Guardando i terrazzi vitati della Valtellina, tutti parlano di “vigneti eroici”. Talmente eroici, talmente difficili, talmente frazionati in minuscole parcelle da far temere sulla loro sopravvivenza. Come tutte le aree storiche di viticoltura montana (viene in mente il parallelismo con l’Alto Piemonte), l’ultimo secolo ha visto un ampio fenomeno di abbandono delle vigne. I vecchi contadini non riescono più a mantenere i vigneti, e non ci sono molti giovani che danno il cambio, investendo la loro vita per la viticoltura.
Eppure…
Il trampolino di lancio verso la montagna sono state le api: inizia come apicoltore, poi nel 2008 il primo impianto di una nuova vigna oltre a quelle del suocero. In ogni caso, piccolissime estensioni, come non può che essere qui per un’azienda familiare. Al di là dei marchi più noti e forti sul mercato, il vino della Valtellina è infatti un puzzle estremamente frazionato fatto di piccoli produttori; un intreccio di relazioni, di rapporti di confine, a volte di amicizie e a volte di rivalità. E per chi è piccolo diventa fondamentale il valore della collaborazione. Giuseppe, con la sua azienda Boffalora, dal 2008 collabora in modo simbiotico con un altro produttore, Siro Buzzetti, dell’azienda Terrazzi Alti. Vigne in terroir diversi (Siro ha le vigne nella sottozona Sassella, Giuseppe è un po’ più a ovest, a Castione, sempre in area Valtellina Superiore DOCG), ma cantina in comune, e collaborazione in vigna per i lavori più pesanti.
Oggi Giuseppe ha in totale 2 ettari vitati, composti sia da vigne vecchie (e vecchissime, con viti prefillossera), vigne giovani e un’ultima vigna, impiantata nel 2013. La zona di Castione Andevenno è di poco fuori dai confini della Sassella, celebre sottozona a ovest di Sondrio; Giuseppe non se ne fa un cruccio, non ci tiene al nome del cru; per lui è importante farsi conoscere per la qualità, al di là del blasone della vigna.
In Castione, il bosco e la vigna competono, soprattutto negli ultimi decenni, quando molti anziani contadini hanno alzato bandiera bianca, e non c’è stato un ricambio generazionale.
«La terra è di chi la lavora, non di chi la possiede!» È quasi una esclamazione amara quella di Giuseppe, mentre mostra alcune vigne abbandonate, assalite dalle erbacce e dalle robinie. «Ci sono tanti anziani che non vedono l’ora di affittare o di vendere le proprie vigne per non farle andare in malora, ma spesso sono le più difficili, e non trovano nessuno che si faccia carico del lavoro necessario per curarle».
Jeep e tornanti, ed ecco la nuova arrivata tra le vigne: un anziano del paese ha insistito con Giuseppe finché non l’ha convinto a comprarla “quasi per sfinimento”. Circa 3000 metri quadri scoscesi, strappati alle erbacce, dalla primavera 2013 sono tornati a nuova vita. Camion di letame, lavoro manuale a tirar su i nuovi muretti, e tante nuove piante di nebbiolo messe a dimora e sostenute dai tutori bianchi. Sembra un’installazione d’arte, e risalta in mezzo alla macchia scura del bosco e all’azzurro del cielo. «È stata una faticaccia. Se cosideri le pendenze, i terrazzamenti, il terreno
La vigna impiantata nel 2008 misura invece 5000 metri quadrati (in Valtellina non conviene parlare in termini di ettari, ma di metri quadrati…) e si distingue per le colorate casette delle api alla sua sommità. «Molti pensano che le api siano dannose per l’uva – racconta Giuseppe – perché si cibano degli acini maturi; in realtà non sono in grado di bucare i chicchi d’uva. Sono le vespe e i calabroni che riescono a farlo. Anzi, a quel punto le api sono utilissime perché vanno a succhiare l’acino rotto, asciugandolo e impedendo che si formino marciumi».
Questo 2013, nella parte centrale dell’estate, è stato molto secco in Valtellina e molte vigne hanno sofferto lo stress idrico. Al momento della vendemmia, Giuseppe procede con vendemmie scalari: dapprima l’uva destinata all’appassimento per fare lo sforzato (sarà il suo primo sforzato, da vinificare verso il 20 dicembre), poi le uve che hanno sofferto maggiormente la siccità per il rosso di Valtellina Alceo, infine i grappoli per fare il DOCG Pietrisco.
«Ho imparato facendo dei corsi – dice a proposito della sua formazione – e ascoltando gli anziani. Ma delle due, dico senza dubbio che osservare e parlare con gli anziani è stata la cosa più importante». Oltre a questo, e non potrebbe essere altrimenti, Giuseppe ci mette del suo, la sua passione, la sua curiosità, l’energia. E anche un po’ del suo mestiere precedente: alcune vasche in acciaio che ha in cantina le ha modificate e ingrandite lui stesso a suon di saldatore. A vederle, infatti, le saldature sembrano fatte in carrozzeria, tanto sono precise.
Attorno a un tagliere con pane di segale, formaggio casèra e la bresaola di Stefano Masanti, c’è modo di assaggiare i vini spillati dalla botte.
Quello che diverrà il Valtellina Superiore DOCG Pietrisco 2012 nasce da fermentazione con lieviti indigeni, viene lavorato in ambiente riduttivo per dare la massima longevità al vino, e presenta un colore rubino delicato e trasparente, con unghia che va verso il buccia di cipolla, testimonianza della giovanissima età del vino e della classicità d’impostazione di Giuseppe. Al naso è fruttatissimo, richiama la ciliegia, la rosa, è molto fine. Il tannino, all’assaggio, graffia ancora molto, si tratta di un vino “in fasce”, anche se mostra già le sue doti di grande bevibilità, finezza, pulizia aromatica. In totale, il Pietrisco rimarrà 12-15 mesi in botte.
Delle ultime annate, Giuseppe definisce il 2009 un velluto, il 2010, annata più fresca, un vino più difficile da capire ma pur sempre ottimo. Il 2011 uscirà a dicembre.
«Dove mangi oggi, hai prenotato da qualche parte? No? allora vieni da noi.»
Nemmeno il tempo di accennare una timida resistenza: la vera ospitalità non ammette repliche. Ed eccomi in un batter d’occhio a conoscere Paola, la moglie di Giuseppe, padrona di casa simpaticissima (e ottima cuoca!), e Carola, uno scricciolino tutto pepe, appena rientrata dalla scuola materna; non mi ha conosciuto se non da 5 minuti e già mi racconta dei suoi viaggi straordinari, a metà strada tra la realtà e la fantasia.
Curioso come si possa, nell’arco di una mattinata, iniziare a parlare di vino e ritrovarsi poi, con quel vino davanti a tavola, a parlare di tutt’altro, della vita, del lavoro, delle grandi scelte. Come quelle di Giuseppe e Paola, che in un momento critico della loro vita hanno saputo guardarsi in faccia e fare una scelta coraggiosa, una scommessa rischiosa, ma con una serenità addosso e un senso della misura che hanno reso quel difficile passaggio una scelta naturale. Lasciando un lavoro sicuro e tornando a lavorare la vigna, salendo dal fondovalle su, verso i panorami ampi, verso un orizzonte più largo. Dove c’è sicuramente più fatica. Ma dove la fatica ha il sapore del nebbiolo di montagna: raro, antico, generoso, commovente.
L’assaggio
V
14 giorni di macerazione sulle bucce, fermentazione spontanea, rimontaggi più frequenti a inizio fermentazione (3 al giorno), poi più radi (1 al giorno). Circa un anno in botte. Del 2010 sono state realizzate 3400 bottiglie.
Rubino concreto e trasparente, unghia ancora ben viva e giovane. Al naso questo 2010 è vinoso, piacevole e fresco, con note gessose, minerali. La bocca è compatta, intensa, dalla sapidità piena. L’acidità è vivace, è ben bilanciato e bevibile. Lasciandolo ossigenare nel bicchiere, si distende, acquisisce un passo più signorile, etereo, intenso. La sua evoluzione all’aria è continua, e acquista sempre nuovi tratti e sfaccettature. Vino da assaporare con lentezza. È allo stesso tempo potente ma minerale e vivo, bevibilissimo; lo si potrebbe definire un vino “verticale”. Il prezzo al privato, in cantina, è di 15 euro; al ristorante, circa 17 euro.
Visita in azienda effettuata il 7 settembre 2013
Azienda Agricola Boffalora
di Guglielmo Giuseppe
Castione Andevenno (Sondrio, Valtellina)
Via Balzarro 48/C
tel. 3474892385
aziendagricolaboffalora@gmail.com
GALLERIA
Non ho ancora avuto occasione di provare i vini di Boffalora, ma ho recentemente stappato una bottiglia del Sassella 2009 di Terrazzi Alti: a mio modesto avviso un Nebbiolo di montagna paradigmatico ed emozionante. Credo che recuperare questi vigneti sia un’opera meritoria ed a questi vignaioli va tutta la mia ammirazione.
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http://www.buonacausa.org/cause/recupero-vigneti-in-valtellina