era colpa dell’impianto o no ma ho avvertito una comune nota ematica abbastanza evidente in sottofondo. Tutte intorno agli 8,5° la Nocturnum si presenta marrone scura dai riflessi rossastri, profumi fruttati di prugna, mela, leggera speziatura e alcol; corpo consistente, abboccata per poi chiudere con amaro persistente. La Tremens è una bionda di carattere, dai profumi fruttati e di coriandolo, anche sfumature resinose; corposa e dalla media luppolatura si fa bere piuttosto bene, meglio se con cautela vista la gradazione. La Red invece non mi è piaciuta granché risultandomi troppo intenso e dolce l’aroma della ciliegia, un “beverone” ostico da tirare giù se non accompagnato da montagne di dolci e cioccolato.
A la morte subite Geuze sur lie: viene spillata a temperatura ambiente e si presenta già praticamente senza cappello come previsto dalla tipologia (cuvée di due o tre annate di lambic). Oltre il classico acidulo emergono note più dolci maltate e leggerissime di frutta esotica e polvere di caffè. In bocca è un piacevole compromesso agrodolce.
Boon oude geuze: ambrata e dai profumi delicati, anche la nota di cartone bagnato, spesso riscontrata nella tipologia, è fievole. Media carbonazione e dall’acidità non eccessiva chiude leggermente amara dimostrando comunque un discreto carattere.
Rochefort 8: un classico delle trappiste facilmente reperibile anche da noi ma come non parlarne in questo contesto? Bruna e opalescente dalla schiuma esile rivela un naso vinoso con note fruttate di ciliegia e sentori maltati. Di media carbonazione in bocca gioca su sentori più cupi, le note maltate dolci tendono all’alcolico e si evidenziano aromi di noce e liquerizia nera.
Taras Boulba: primo di un assaggio offerto dalla proprietaria del locale. Presenta un naso ampio e fresco basato su frutta agrumata, ananas e pesca bianca. Anche l’apporto vegetale si fa sentire con fiori bianchi e fieno fresco. Con i suoi 4,5° in bocca è leggera, corrispondente e beverina. Luppolata di brutto l’amaro persiste quasi all’infinito.
Quintine blond: ambrata e dalla schiuma persistente mostra un naso delicato su note fruttate e speziate del luppolo. In bocca è vellutata e più intensa che al naso, 8° gradi ben equilibrati, persistenti e con un piacevole amaro a pulire sul finale.
Hercule stout: scurissima e dal cappello persistente e dalle sfumature brune. Al naso note delicate di caffè amaro, liquerizia e malto. Carbonazione media e buona la beva, sempre in evidenza le note tostate e di liquerizia. Chiude sulle note amarognole ma non molto persistente.
3 Fonteinen intense red oude kriek: essendo una lambic aromatizzata con le ciliegie il colore è ovviamente quello del frutto, anche al naso ma con uno spunto acidulo che ricorda l’aceto rosso. In bocca la carbonazione è finissima e il frutto cede un po’ nella parte centrale dove prevale quel sentore acido tipico già descritto in precedenza. L’acidità ben presente anche nel finale invoglia subito un altro sorso.
Westmalle brune: decisamente scura dal cappello avorio non molto persistente. Profumi tostati, di liquerizia, miele e caramello. In bocca è corposa, molto corrispondente e persistente, sul finale la tipica chiusura amara ma si avverte anche un soffio balsamico.
Timmermans peche lambicus: ambrata e luminosa evidenzia un naso incredibile di confettura di pesche ma non stucchevole. Il palato è solleticato da una media carbonazione e l’intensità della frutta è minore, l’acidità della lambic di base rende il tutto decisamente piacevole e beverino.
Chimay grande reserve: forse la trappista più conosciuta e diffusa ma è stata l’unica 75cl. che ho preso e mi pare giusto concludere con questa. Color caramello appena trasparente e schiuma crema compatta ma non particolarmente persistente. Al naso non è esplosiva ma elegante su profumi tostati, di zucchero di canna e fruttati del luppolo. In bocca è avvolgente con un corpo e una struttura notevoli che però non inficiano la beva, le note tostate e maltate si fanno più austere con gli spunti alcolici. Da secondi saporiti o meditazione.
Buonasera,
volevo solo ribadire che anche io e mia moglie siamo stati entusiasti della citta’ delle sue birrerie e ristoranti,una vera sorpresa
Occhio che St. Bernardus non è trappista. Forse ti confondi con Westvletren
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