Treno + bici + vino. Da Milano alla Valtellina, verso le vigne della Sassella

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Sabato sette settembre, ore 6.45. Due trilli della sveglia e con la mano sono già a zittirla, le gambe allungate a cercare le ciabatte. Rapida colazione, tutto quello che mi serve per oggi è lì sul tavolo, e la bici è lucida e pronta giù in cantina. Zaino, macchina fotografica, maglia di ricambio, libro, cartina, carta Enogea. E i biglietti del treno: destinazione Sondrio, Valtellina. Ieri un impegno saltato mi ha liberato questo giorno intero, tutto per me. Un paio di telefonate, un giro in rete ed ecco organizzata la mia giornata treno + bici + vino. Verso Sondrio, e per la precisione, verso la Sassella. Passando lungo la statale qualche settimana prima i terrazzi vitati della Sassella mi avevano come chiamato: troppo belli, troppo ripidi. Sapevo che di lì a poco sarei tornato per buttarmici a capofitto.

vigne da Sondrio

Ho scelto la bici e il treno perché la statale per la Valtellina mi dà ai nervi, mai una volta che non vi abbia trovato code o intoppi. Ma soprattutto ho scelto la bici perché penso che quelle strade che si arrampicano nel mito dell’enologia possano essere percorse nel miglior modo possibile solo nel silenzio della fatica. Tutte le vigne parlano di fatica; queste della Valtellina più delle altre.

Chiudo la porta dietro di me, in un attimo sono in cantina a tirar fuori la bici. È già giorno, ma non c’è nessuno in giro se non il giornalaio e un signore col cane. Entro nella metro e in venti minuti esco fuori vicino alla stazione. Milano il sabato mattina presto mi piace da morire.
Entrare con la bici in Stazione Centrale mi fa un certo effetto. Ecco il mio treno: il regionale per Tirano delle otto e venti. Tanti turisti, alcuni orientali, altri biondi del nordeuropa. Alcuni fotografano il tabellone luminoso che indica la destinazione, lo faccio anch’io, non si sa mai.

Timbro il biglietto e carico la bici. Per lei 3 euro e può viaggiare tutto il giorno, per me 19,80 andata e ritorno; in macchina sarebbe andata peggio. Lo scomparto per le bici è stipato: in tanti oggi hanno messo nel mirino le strade della Valtellina.

Quando parte ed esce dagli immensi archi di ferro della Centrale, il treno viene investito di colpo dalla luce chiara della mattina. Ogni volta mi dà un brivido, non so perché.

Poi via, aumenta la velocità, e dopo Monza compaiono i campi di granoturco, poi finalmente il terreno si muove, la pianura si ravviva di ondulazioni. Colline morbide, finché a Lecco ecco i denti aguzzi del Resegone e le Grigne. Scendono tre ciclisti, da qui faranno la ciclabile che costeggia l’Adda in direzione Milano. Per loro saranno 80 chilometri, “ma è quasi tutta discesa!” scherza con loro un altro ciclista affacciato al finestrino. Si riparte, e sembra d’essere al cinema: le gallerie non si contano, ma improvvisamente dal buio ci si spalanca a pochi metri il lago, bellissimo.

Quando le gallerie danno un attimo di tregua, compare la penisola di Bellagio, dove il lago si biforca tra i rami di Como e di Lecco, e sopra Bellagio il monte del Ghisallo, la salita del Giro di Lombardia, che fa ricordare i nomi di Ginettaccio, Coppi, Gimondi, Saronni…

Passa la stazione di Varenna; sulle panchine, mentre il treno prende velocità, una coppia di anziani turisti ci guarda sfilar via. Sull’altra sponda del lago, in alto, i profili dei Monti lariani: il Galbiga, ad esempio, con i suoi alpeggi. Lì, all’Alpe di Lenno si trovano favolose tome di latte di vacca, pungenti caprini, e il profumato zincarlìn, un modo ingegnoso di conservare la ricotta col sale e il pepe.

Ancora alcune gallerie, e si spunta a Colico. Qui finisce il lago, e inizia la Valtellina. Una lunghissima valle morenica che corre parallela alle Alpi: a sud il versante più ombroso, quello orobico, che verso il Passo San Marco vanta le valli dove nasce il Bitto; a nord il versante retico, ripidissimo e baciato dal sole: e infatti appaiono già da Morbegno i primi terrazzamenti: inizia il regno del nebbiolo di montagna, o come lo chiamano qua, della chiavennasca.

Tremendo il contrasto tra i capannoni del fondovalle e la bellezza della montagna; Si dice che l’Unesco non abbia riconosciuto i terrazzamenti della valle Patrimonio dell’Umanità a causa di questo stridore. Lassù, in fasce stratificate, le terrazze vitate, il bosco, i prati, il cielo.

Un’ultima occhiata, tra un panorama e l’altro, alla carta vinicola della Valtellina del Masnaghetti: tra poco arriva Sondrio, le vigne incredibili che la circondano. Il segnale lo dà il piccolo santuario della Madonna della Sassella. Siamo prossimi alla meta.

Via, chiudo tutte le borse, giù la bici dal treno, salgo in sella con un senso di adrenalina, come alle prime degustazioni di tanti anni fa. La prima pedalata verso la Sassella, a picco sopra di me. E iniziano le danze.

Per trovare itinerari, luoghi, informazioni: Strada dei vini di Valtellina
I percorsi cicloturistici sono segnalati QUI
Film consigliato: Rupi del vino, un film documentario di Ermanno Olmi del 2010 (ringrazio per la segnalazione Giuseppe Guglielmo, azienda agricola Boffalora).

 

LA GALLERIA COMPLETA

 

 

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

6 COMMENTS

  1. sei stato emozionante, alla stessa stregua del tuo omonimo quando rifilò tre “sasselle” al Brasile.
    Bravo.

  2. ma che bel racconto, e che bella enopedalata
    non è che ha voglia, prossimamente, di farsi un giro qui da noi, tra le colline dell’Alto Monferrato, nella zona dell’Ovadese? quando decidesse positivamente, quest’anno il prossimo, ci mandi un’email, avrà tutta la necessaria collaborazione da parte del Consorzio Ovada docg
    un saluto e ancora complimenti (del resto, le vigne eroiche di valtellina sono splendide)
    paolo

  3. Gentile Paolo Baretta, grazie di cuore.
    Ne terrò senz’altro conto; una bella pedalata nell’Ovadese prima o poi… s’ha da fare!

    Saluti

  4. salve Paolo Rossi
    è passato un anno e ancora non c’è traccia della sua bici tra le colline dell’Alto Monferrato Ovadese: eppure qui la zona sta cambiando molto in fatto di vini, e in meglio..rinnoviamo l’invito!

  5. Gentile Paolo Baretta,
    le devo dire la verità? Un paio di mesi fa ero intenzionato a fare una capatina “treno +bici” nell’Ovadese. Perciò ho consultato l’orario delle Ferrovie e… ho scoperto che per venire in treno da Milano a Ovada, avrei dovuto andare prima a Genova e poi tornare indietro a Ovada. Per di più, con bici al seguito, avrei dovuto scegliere solo regionali, utilizzando 3 treni, per un totale di 3 ore e venti di viaggio per poco più di 100 km. Diciamo che a livello di treni, la situazione è assai scoraggiante!
    Pazienza, vedrà che prima o poi farò uno strappo alla regola e mi avvicinerò in auto.

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