La Terra Trema 2013. Vini, mani, racconti, persone

1
13469

MILANO – 29 novembre. Come da tradizione la notte di La terra trema è nevicato. Quest’anno meno forte, il giorno dopo resta solo qualche chiazza bianca nel naviglio in secca; le anatre cercano di arrangiarsi in una pozzanghera, sotto al fico selvatico ormai spoglio. Passata la Martesana, l’autobus 43 procede ancora un po’, poi svolta e ti lascia in un lembo anonimo di periferia milanese.

Leoncavallo Milano

Ogni anno varcare il sottopasso della ferrovia e trovarsi davanti i murales del Leoncavallo è un tuffo al cuore. Il cielo è grigio, l’ingresso per il biglietto è buio. Poi prendi il tuo bicchiere e svolti verso la sala: è un abbaglio di persone e di luce calda, come non ti aspettavi.
La Terra Trema è questo: un’idea folle nata da un visionario Gino Veronelli, che è stata in grado negli anni di crescere e mantenersi viva e pulsante.

È difficile raccontare per chi non c’è stato l’atmosfera che si respira. Qui arriva gente di tutti i tipi, a parlare e ad assaggiare, a fare esperienza di vini e di persone. Si crea una strana alchimia per cui tutti parlano, tutti raccontano. Per questo, oltre al valore intrinseco dei vini e dei prodotti nati dalle mani degli artigiani, perde di significato mettersi a raccontare i vini con le solite categorie un po’ vecchie del mestiere del vino.
Valgono di più gli sguardi, i gesti, il donarsi in degustazione dei vignaioli e degli artigiani, dell’offrirsi anima e corpo in una sintesi tra prodotto e produttore.
E allora ecco qui una piccola -personale- galleria degli incontri fatti a questa Terra Trema 2013. Vini, mani, racconti, persone soprattutto.

Ad esempio Giacomo Tincani, di La Basia (Puegnago del Garda, Brescia), la sua allegria contagiosa nel proporre il Garda Classico superiore Predefitte da uve rebo e barbera: un vino dal sorso generoso, fragrante, pieno.

La simpatia serena di Claudia, che presenta i vini di Paterna (Terranuova Bracciolini, Arezzo). Ogni anno porta a La Terra Trema un Chianti dei Colli Aretini che è uno spettacolo di bevibilità senza arzigogoli. Ottimo il 2011, e ancor più promettente il 2012, per adesso ancora giovincello e nervosetto, ma di sicuro di razza.

La visione lunga e la capacità di sintesi di Daniele Garella (Garella vini, Masserano, Biella), Roncola d’oro 2012, che insieme al fratello Cristiano ha iniziato a fare vino in modo istintivo, per non lasciar disperdere il patrimonio ampelografico enorme delle terre dove è nato. Il Numech, nebbiolo in purezza, è un grandissimo fuoriclasse dotato di personalità fuori dagli schemi, eloquenza, espressività, finezza… Da non perdere assolutamente.

La forza e la dolcezza di Paola Conti, di Cantine del Castello Conti (Maggiora, Novara). Il tempo vola stando a parlare con lei delle potenzialità enormi delle terre dell’Alto Piemonte, dell’importanza di fare squadra tra vignaioli di una denominazione, del saper leggere i vitigni e la loro risposta alle peculiarità del terroir. Il suo Boca DOC Il rosso delle donne è un vino per cui si potrebbe scomodare una definizione calviniana: “la leggerezza della pensosità”.


Eugenio Nicolini, (Muggia, Trieste) giovane che si divide tra lo studio della fisica e la vigna. Insieme alla sua famiglia (il padre Giorgio e la mamma Rossana) porta avanti una minuscola azienda, agli estremi confini d’Italia. A un passo dal mare e a un passo dalla Slovenia, nasce la loro malvasia. Ho avuto modo di assaggiare l’annata 2012 a maggio, e poi adesso. Una splendida progressione in cui il vino si è spogliato delle dense note fruttate e aromatiche, e si è ammantato di brezza marina, potenza agile, mineralità polposa. Ancora meglio nella magnum.

La forza dissimulata sotto un filo di timidezza di Claudia Revelli (Eraldo Revelli, Farigliano, Cuneo). Ha mani fiere e grande gentilezza, ti presenta l’orgoglio delle sue vigne, il dolcetto. Che siano il semplice Otto filari, l’Autin Lungh o lo splendido cru San Matteo, i suoi vini spiccano per costanza, concretezza, rispetto dell’uva. Vini da bere in compagnia.


Enrico Togni
, quest’anno per la prima volta a La Terra Trema: la sua azienda, Togni Rebaioli (Erbanno di Darfo, Brescia), porta avanti la difficile viticoltura in una zona ancora poco conosciuta per la produzione del vino: la Val Camonica. Il suo 1703, da uve nebbiolo, testimonia quanto questo vitigno sia capace di dare in territori di montagna. Buono e amichevole.

La barba folta e l’eleganza di movenze da uomo d’altri tempi di Carlo Santopietro (Az. Il Mongetto, Vignale Monferrato, Asti). Dei suoi vini, da ricordare la fragranza, la freschezza dei profumi del Grignolino del Monferrato Casalese Vigna Solin, e la pienezza delle sue barbere.

Grandi potenzialità: quelle dell’azienda Torre degli Alberi di Camillo e Filippo dal Verme (Ruino, Pavia). Per adesso un Pinot Nero spumantizzato in autoclave, il Torre degli Alberi brut, molto interessante. Se queste sono le premesse… c’è da aspettare belle cose dal metodo classico rosé che arriverà prossimamente.

Gli occhi sorridenti di Nadia Verrua, di Cascina Tavijn (Scurzolengo, Asti): donna del vino tanto dolce quanto forte nel portare avanti le sue idee con coerenza e semplicità. Mi è piaciuto il suo Ruché 2012, naso di una freschezza assoluta, piacevolissimo vino.

La concretezza e la modestia di Luca Caligaris (Quat Gat, Gattinara, Vercelli): ha portato in degustazione un capolavoro, il suo Gattinara DOCG Riserva 2007. Freschezza, sapidità, territorialità piena, lunghezza interminabile. La classe fatta vino. Vince la mia personale roncola d’oro di quest’anno.

L’inafferrabile Matteo Garberoglio dell’azienda Carussin (San Marzano Oliveto, Asti): impossibile evitare il “mosso” quando lo fotografi, tanta è la sua energia nel raccontare i suoi vini. Mi è piaciuta la sua La tranquilla, barbera 100%, che più barbera di così si muore; eppure, nella commissione di assaggio della DOC è stata respinta due volte. Beh qui bisogna prendere in prestito un’espressione classica di Andrea Pagliantini e agli inflessibili adepti dei parametri chimici gridare: Bischeriiiiiiiiiiii!!!!!!

Non produce vino, produce dolci, dolci erotici a quanto pare. Daniele Marziali, il fornaio anarchico delle colline di Saludecio (Rimini) ha il fisico e la presenza scenica giusta: non propone semplici prodotti, propone racconti, storie, visioni alternative del mondo. E il suo cavallo di battaglia, il bustreng, è da provare.

La semplicità gentile di Daniele Corrotti, dell’Azienda Sàgona (Loro Ciuffenna, Arezzo). Produce vini non facili, d’altura, e soprattutto olio di qualità assoluta. Il monocultivar di leccino esprime calore e sostanza, e toscanità a piene mani. Splendido olio, così come l’altro monocultivar, da varietà moraiolo, più aristocratico, ugualmente splendido.

La simpatia contagiosa incontrata allo stand del “Pane di Robi” (Varzi, Pavia). Pane vero, pesante. Pane e amicizia: il vino qua non manca certo, quindi… allegria assicurata.

I ragazzi de La Bucolika di Fazzano in Lunigiana (Massa-Carrara). Con simpatia e aria scanzonata, fanno conoscere a Milano i “ciani” di castagne (quelli che in Garfagnana si chiamano “necci”). Sia nella versione classica ripieni di ricotta, sia nella versione “strong”, con formaggio e salsiccia fresca cruda.

Ed infine, lo splendido abbraccio tra padre e figlio, tra Kurt e Johann Rottensteiner dell’azienda Brunnenhof Mazzon (Egna, Bolzano), vincitori della Roncola d’oro 2013. Bellissima la fierezza di Johann, che con una mano abbraccia il padre, con l’altra solleva il premio più ruspante e battagliero che si possa dare a un vignaiolo. In bocca al lupo!

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here