E’ vero, più vado avanti e più mi accorgo di non conoscere abbastanza – e comunque non come vorrei – la ristorazione della mia terra. Non so se trattasi di lacuna incolmabile. Diciamo che oggi come oggi è più probabile trovarmi preparato su Piemonte (Langhe surtout), Friuli e Alto Adige, o sulle trattorie del Chianti o di Montalcino. Ma se si parla di Versilia, ossia della terra mia, devo riconoscere di non essere più al passo coi tempi. Troppe le trasferte, d’altro canto, con gli immancabili ritorni che assumono la riservatezza del ritiro monastico, distacco della spina compreso. Accade così che, sia pur scarse e centellinate, le puntate mangerecce effettuate nei dintorni, per una sorta di indolente riflesso incondizionato che non vuole impegnare troppo il cervello nella pianificazione di nuove esperienze culinarie, si riducono con noiosa ripetitività agli approdi di sempre. E non nego di provare imbarazzo quando mi trovo ad ammettere di non essere mai stato in un certo posto, anche se sta a un chilometro da casa. Mi arrampico con le parole alla ricerca delle dovute (reali) giustificazioni: “ché in fondo non si tratta di mancanza di rispetto né tantomeno di curiosità, casomai di tempo”. Ecco, nell’illusione di recuperarlo, quel tempo, alcune recenti frequentazioni “nostrane” mi han portato alla penna le stimolanti idee circolanti dalle parti di un grazioso localino che ho visto nascere (saranno passati sei anni?) e che ho frequentato fin dagli inizi: Da Filippo, a Pietrasanta.
Stimolanti perché qui qualcosa si sta muovendo, e ci si reinventa senza disconoscere i passi precedenti. Perché qui ci si costruisce una reputazione – oltre a quella già consolidata – puntando dritto alle cose che contano: materia prima degna di tal nome, cucina cucinata, rispetto della tradizione senza pedanterie d’antan, grande senso dell’accoglienza e dell’ospitalità. Tutti ingredienti preziosi che trovano dimora in una piccola bomboniera situata nel centro della modaiola Pietrasanta, in piena Versilia storica. E’ lì che Filippo Di Bartola, versiliese Doc, ha deciso di “diventar grande” mettendo in piedi un sogno. Sposando appieno la politica dei piccoli passi, ha dato vita a una idea di ristorazione tutta sua -diciamo pure a sua immagine e somiglianza- dopo essersi fatto le ossa in localetti pressoché sconosciuti come Pinchiorri a Firenze e Lorenzo a Forte dei Marmi. La sua proposta però spariglia e di molto da quei santuari della cucina “alta”: è agile, informale, poco impegnativa e soprattutto per niente ingessata. Fin da subito è stata coronata da successo, perché in fondo qui non si ammicca a niente di superfluo ma si bada alla concretezza, sia nel piatto che nell’accoglienza, una concretezza che ha assunto le fattezze esteriori di un piccolo ma curatissimo bistrot e si è tradotta in una serie di pietanze figlie legittime della tradizione, regalando il conforto di una cucina “di casa”, consolatoria come un amico fidato, interpretata da mani sapienti, mani di donna, mani di mamma.
Ma veniamo al presente, e alla rinnovata curiosità che han suscitato le visite ultime. Le avvisaglie di un qualcosa che sta ulteriormente affinandosi sono percepibili e portano nomi e cognomi: l’innesto in cucina del giovanissimo chef Fabio Mazzei (a destra nella foto), già nella squadra del talentuoso Giuseppe Mancino del Piccolo Principe di Viareggio, coadiuvato da Andrea Gemignani, è il primo passo che va nel verso di una cucina più personale, dove alla pragmatica certezza dei capisaldi gastronomici della casa, trampolini di lancio per la notorietà (le polpettine di carne “rifatte” al pomodoro, l’etereo trancio di baccalà con i ceci, l’intramontabile roast-beef, la torta al cioccolato senza farina), si affiancano oggi piatti di maggiore ricerca e spessore creativo, concepiti senza svolazzi pindarici nel rispetto sempiterno della materia prima per affondare le radici nel mare molto più di un tempo ma senza dimenticare l’ispirazione terragna della cucina dei luoghi, ciò che nel menu di qualche settimana fa potevi cogliere sia nell’intenso e gustosissimo risotto animelle e zafferano che nella fantastica guancia di vitello brasata alla birra, un piatto che spiana letteralmente la strada ad altri orizzonti.
Ma sta nella giustezza micrometrica delle cotture (provare per credere le bavettine alla trabaccolara), nell’equilibrio gustativo (emblematici il fagottino di frantoiana con olio novello ola tartare di branzino ai profumi di pineta), nell’accortezza e nel coraggio di affidarsi ai soli sapori primari degli ingredienti(soprattutto se trattasi di pesce) per ricercare gli adeguati contrasti o le provvidenziali accordature, senza ricorrere, se non con estrema parsimonia, agli esaltatori del gusto, la chiave di volta dell’approdo nuovo, un approdo che ci parla di una cucina più adulta (ma anche più giovane!), più consapevole e più stimolante. E questa rinnovata sensibilità interpretativa ai fornelli lascia intuire con maggiore nitidezza la strada futura già preconizzata da Filippo, ciò che andrà a concretizzarsi con l’arrivo della prossima primavera: golosi piatti gourmand per accompagnare l’ospite lungo un percorso gastronomico fatto di sostanza e armonia, con la doverosa attenzione ai prezzi. In sintesi, la consistenza di una cucina d’autore declinata con la nonchalance di un “pret à porter”, che non sgonfi il portafoglio ma gonfi semmai la voglia di riprovarci. Gli ingredienti ci sono tutti: al giusto dosaggio dovrà pensarci Filippo, non altri. La sensibilità e il senso (auto)critico, corroborati dalla passione di una vita e da una inesauribile curiosità intellettuale, depongono oggi a favor di futuro.
Ristorante Da Filippo – Via Stagio Stagi 22 – Pietrasanta (Lucca) – Tel. 0584 70010 – www.filippopietrasanta.it
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