Un Pigato, datemi un Pigato. Seconda parte: nomi e cognomi

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IL NUOVO CHE AVANZA

VIS AMORIS (Strada privata Molino Javé – Imperia)

Che a Rossana Zappa e a Roberto Tozzi garbasse il Pigato non c’erano dubbi: lo hanno scelto ad esclusivo fondamento dei loro vigneti imperiesi condotti in regime di agricoltura biologica. Di più, hanno inteso declinarlo in vari modi, esplorandone così le potenzialità sotto l’egida di elaborazioni differenti (acciaio, macerazione pre-fermentativa sulle bucce a temperatura controllata, lunghe soste sur lie, batonnage in rovere,  fino ad approdare alle bollicine). Ad emergere e ad accomunare, sia pur dopo poche vendemmie, è la straordinaria leggerezza nel tocco, la silhouette aggraziata e sussurrata di quei vini, con un “portato” di finezza davvero intrigante. Così è per il simpatico Domé, “acciaioso”, delicato e bevibilissimo, e così è per il trascinante Verum, tutto indirizzato sulla dinamica del registro sapido/minerale. Con un anno di ritardo rispetto al main stream se ne esce invece Sogno, un Pigato di razza, profondo, complesso, anche lui connotato da una forte componente minerale che dona brillantezza alla beva ( eccellenti 2011 e 2012). Carino il VisAmoris Brut, perché si muove con agilità sul palato (senza magari sentire poi troppo il contributo dei lieviti, restando invero un po’ semplice) proponendosi con una aromaticità diversa, di imprinting floreale, che si discosta dai tipici Metodo Classico basati sul contributo di pinot nero e chardonnay. Più convenzionale invece Regis, ambizioso Pigato maturato in legno la cui confezione tende ad ingabbiarne -per adesso- la piena espressività. Insomma, qui le dimensioni sono ridotte (meno di quattro ettari) ma la sensibilità interpretativa e la forza comunicativa dei vini (attenzione: più interiorizzata che esplicita!) esaltanti. Hai visto mai che non sia la “forza dell’amore” ad indirizzarne le sorti?

LUCA DALLORTO – DU NEMU ( Via Dante 13 – Dolceacqua – IM)

A proposito di piccoli numeri, anche in questo caso non si scherza. Il giovane Luca Dallorto, intanto, può contare su un gruzzolo di alberelli ottantenni su ad Arcagna, area vocatissima per il Rossese, ma questo è un altro discorso (comunque son da ricercare i suoi Rossese, davvero caratteriali e degni di nota!). Poi a Camporosso, in località Montecurto, c’è quel vigneto che poggia su marne sabbiose: da lì nasce il Pigato Du Nemu, fin dalle prime uscite in grado di attirare attenzioni e curiosità per poi letteralmente esplodere con l’ottima raccolta 2013, grazie a una intensità, a una pienezza, a una compiutezza ammirevoli, corroborate da un ventaglio aromatico sfaccettato e da un profilo gustativo modulato ed appagante. Insomma, Luca Dallorto e i suoi vini sono una reale promessa del Ponente ligure.

POGGIO DEI GORLERI (Via San Leonardo – Diano Marina – IM)

Poggio dei Gorleri_ vigneA circa dieci anni dalla nascita si possono tirare le prime somme: e i risultati ci indicano ancor più chiaramente l’orizzonte stilistico entro cui si muove oggi la produzione della famiglia Merano, che vede soprattutto nelle selezioni di Pigato (Cycnus più che Albium) e Vermentino (Vigna Sorì) gli esponenti migliori della gamma, in grado di catalizzare le attenzioni degli appassionati. Più “aerei” e stilizzati rispetto alle prime edizioni, meno tecnici e più territoriali, i bianchi della casa hanno sposato le ragioni del dinamismo e del contrappunto gustativo, riuscendo freschi, affilati e coinvolgenti nella loro silhouette sfumata e “in filigrana”. Su tutti, il Pigato Cycnus appare oggi il portavoce più accreditato per evidenziare un percorso stilistico che va acquisendo un respiro qualitativo sempre più ampio.

IL VECCHIO CHE NON INVECCHIA

CASCINA DELLE TERRE ROSSE (Via Manie – Finale Ligure – SV)

Fra produzioni savonesi e imperiesi non ci sarebbero timori riverenziali di sorta se ci attenessimo all’inappuntabile proposta enoica di Cascina delle Terre Rosse, importante realtà ponentina -piccola nei numeri (circa 5 ettari) ma grande nella sostanza – guidata da Vladimiro Galluzzo e situata sull’altopiano delle Manie, alle spalle di Finale Ligure. Qui davvero siamo di fronte a vini stilizzati che hanno stile, ispirati dispensatori di grammatica enologica ed espressività varietale, in grado di muoversi garbatamente per disegnare traiettorie di invidiabile naturalezza espressiva e fondamenta eleganti. Testimoni di questo percorso virtuoso, che ha saputo garantire continuità per tanti anni, sono soprattutto i Pigato: sia il Riviera Ligure di Ponente Pigato (nel 2013 davvero risolto, longilineo, slanciato, verticale) che il celebre Apogeo, un vino di sorprendente personalità in grado di proporsi con un tono ed un portamento signorili. Un’indole austera la sua, che ben si scioglie in provvidenziale sapidità, mettendone a nudo la nobile purezza. Provare per credere il 2013, che potrete ben traguardare anche nell’ottica della longevità. Da una agricoltura biologica della prim’ora, non lontano dal mare, un indirizzo sicuro.

BRUNA ( Via Umberto I, 81 – Ranzo – IM)

Che dire, uno dei pochi nomi noti anche al di fuori dei confini regionali, e non per caso. La cantina oggi guidata da Francesca Bruna e dal marito Roberto Germani appare più in forma che mai, e continua a dedicare al pigato le attenzioni maggiori, declinandolo secondo tre etichette -due storiche ed una di più recente introduzione- che intendono cogliere gli stimoli dei terroir di provenienza disposti fra Ranzo e Ortovero (si va da suoli argillosi ad altri più calcarei, con età dei ceppi differenti, in certi casi vecchi di 50 anni). E se il passo da maratoneta dell’austero U Baccan fa gioco a sé, rivelando con implacabile regolarità una spiccata propensione al “vecchieggiamento” (sovente inspessendosi e distendendosi), il classico Le Russeghine, nelle annate propizie (e la 2013 è una di queste) mette sul piatto dei ragionamenti un potenziale espressivo fatto di eleganti trame floreal-speziate sfumate da infiltranti nuance minerali: ed è un bel ragionare. Più sbarazzino il nuovo Majé, ricavato dalle vigne più giovani, che assieme alla precisa definizione varietale offre una apprezzabile nitidezza nel tratto gustativo non disgiunta da una scorrevolezza a tutta prova. Insomma, Bruna, ieri come oggi, resta una culla preziosa di Pigato autorali.

TERRE BIANCHE (Località Arcagna – Dolceacqua – IM)

Sicuramente la storia gloriosa di questa cantina di Dolceacqua è legata a doppio nodo all’immagine e alle “sorti magnifiche et progressive” del Rossese, un vino-vitigno che ha fortemente contribuito a far conoscere ed apprezzare. Ma è altrettanto vero che dalle terre bianche dei calanchi, su in alta collina, Nicola Laconi e Filippo Rondelli fanno nascere dei bianchi espressivi, seducenti, vibranti, che hanno nel Pigato la loro bandiera e che vanno assolutamente incontrati. Assistiti da una tecnica sorvegliata quanto non invasiva, hanno trovato nelle ultime stagioni una maggiore regolarità, riuscendo risolti e personali (quando non eccellenti) in corrispondenza di annate importanti come la 2010 o la 2011. E mentre il Riviera Ligure di Ponente Pigato è solitamente un vino elettrico, acido, ficcante, assolutamente “d’altura”, le cui uve provengono, oltre che dalle argille bianche dei calanchi, da giaciture caratterizzate da una maggiore presenza di scheletro e argilla rossa, Arcana Bianco, fino a pochi anni fa uvaggio di vermentino e pigato poi, a partire dall’annata 2010, pigato in purezza, proviene esclusivamente dalle Terre Bianche e intende esplorare le enormi potenzialità del vitigno traguardandolo nell’ottica della longevità, dove la lunga permanenza sui lieviti apporta complessità e lo speciale terroir componenti sapido/minerali. E così, nell’attesa della prossima uscita, dopo l’immenso 2010 (affacciatosi sui mercati a 3 anni dalla vendemmia!) ci possiamo consolare con un Pigato 2013 incisivo, sapido e fresco, per il quale è lecito intuire un buon sviluppo con la maturazione in bottiglia.

BIANCHI MARIA DONATA (Via Merea, località Valcrosa – Diano Arentino – IM)

A colpire, nei vini di Emanuele Trevia e Donatella Bianchi, è la silhouette aggraziata e sfumatissima, ciò che li rende assai riconoscibili nel panorama dei bianchi ponentini. Un disegno stilistico sobrio e rigoroso questo qua, senza concessioni e senza fronzoli, che propizia vini “di sfumatura” i quali, sfiorando a volte la timidezza, richiedono sempre un ascolto attento. Tecnica enologica sicura e utilizzo di lieviti “neutri” ne trasmettono con nitore le mezze tinte e i chiaroscuro, rendendoli seducenti, apparentemente delicati, tutto men che appariscenti. Da circa trent’anni, ma ancor di più nelle ultime stagioni, restituiscono con fierezza le vibrazioni eleganti del territorio da cui provengono, con epicentro nei comuni di Diano Arentino e Diano Castello.

LI’ NEL MEZZO

BIO VIO (Via Crociata – Bastia d’Albenga – SV)

Quando sosteniamo che in fondo i vini somigliano a chi li fa, si sostiene un po’ di verità. I vini di Giobatta Vio, detto Aimone, sono schietti, “fibrosi”, veraci e generosi. Proprio come lui. Nelle annate migliori sono percorsi da una salvifica corrente sapida, che ne alimenta i contrasti e ne favorisce gli equilibri complessivi. Maturi e polposi, non disdegnano un ragionato affinamento in bottiglia per meglio dispiegarsi e dettagliarsi. L’area di provenienza delle uve, d’altronde, è di quelle buone: dalla piana d’Albenga risale il corso dell’Arroscia, disegnando il paesaggio viticolo d’eccellenza per la viticoltura ingauna. Nell’ambito di una proposta sempre personale e pure eclettica, figlia di una agricoltura biologica della prim’ora, si distingue il Pigato Ma René, dal profilo caldo, fruttato e muschiato.

MASSIMO ALESSANDRI ( Via Costa Parrocchia – Ranzo – IM)

Sei ettari di vigna in quel di Ranzo, nella suggestiva Costa de Vigne (colline argillo-calcaree terrazzate, con altimetrie variabili dai 280 ai 400 metri slm), e una mano sicura in fase di elaborazione partoriscono vini tecnicamente sorvegliati, a cui magari vorremmo vedere associate una spontaneità e una profondità maggiori. Doti queste che sembrano appannaggio e dell’autore e del terroir, dal momento in cui, con puntuale regolarità, il Pigato Vigne Veggie ce le ripropone a ogni pié sospinto. E’ infatti questo il vino più rappresentativo della casa: austero, cremoso, di stimolante intelaiatura minerale, “lento” e caratteriale, lascia lampeggiare una traiettoria espressiva entro cui confidiamo possa incanalarsi la produzione tutta. In commercio ora c’è l’annata 2012, ed è un bel vedere.

CASCINA FEIPU DEI MASSARETTI (Regione Massaretti – Albenga –SV)

Per chi, come me, ha mangiato “pane e Veronelli” per una vita, la cantina di Agostino (detto Pippo) e Bice Parodi, indimenticati pionieri del Pigato d’autore, conserva un posticino speciale dalle parti del cuore. E ancor di più oggi, a pochi giorni dalla morte di Pippo, uno dei grandi vecchi della viticoltura artigianale italiana, morto nel luglio scorso alla veneranda età di 93 anni. Il Pigato “dei Massaretti”, non ci sono santi, ha segnato le prime stagioni importanti per questo storico vino-vitigno ligure in tempi in cui parlare di qualità era argomento tabù, ed ha rappresentato finanche un archetipo. Quantomeno del Pigato di Albenga, in genere più cremoso, caldo, fruttato e generoso rispetto alle versioni tutte in finezza dell’imperiese. Sono vini ampi e accoglienti questi qua, più larghi che tesi, più sapidi che acidi, ma sono traduttori sinceri del loro territorio, dotati di quel caratteristico contrasto dolce/sapido che rimanda al sapore dell’uva e va ad alimentare una beva molto ligure e d’antan. Pigato d’Albenga e Pigato La Palmetta i due alfieri della casa, che a distanza di decenni l’estro di Mirco Mastroianni, nipote dei fondatori, plasma ancora con immutata cura nel pieno rispetto della tradizione.

FONTANACOTA (Via Provinciale, Fraz. Porti – Pornassio – IM)

Distinta in due tenute, situate rispettivamente in Val Prino e in Alta Valle Arroscia, la cantina di Marina Berta, nonostante i primi imbottigliamenti siano cosa assai recente ( 2001), si distingue per un catalogo interessante, ben registrato, di tecnica precisione, nel quale – oltre all’eroico Ormeasco di Pornassio, di cui Fontanacota propone intriganti quanto didattiche versioni – brillano gli imbottigliamenti “in bianco” di Vermentino e Pigato, le cui uve sono coltivate in Val Prino. Nella delicatezza delle trame, nella infiltrante venatura sapida e nel fraseggio sottile cogliamo oggi le doti migliori ai fini della distinzione, e i vini appaiono in crescita di focalizzazione.

BATTITORI LIBERI

LE ROCCHE DEL GATTO (Regione Ruato, Fraz. Salea – Albenga – SV)

Dialettico, originale, inquieto, da sempre schierato “in direzione ostinata e contraria”: non saprei come altro “sintetizzare” Fausto De Andreis, uno dei pochissimi battitori liberi fra i vignaioli liguri. Una forte personalità, una generosità fuori del comune (evidente quando ti racconta le sue “creature” e la sua filosofia) e un talento artigianale stanno alla base di vini “obliqui” ed espressivi, che fanno discutere e -talvolta – innamorare. Da tempi non sospetti sostenitore della longevità dell’amatissimo Pigato, Fausto ne plasma alcune versioni molto apprezzate nel circuito degli eno-appassionati più esigenti e smaliziati. Certamente l’uso dei lieviti indigeni, l’assenza di filtrazioni e la macerazione sulle bucce ne caratterizzano la fisionomia, che nelle edizioni più risolte mostra una fibra e un temperamento a tutta prova, in grado di rivelarsi appieno alla distanza. La sua crociata per un vino quale sincera espressione del territorio, per come lui lo intende e lo intendeva, è suggellata nella etichetta-simbolo: lo Spigau Crociata, un pigato già capace di prestazioni importanti. Sta infatti nel connubio di veracità e sottigliezza, schiettezza ed articolazione l’alchemica formula espressiva che permea i suoi vini e li rende stimolanti. Come se non bastasse, di recente il catalogo si è arricchito della selezione chiamata “vini liberi”, a puntualizzare ancor meglio la ribellione dalla schiavitù dei lieviti selezionati e dalle elaborazioni cantiniere super sorvegliate. Inutile dire che i suoi Pigato e i suoi Vermentino sono da ascolto attento, e vanno attesi sempre e comunque (o lasciandoli ossigenare ben bene dopo stappatura, o lasciandoli maturare in cantina per un po’). Come tutti i temperamenti ribelli però, questi vini artigianali a volte nascondono un commovente lato romantico. Altre volte ti fanno proprio incazzare. Ma che ci vuoi fare: sono i vini vivi, bellezza!

Per i curiosi: Un pigato, datemi un Pigato. Parte prima

FERNANDO PARDINI

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